Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19161 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/12/2023 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, il quale, dopo la discussione, ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/03/2023, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, decidendo sulla richiesta di riesame che era stata proposta da NOME COGNOME contro l’ordinanza del 13/02/2023 del G.i.p. dello stesso Tribunale, che aveva applicato al COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari: b) annullava tale ordinanza in relazione ai reati di cui ai capi 160) e 161) dell’imputazione provvisoria per carenza di gravi indizi di colpevolezza; b) confermava la stessa ordinanza in relazione ai reati di corruzione per l’esercizio della funzione (di pubblico ufficiale in servizio presso l’Ufficio della RAGIONE_SOCIALE civile di RAGIONE_SOCIALE) di cui ai capi 159) dell’imputazione
provvisoria (così riqualificato il fatto che era stato originariamente qualificato come corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio) e 162) dell’imputazione provvisoria (fatto che era già stato riqualificato dal G.i.p. ai sensi dell’art. 318 c pen.; c) confermava l’applicazione, in relazione a tali due reati, della misura degli arresti domiciliari.
Con la sentenza n. 47784 del 12/10/2023, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione, investita dal ricorso che era stato proposto nell’interesse del COGNOME contro tale ordinanza del 23/03/2023 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, riteneva l’inammissibilità dei motivi che erano stati avanzati in punto di gravità indiziari ma annullava l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari, rinviando, per un nuovo giudizio sul punto, al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Con ordinanza del 15/12/2023, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, decidendo in sede di rinvio dopo tale annullamento, in parziale accoglimento della richiesta di riesame che era stata proposta contro l’ordinanza del 13/02/2023 del G.i.p. del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, esclusa la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui alla lett. a) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen., e confermata la sussistenza dell’esigenza cautelare, di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen., del pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si stava procedendo, sostituiva la misura coercitiva degli arresti domiciliari con la misura interditti della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per 12 mesi, interdicendo, per tale tempo, il COGNOME, da tutte le attività inerenti a tale pubblico ufficio.
Avverso tale ordinanza del 15/12/2023 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., e con riferimento agli artt. 274, comma 1, lett. c), e 627, comma 3, dello stesso codice, che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE non si sarebbe uniformato ai principi che erano stati affermati nella sentenza di annullamento della Corte di cassazione in punto di configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati – in particolare, là dove la stess Corte aveva statuito la necessità che fossero indicati «elementi di fatto da cui trarre la probabilità della commissione di altri reati» – e, comunque, ai principi che governano tale materia.
Dopo avere stigmatizzato che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE abbia motivato anche in ordine all’esclusa esigenza cautelare dei pericolo di inquinamento probatorio, nonostante ciò non costituisse oggetto del giudizio di rinvio, il ricorrente lamenta che lo stesso Tribunale, nel valorizzare alcune condotte che, ancorché non dimostrative di detto pericolo di inquinamento probatorio, sarebbero state però significative sotto il profilo del pericolo di reiterazione dei reati – segnatament
«le misure di “autoprotezione”», «gli accorgimenti adottati dagli indagati» e «l’invito a stare attenti per l’eventuale presenza di telecamere» – non avrebbe spiegato come le caratteristiche di tali condotte avrebbero reso concreta e attuale l’esigenza specialpreventiva di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen. e sarebbe, perciò, venuto meno al compito di indicare gli specifici elementi sulla base dei quali soltanto è possibile fondare una prognosi di pericolo di ricaduta nel reato.
Ad avviso del ricorrente, tale evidenziata lacuna motivazionale non potrebbe essere adeguatamente colmata «con il ricorso a formule stereotipe» e anapodittiche, quali sarebbero quelle utilizzate dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE nel prosieguo della motivazione dell’ordinanza impugnata (a cavallo delle pagg. 5 e 6), le quali sarebbero sostanzialmente identiche a quelle che erano state utilizzate dallo stesso Tribunale nella precedente ordinanza annullata dalla Sesta sezione penale della Corte di cassazione.
Secondo il COGNOME, la mancata evidenziazione di elementi idonei a suffragare il pericolo di reiterazione dei reati sarebbe attestata anche dal richiamo, operato dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, al contenuto di conversazioni intercettate che non attenevano alla propria posizione, atteso che egli non partecipò a tali conversazioni e che, in esse, non si faceva alcun riferimento a sue condotte, con la conseguenza che l’ordinanza impugnata non spiegherebbe come tali conversazioni potessero concorrere a fare ritenere la sussistenza di un pericolo concreto e attuale che egli potesse reiterare i reati.
Il ricorrente deduce infine che l’affermazione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE secondo cui egli potrebbe «continua a sfruttare quel reticolo ancora attuale di conoscenze acquisite e di relazioni instaurate all’interno della RAGIONE_SOCIALE» costituirebbe una mera riproposizione, in una diversa forma linguistica, di quel «riferimento a ipotetici collaboratori diversi da quelli già indagati» che era stato censurato dalla Corte di cassazione con la propria sentenza di annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché è proposto per un motivo manifestamente infondato.
Con riguardo all’esigenza cautelare relativa al pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, si deve ribadire che l’ultim periodo della lettera c) del comma 1 dell’art. 274 cod. proc. pen., periodo aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. c), della legge 16 aprile 2015, n. 47, impedisce di desumere il suddetto pericolo di reiterazione dalla sola gravità del «titolo di reato», astrattamente considerato, ma non già dalla valutazione della gravità del fatto
nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di un’incapacità del soggetto di autolinnitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Rv. 271522-01, COGNOME; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, COGNOME, Rv. 267798-01; Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 265168-01).
Inoltre, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, che è condivisa dal Collegio, il requisito dell’attualità del pericolo d reiterazione del reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891-01; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 28276701; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991-01; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769-01; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 280566-01; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122-01).
3. Posti tali principi, si deve rilevare che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato alcuni concreti comportamenti e modalità realizzative delle condotte delittuose del COGNOME costituiti, in particolare: a) dalla cosiddette misure di “autoprotezione”, quali l’espediente di stampare il duplicato della carta di circolazione in ragione del suo smarrimento o deterioramento al fine di modificare i dati attestati dall’atto pubblico e la ricezione dei compensi illeciti all’interno di buste che, secondo un collaudato modus operandi, venivano inserite all’interno delle carpette contenenti la documentazione che le agenzie di pratiche automobilistiche depositavano presso gli uffici della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; b) dagli accorgimenti che venivano adottati dagli indagati, quale quello di non aprire mai le suddette buste contenenti il denaro indebitamente ricevuto nei pressi della propria postazione di lavoro, effettuando tale apertura in luoghi ritenuti più sicuri quali il bagno, il corridoio scale e l’archivio; c) l’invito a stare attenti per l’eventuale presenza di telecamere
Alla stregua di tale analisi della fattispecie concreta, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che i suddetti concreti comportamenti e modalità realizzative delle condotte delittuose, ancorché non rilevanti sotto il profilo del pericolo d
inquinamento probatorio, evidenziassero, unitamente al fatto costituito dall’emerso rapporto di complicità che era stato instaurato dal COGNOME sia con gli altri pubblici ufficiali della RAGIONE_SOCIALE sia con i titolari d agenzie di pratiche automobilistiche, da un lato, il carattere non occasionale né episodico dei fatti che costituivano oggetto del procedimento, dall’altro, con riguardo alla personalità del COGNOME, la sua particolare disinvoltura nell’aderire ad accordi illeciti.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE traeva conferma di tale non occasionalità né episodicità dei fatti che costituivano oggetto del procedimento dalla circostanza che, dal contenuto di alcune intercettate conversazioni, era emerso come le condotte del tipo di quelle che erano state contestate al COGNOME rappresentassero una prassi illecita consolidata all’interno della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, realizzata attraverso un collaudato modus operandi, con particolare riferimento alle pratiche che erano gestite nella stanza 1 del primo piano di detta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella quale era stato trasferito anche il COGNOME.
Da ciò la conclusione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE della sussistenza del pericolo che il COGNOME, potendo continuare a sfruttare per fini illeciti la propria ancora attuale rete di conoscenze (con i titolari delle agenzie di pratiche automobilistiche) e di relazioni (all’interno della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) – del che aveva già dato prova, con la indicate connotazioni di non occasionalità né episodicità, di disinvoltura e di consolidato modus operandi avrebbe concretamente e attualmente potuto, se non sottoposto a misura cautelare (segnatamente, a quella della sospensione dall’esercizio del proprio pubblico ufficio presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) continuare a commettere delitti della stessa specie.
Tale motivazione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in quanto fonda il ritenuto pericolo concreto e attuale di reiterazione dei reati, in conformità con i principi che erano stati affermati nella sentenza di annullamento con rinvio della Sesta sezione penale della Corte di cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, sulle specifiche modalità realizzative della condotta del COGNOME e sulla sua personalità, quale emergeva dalle stesse modalità, e in quanto valuta queste ultime, sempre nella prospettiva del suddetto pericolo, in modo privo di illogicità, tanto meno manifeste, si sottrae, in questa sede di legittimità, alle censure sollevate dal ricorrente.
Quanto al riferimento, operato dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, al contenuto di conversazioni intercettate alle quali il COGNOME non aveva partecipato e che non facevano specifico riferimento a sue condotte, si deve osservare come lo stesso Tribunale di RAGIONE_SOCIALE abbia fondato la propria prognosi di possibile reiterazione dei reati sulle specifiche modalità realizzative delle condotte del COGNOME e sulla sua
personalità e abbia fatto riferimento al contenuto delle suddette conversazioni, in modo che si deve ritenere non illogico, solo al fine di trarne conferma di come la prassi illecita che era stata seguita dal COGNOME fosse consolidata all’interno dell’ufficio (anzi, della stanza) dove lo stesso COGNOME lavorava.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/03/2024.