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Pericolo di reiterazione: annullata misura cautelare

La Corte di Cassazione ha annullato una misura cautelare applicata a un imprenditore indagato per il crollo di un edificio in costruzione, che causò vittime. La Corte ha stabilito che il pericolo di reiterazione del reato non era più concreto e attuale, poiché la società dell’indagato era stata posta sotto amministrazione giudiziaria, privandolo di ogni potere gestionale. Anche il rischio di inquinamento probatorio è stato escluso, poiché i contatti con i dipendenti non erano volti a influenzare le indagini.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Reiterazione: La Cassazione Annulla Misura Cautelare Post-Spossessamento Gestorio

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha annullato una misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di un noto imprenditore, indagato a seguito del tragico crollo di un cantiere. La decisione si fonda su un’attenta analisi del pericolo di reiterazione, sottolineando come questo debba essere valutato in base alla situazione attuale e concreta dell’indagato, e non solo sulla base della sua personalità o delle condotte passate. Il provvedimento chiarisce l’impatto decisivo che lo spossessamento gestorio di un’azienda può avere sulla sussistenza delle esigenze cautelari.

I Fatti: Il Tragico Crollo e le Indagini

Il caso ha origine dal crollo di una parte di un edificio in costruzione a Firenze, destinato a ospitare la sede di una grande catena commerciale. L’evento ha provocato la morte di cinque operai e il ferimento di altri tre, generando un grave allarme sociale. Le indagini hanno coinvolto l’imprenditore, legale rappresentante della società subappaltatrice delle opere prefabbricate, e il progettista. Le accuse contestate sono crollo di costruzioni doloso, omicidio colposo plurimo aggravato e lesioni personali colpose pluriaggravate. Secondo l’accusa, il disastro sarebbe stato causato da un grave errore di progettazione, aggravato da una gestione aziendale improntata alla fretta e al risparmio, con l’impiego di personale non adeguatamente specializzato.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Ricorso in Cassazione

Sia il GIP che il Tribunale del Riesame avevano ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, applicando all’imprenditore la misura degli arresti domiciliari. La decisione si basava principalmente su due profili: il pericolo di inquinamento probatorio, per presunti tentativi di contatto con alcuni dipendenti, e soprattutto il pericolo di reiterazione. I giudici di merito sostenevano che l’imprenditore, nonostante la perdita formale delle cariche, avrebbe potuto continuare a operare attraverso altre società del suo gruppo o costituirne di nuove, replicando le medesime condotte illecite. La difesa ha impugnato l’ordinanza, sostenendo che la valutazione del rischio fosse astratta e non tenesse conto di un evento fondamentale: l’intervenuto sequestro della società e la nomina di un amministratore giudiziario, che aveva di fatto privato l’imprenditore di ogni potere gestionale (c.d. “spossessamento gestorio”).

L’impatto dello spossessamento gestorio sul pericolo di reiterazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondate le argomentazioni difensive. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del requisito di “concretezza e attualità” del pericolo di reiterazione, introdotto dalla legge n. 47 del 2015. Secondo la Suprema Corte, il giudizio prognostico sulla pericolosità dell’indagato non può basarsi su una valutazione meramente “retrospettiva” della sua personalità. Deve, invece, essere ancorato alla condizione specifica in cui egli si trova al momento della decisione.
Nel caso di specie, la diversa gestione dell’impresa, affidata a un amministratore giudiziario che aveva nominato nuovi tecnici e implementato nuovi sistemi di controllo, rappresentava un fattore di “obiettiva neutralizzazione del rischio”. Le ipotesi formulate dal Tribunale, secondo cui l’imprenditore avrebbe potuto “superare” tale variazione gestoria o avviare nuove attività, sono state giudicate “meramente congetturali” e, quindi, inidonee a giustificare una misura restrittiva della libertà personale.

L’Insussistenza del Pericolo di Inquinamento Probatorio

La Corte ha smontato anche il secondo pilastro dell’ordinanza impugnata, ovvero il pericolo di inquinamento delle prove. I tentativi dell’imprenditore di ottenere informazioni da due dipendenti sono stati ritenuti non pertinenti all’esigenza cautelare. Tale esigenza, infatti, riguarda esclusivamente i fatti per cui si procede (il crollo e i reati connessi). Le indagini su tali fatti si basavano su accertamenti tecnici accurati, e la prova dichiarativa dei dipendenti non avrebbe potuto influire su di essi. Le preoccupazioni dell’imprenditore erano legate alla gestione aziendale post-sequestro e non a un tentativo di alterare le prove del procedimento penale.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che la valutazione del pericolo di reiterazione deve fondarsi su un’analisi rigorosa della situazione attuale. Le condotte illecite contestate all’imprenditore erano tutte antecedenti allo spossessamento gestorio. Di conseguenza, il vero tema da affrontare era la possibilità materiale di riproduzione di tali condotte in contesti aziendali o professionali diversi da quello originario. La Corte ha concluso che il Tribunale non ha fornito elementi concreti per supportare tale rischio, limitandosi a congetture. Affermare che un pericolo è “concreto ed attuale” significa trarre dalla storia del soggetto indicatori idonei a sostenere una ragionevole probabilità di commissione di nuovi reati, tenendo però conto della sua situazione concreta al momento della decisione. La perdita del controllo aziendale è un fatto che interrompe la continuità e rende il pericolo non più attuale.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per l’applicazione delle misure cautelari in ambito di reati d’impresa. Lo “spossessamento gestorio”, attuato tramite sequestro e nomina di un amministratore giudiziario, è un elemento decisivo che può neutralizzare il pericolo di reiterazione, rendendo illegittima l’applicazione di una misura cautelare basata su tale presupposto. La valutazione del giudice non può essere astratta o basata sulla sola personalità dell’indagato, ma deve sempre essere parametrata alla sua effettiva e attuale capacità di commettere nuovi reati. Con questa decisione, la Corte annulla senza rinvio l’ordinanza e dispone l’immediata cessazione della misura cautelare.

Perché è stata annullata la misura cautelare nonostante la gravità dei fatti?
La misura è stata annullata perché la Corte di Cassazione ha ritenuto insussistenti i requisiti di concretezza e attualità delle esigenze cautelari. In particolare, il pericolo di reiterazione del reato era venuto meno a seguito del sequestro dell’azienda e della nomina di un amministratore giudiziario, che ha privato l’indagato di ogni potere gestionale e della possibilità materiale di commettere reati analoghi.

In che modo la nomina di un amministratore giudiziario influisce sul pericolo di reiterazione?
La nomina di un amministratore giudiziario determina uno “spossessamento gestorio”, ovvero l’imprenditore perde il controllo effettivo della società. Secondo la Corte, questo cambiamento radicale nell’assetto aziendale costituisce un “fattore di obiettiva neutralizzazione del rischio”, poiché impedisce all’indagato di proseguire l’attività con le stesse modalità illecite del passato. Di conseguenza, il pericolo non può più essere considerato “attuale”.

I tentativi dell’imprenditore di contattare i dipendenti sono stati considerati un pericolo di inquinamento probatorio?
No. La Corte ha stabilito che il pericolo di inquinamento probatorio deve riguardare specificamente le prove del reato per cui si procede. Nel caso in esame, i contatti erano finalizzati a ottenere informazioni sull’andamento dell’azienda dopo il sequestro e non a influenzare le testimonianze sul crollo, la cui prova era basata principalmente su accertamenti tecnici e non sulle dichiarazioni dei dipendenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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