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Pericolo di recidivanza: la Cassazione annulla misura

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio un’ordinanza che confermava la misura cautelare degli arresti domiciliari per un’ipotesi di usura risalente al 2010. La Corte ha stabilito che, per giustificare il pericolo di recidivanza, non è sufficiente un generico riferimento a una pendenza giudiziaria più recente, ma occorrono elementi concreti e attuali che dimostrino l’effettivo rischio di reiterazione del reato, elementi che nel caso di specie mancavano.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidivanza: la Cassazione annulla misura cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21953 del 2024, ha fornito un’importante precisazione sui presupposti per l’applicazione delle misure cautelari, in particolare sul concetto di pericolo di recidivanza. La Corte ha stabilito che la semplice esistenza di una pendenza giudiziaria non è sufficiente a dimostrare un rischio concreto e attuale di reiterazione del reato, annullando così un’ordinanza che manteneva un indagato agli arresti domiciliari per un’ipotesi di usura risalente a molti anni prima.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale è particolarmente complessa, caratterizzata da un lungo iter giudiziario. Un individuo era sottoposto a misura cautelare per un presunto delitto di usura commesso nel 2010. Nel corso degli anni, il provvedimento era stato oggetto di ben tre annullamenti con rinvio da parte della Corte di Cassazione.

Nonostante le precedenti decisioni della Suprema Corte, che avevano già evidenziato delle lacune motivazionali, il Tribunale di merito aveva nuovamente confermato la misura cautelare. A sostegno della sua decisione, il Tribunale aveva valorizzato un unico elemento di novità: una pendenza giudiziaria a carico dell’indagato per un fatto estorsivo che sarebbe stato commesso nel 2019. Tuttavia, questo elemento era stato introdotto nel giudizio in modo generico, basandosi sulla mera iscrizione in un certificato, senza un’analisi approfondita dei fatti e del materiale probatorio sottostante.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’indagato, annullando l’ordinanza impugnata senza rinvio e disponendo l’immediata liberazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa. Questa decisione, definitiva, pone fine alla misura cautelare. La Corte ha ritenuto che, alla luce dei plurimi annullamenti precedenti, non sussistessero elementi idonei a dimostrare l’attualità e la concretezza del pericolo di commissione di nuovi reati.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei requisiti richiesti per limitare la libertà personale di un individuo in fase di indagine. La Corte ha censurato la motivazione del provvedimento impugnato, giudicandola apparente e assertiva.

Insufficienza della Mera Pendenza Giudiziaria per il pericolo di recidivanza

Il punto centrale della motivazione riguarda la valutazione del pericolo di recidivanza. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una semplice pendenza giudiziaria, menzionata in un certificato, non può di per sé costituire una prova sufficiente del rischio di reiterazione del reato. Il giudice deve andare oltre il dato formale e analizzare in modo puntuale i fatti, il contesto in cui sarebbero maturati e gli elementi, anche solo indiziari, che li supportano. Nel caso di specie, questa analisi era completamente mancata, trasformando la valutazione in una mera congettura.

La Mancanza di Attualità e Concretezza

Un altro aspetto cruciale è il requisito dell’attualità del pericolo. Per un reato risalente al 2010, il Tribunale avrebbe dovuto individuare elementi recenti e sintomatici capaci di dimostrare che la potenzialità criminale dell’indagato fosse ancora presente e concreta. Il riferimento a un fatto del 2019, oltre a essere generico, è stato ritenuto dalla Corte non sufficientemente recente per giustificare il mantenimento di una misura cautelare a distanza di così tanto tempo dai fatti originari. La continuità del “periculum libertatis” deve essere apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti o della presenza di elementi indicativi recenti, che qui erano assenti.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza le garanzie individuali nel procedimento penale, sottolineando che la compressione della libertà personale attraverso le misure cautelari deve essere ancorata a una motivazione solida, specifica e non apparente. Il principio affermato è chiaro: il pericolo di recidivanza non può essere presunto sulla base di dati generici come una pendenza giudiziaria, ma deve emergere da un’attenta valutazione di elementi concreti, specifici e attuali. La decisione di annullare senza rinvio l’ordinanza testimonia la volontà della Suprema Corte di porre un freno a prassi che, basandosi su motivazioni deboli, possono protrarre ingiustificatamente lo stato di restrizione della libertà personale.

Una pendenza giudiziaria è sufficiente per giustificare una misura cautelare basata sul pericolo di recidivanza?
No. Secondo la Corte, il giudizio non può fondarsi sulla mera iscrizione di un procedimento in un certificato. È necessaria un’analisi concreta dei fatti, del contesto e degli elementi indiziari per dimostrare un reale pericolo, altrimenti la valutazione risulterebbe generica e congetturale.

Cosa si intende per ‘attualità e concretezza’ del pericolo di reiterazione del reato?
Significa che il rischio che l’indagato commetta nuovi reati deve essere attuale e basato su elementi recenti e specifici. Non può essere desunto da fatti troppo lontani nel tempo (nel caso di specie, il reato originario era del 2010) o da elementi generici, ma deve essere corroborato da dati sintomatici che ne dimostrino l’effettività al momento della decisione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione senza rinvio?
La Corte ha optato per l’annullamento senza rinvio perché, dopo i plurimi e precedenti annullamenti di altre ordinanze, ha ritenuto che mancassero del tutto gli elementi idonei a dimostrare l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione. Di conseguenza, non c’era più spazio per ulteriori valutazioni da parte di un altro giudice, imponendo la fine definitiva della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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