Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21953 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Tropea
avverso l’ordinanza in data 28/12/2023 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con o senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28/12/2013 il Tribunale di Catanzaro, in sede di rinvio dopo l’annullamento di precedente ordinanza, pronunciato con sentenza n. 49756 del 2023 dalla Corte di cassazione, ha confermato nei confronti di NOME COGNOME l’ordinanza applicativa di misura cautelare per il delitto di usura, misura che con precedente provvedimento era stata già sostituita con quella degli arresti domiciliari.
Ha proposto ricorso La NOME tramite il suo difensore.
Richiamate le precedenti fasi del procedimento cautelare, contrassegnato da tre annullamenti con rinvio disposti dalla Corte di cassazione, l’ultimo dei quali incentrato sui profili strettamente cautelari, deduce apparenza di motivazione.
Il Tribunale aveva disatteso le ragioni dell’annullamento disposto con la sentenza rescindente, in cui era stata segnalata la mancata valutazione del percorso legato all’esecuzione di pena irrogata in separato procedimento in assenza di condotte devianti successive.
Inoltre, era stato addotto a sostegno del pericolo di recidivanza anche il fatto estorsivo originariamente contestato al capo D), in ordine al quale lo stesso Tribunale con la prima ordinanza aveva escluso la gravità indiziaria.
Unico elemento di novità era rappresentato dal riferimento ad una pendenza giudiziaria, asseritamente maturata nei contesti della criminalità organizzata, che si colloca nel 2019 ed emerge dal certificato in atti.
Si tratta di affermazione legata al solo dato di una pendenza giudiziaria, senza analisi del contenuto del materiale probatorio che connota la vicenda, tale da dar luogo a valutazione congetturale, non essendosi inoltre chiarito, in ordine al certificato in atti, se detto elemento sia assolutamente sopravvenuto e quindi mai oggetto di precedente valutazione, in mancanza di una produzione tale da consentire il contraddittorio delle parti sul punto.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha inviato la requisitoria, concludendo per l’annullamento con o senza rinvio.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 2 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, in base alla proroga disposta dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 150 del 2022, come via via modificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il Tribunale era chiamato dall’ultima sentenza rescindente, incentrata sui profili cautelari, a rivalutare il tema dell’attualità e concretezza delle esigenz cautelari con riguardo ad un delitto di usura, risalente al 2010, dopo che era stata esclusa la gravità indiziarla in ordine ad un’ipotesi di estorsione, correlata alla vicenda, ed era stata altresì esclusa l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto sottoporre a verifica l’incidenza della sottoposizione ad esecuzione della pena per un pregresso reato e valutare la sussistenza di dati sintomatici idonei a corroborare il pericolo di recidivanza, tale da giustificare l’applicazione di una misura cautelare.
A ben guardare, il provvedimento impugnato, che ricalca in gran parte quello da ultimo annullato, non sfugge alle censure esposte nel motivo di ricorso.
La valorizzazione di condotte volte all’escussione del credito non considera che era stata esclusa la gravità indiziaria in ordine all’ipotesi di estorsione originariamente oggetto di incolpazione cautelare, e che la pregressa condanna per reato associativo si colloca in epoca anteriore al reato in esame.
D’altro canto, risultano assertive le valutazioni incentrate sulla condotta tenuta dal ricorrente nella fase in cui era sottoposto all’esecuzione della pena per precedente condanna, non essendo stata idoneamente definita la valenza sintomatica di tale condotta in rapporto al giudizio che il Tribunale era chiamato a formulare in funzione del pericolo di reati ulteriori e diversi.
In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto valutare non l’imminenza del pericolo, bensì «la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo d concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare» (Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; analogamente, Sez, 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991).
Senonché, a fronte dell’epoca risalente del delitto di usura in esame, l’unico elemento di novità individuato al fine di suffragare la negativa prognosi è costituito da una pendenza giudiziaria per fatto estorsivo in danno di imprenditore, risalente al 2019.
Risulta al riguardo pertinente la deduzione difensiva incentrata sulla genericità di tale elemento, in assenza di una puntuale descrizione del fatto, del contesto nel quale lo stesso sarebbe maturato e degli elementi pur solo indiziariamente idonei a comprovarlo.
E’ noto infatti che il giudizio riguardante la sussistenza di esigenze cautelari ben può fondarsi anche su dati sintomatici e su elementi desunti da altro procedimento, sia pur non definito con pronuncia irrevocabile, potendosi a tal fine valorizzare l’accertamento contenuto in informative di P.G. (sul punto Sez. 2, n, 47411 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282630) o quello contenuto in una separata ordinanza cautelare (Sez. 2, n. 7045 del 12/11/2013, dep. 2014, Notarangelo, Rv. 258786).
Ma ben diverso è il caso in cui, in assenza di qualsivoglia verifica, il giudizio si fondi sulla mera iscrizione in un certificato agli atti, come è avvenuto nel caso in esame, venendo in rilievo un dato di per sé inidoneo, in assenza di ulteriori elementi, a fornire indicazioni concrete di natura personologica e tali da suffragare il pericolo di recidiva, fermo restando che si tratta comunque di condotta riferibile al 2019 e dunque essa stessa non recente.
Sulla scorta di tale analisi deve prendersi atto dell’insussistenza, alla luce dei plurimi annullamenti delle precedenti ordinanze, di elementi idonei a dar conto dell’attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie, ciò che impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con conseguente liberazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone l’immediata remissione in libertà di NOME COGNOME, se non ristretto per altra causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al AVV_NOTAIO Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 08/05/2024