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Pericolo di recidiva: valutazione e misure cautelari

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31667/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’applicazione degli arresti domiciliari. Il caso riguarda un’associazione a delinquere finalizzata a creare crediti d’imposta fittizi. La Corte ha confermato la valutazione del Tribunale sul concreto e attuale pericolo di recidiva, sottolineando come la prosecuzione dell’attività illecita da parte dell’indagato, anche dopo l’avvio delle indagini e una perquisizione, sia un elemento decisivo per giustificare la misura cautelare.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidiva: la condotta post-reato giustifica la misura cautelare

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 31667/2025, offre un importante chiarimento sui criteri di valutazione del pericolo di recidiva ai fini dell’applicazione di una misura cautelare. La Corte ha stabilito che la condotta dell’indagato successiva ai fatti contestati, e in particolare la prosecuzione dell’attività illecita nonostante le indagini in corso, costituisce un indicatore fondamentale della sua pericolosità sociale e giustifica pienamente l’adozione di misure restrittive come gli arresti domiciliari.

I Fatti di Causa: una frode fiscale basata su blockchain

Il caso trae origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e riciclaggio. L’indagato, ritenuto promotore e organizzatore del sodalizio, aveva architettato un complesso schema fraudolento. Tramite società appositamente costituite, veniva simulato l’acquisto di software basati su tecnologia blockchain per beneficiare di crediti d’imposta destinati agli investimenti nel Sud Italia. In realtà, gli investimenti erano fittizi e i crediti d’imposta, inesistenti, venivano indebitamente utilizzati in compensazione da altre società, generando un ingente danno all’erario.
Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere, pur riconoscendo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Il GIP aveva escluso l’attualità del pericolo di recidiva a causa del tempo trascorso dai fatti. A seguito dell’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale ribaltava la decisione, applicando all’indagato la misura degli arresti domiciliari.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi del pericolo di recidiva

L’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. La presunta inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero, considerato una mera riproposizione della richiesta iniziale.
2. La violazione di legge nella valutazione del pericolo di recidiva, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato elementi a suo favore, come la cessazione della normativa fiscale agevolativa e la sua condizione di incensurato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni del Tribunale del tutto logiche e giuridicamente corrette. I giudici di legittimità hanno evidenziato che, per valutare il pericolo di recidiva, non è sufficiente guardare al passato, ma è necessario compiere un giudizio prognostico basato su elementi concreti che rivelino la personalità dell’indagato e le sue condizioni di vita.
Nel caso specifico, diversi fattori deponevano per un’elevata e attuale pericolosità sociale:
* Il ruolo apicale: L’indagato non era un semplice partecipe, ma il promotore e organizzatore della frode.
* La professionalità criminale: Le modalità sistematiche e frenetiche delle condotte, protrattesi per un lungo periodo (2022-2023), dimostravano una spiccata capacità a delinquere.
* La condotta successiva: L’elemento decisivo, evidenziato dalla Corte, è stato il comportamento tenuto dall’indagato dopo la perquisizione e il sequestro del luglio 2023. Anziché interrompere l’attività, egli aveva creato un nuovo schema societario fittizio, intestandolo a un prestanome, per proseguire nella commissione dei reati. Questo dinamismo illecito, non frenato dall’intervento dell’autorità giudiziaria, è stato considerato un sintomo inequivocabile di un concreto pericolo di reiterazione.

Le Conclusioni della Corte

La Cassazione ha concluso che il Tribunale ha correttamente identificato un concreto pericolo di recidiva. La valutazione non si è basata su mere congetture, ma su fatti specifici e recenti, come la capacità dell’indagato di riorganizzarsi per continuare a delinquere. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la pericolosità di un soggetto non si esaurisce con la commissione di un reato, ma va misurata anche sulla sua reazione all’azione investigativa. La persistenza nel proposito criminale, anche di fronte al rischio concreto di essere scoperto, è la prova più evidente della necessità di una misura cautelare per interrompere l’attività illecita e proteggere la collettività.

Quali elementi concreti dimostrano il pericolo di recidiva secondo la Cassazione?
La Corte ha ritenuto decisivi il ruolo dominante dell’indagato nell’organizzazione, la sistematicità delle condotte illecite e, soprattutto, la sua reazione alle indagini. Il fatto di aver creato un nuovo schema societario fittizio dopo una perquisizione ha dimostrato una persistente e attuale volontà di delinquere.

Il tempo trascorso dai fatti è sufficiente a escludere il pericolo di recidiva?
No. In questo caso, nonostante i fatti principali risalissero agli anni 2022-2023, la prosecuzione dell’attività delittuosa anche nei mesi successivi e recenti ha reso il pericolo attuale e concreto, neutralizzando l’argomento basato sul mero decorso del tempo.

Perché il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava una reale violazione di legge o una manifesta illogicità nella motivazione del Tribunale, ma si limitava a proporre una diversa ricostruzione dei fatti e una diversa valutazione degli elementi, un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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