Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22453 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22453 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME COGNOME nato a CATANIA il 23/01/1981
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 febbraio 2025 il Tribunale del riesame di Catania ha rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. da COGNOME NOME, indagato per i reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in tal maniera confermando l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Catania dell’8 novembre 2024 con cui era stata rigettata la sua richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
1.1. Il Tribunale del riesame ha, in particolare, ritenuto l’infondatezza della proposta impugnazione, invero unicamente riguardante la sussistenza delle esigenze cautelari, assumendo l’impossibilità di accogliere l’invocata sostituzione della misura custodiale con quella degli arresti domiciliari sul presupposto che, stante la ricorrenza di un panorama indiziario particolarmente gravoso, l’applicazione di presidi cautelari meno invasivi non potrebbe scongiurare un pericolo di recidiva particolarmente pressante, trattandosi di soggetto gravato da numerosi precedenti penali per reati di particolare allarme sociale (rapina, evasione, reati in materia di armi e stupefacenti), indiziariamente autore delle condotte contestategli nel mentre si trovava sottoposto all’affidamento in prova al servizio sociale.
Il prevenuto, inoltre, è risultato essere inserito in un contesto di criminalit organizzata e armata di elevato allarme sociale, fortemente radicata nel territorio, che ha continuato a operare pur dopo l’intervenuto arresto di taluni suoi sodali, prontamente sostituiti da nuovi partecipi.
In conclusione, per i giudici del riesame, è del tutto inidonea a salvaguardare le esigenze cautelari l’applicazione della invocata misura degli arresti domiciliari, eventualmente anche con apposizione del braccialetto elettronico, trattandosi di indagato radicalmente inserito nel mondo dello spaccio e della criminalità organizzata, che ben potrebbe continuare a svolgere l’attività criminosa pur presso la sua abitazione.
Avverso l’indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del suo difensore, eccependo, con un unico motivo, violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla sussistenza dell’attualità concretezza del pericolo di recidiva.
A dire del ricorrente, infatti, non sarebbe stato rispettato il principio adeguatezza, per non avere motivato il Tribunale del riesame, in maniera adeguata, circa le ragioni di salvaguardia delle esigenze cautelari attuali per il
solo tramite della custodia cautelare in carcere. Il tempo decorso verificazione dei fatti contestatigli e il corretto comportamento processuale mantenuto giustificherebbero, infatti, l’applicazione di una misura caute maggiormente gradata rispetto a quella in atto.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiara inammissibile.
COGNOME le doglianze espresse dal COGNOME risultano palesemente reiterative di identiche censure sottoposte all’esame del Tribunale del riesa da questo rigettate con argomentazione congrua e giuridicamente corretta.
Il giudice del riesame, in particolare, ha logicamente esplicato com G.I.P., nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, abbia – diversamen quanto ritenuto dall’indagato – logicamente fondato la ricorrenza dell’attua concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, nonché necessità di salvaguardare le esigenze di cautela unicamente median l’applicazione della più grave misura custodiale, dalla negativa personalit COGNOME e dalla gravità dei fatti contestatigli.
L’indagato, infatti, è gravato da numerosi precedenti penali per reat particolare allarme sociale e ha indiziariamente integrato le cond contestategli nel periodo in cui era sottoposto all’affidamento in prova al se sociale.
Dalle fattispecie ascrittegli, inoltre, è stato evinto come il COGNOME inserito in un contesto di criminalità organizzata e armata di elevato all sociale, fortemente radicata nel territorio, che ha continuato a operare pur l’intervenuto arresto di taluni suoi partecipi, subito sostituiti da nuovi elem
A fronte della troncante decisività degli indicati aspetti, allora, ris consequenzialmente, recessivi i diversi elementi di valutazione elenc th·n v.A)tedall’indagato in seno al suo ricorso, in quanto insufficienti a ~il c e logico percorso motivazionale seguito dal Tribunale del riesame per conferma della imprescindibile necessità di applicazione della custodia cautel in carcere, unica misura adeguata alla tutela delle sussistenti esigen cautela.
3. Alla stregua delle superiori considerazioni, allora, deve affermarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a
questo Collegio, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono
all’apprezzamento dei requisiti previsti dalla legge per l’emissione ed il mantenimento dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter
attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.
Conclusivamente, pertanto, il giudice della impugnata ordinanza ha rappresentato la sua pronuncia con motivazione congrua, immune da vizi ed
assolutamente plausibile, logica e coerente, così da non poter essere censurata in questa sede di legittimità.
4. Il ricorso deve, conseguentemente, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di
euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
Viene disposta, altresì, la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore ente