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Pericolo di recidiva: motivazione annullata in Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di arresti domiciliari per usura ed estorsione, limitatamente alla motivazione sul pericolo di recidiva. Secondo la Corte, non è sufficiente desumere la pericolosità sociale di un indagato dalle condotte di un altro soggetto o da un singolo episodio, ma sono necessari elementi specifici e individualizzanti, che nel caso di specie mancavano. La misura cautelare resta tuttavia in vigore per il ritenuto pericolo di inquinamento probatorio.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Recidiva: Quando la Motivazione della Misura Cautelare è Insufficiente

L’applicazione di una misura cautelare, come gli arresti domiciliari, richiede una motivazione rigorosa da parte del giudice, soprattutto riguardo alle esigenze che la giustificano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza proprio per un vizio di motivazione sul pericolo di recidiva, stabilendo principi importanti sulla valutazione della pericolosità sociale dell’indagato.

I Fatti: Un Debito, un Orologio di Lusso e l’Accusa di Usura

La vicenda giudiziaria nasce da un presunto caso di usura ed estorsione. Un uomo, per aiutare un amico in difficoltà economiche, si era accollato un debito di 10.000 euro che quest’ultimo aveva con un terzo soggetto. Per estinguere tale debito, l’indagato aveva ceduto al creditore originario un orologio di lusso, il cui valore era stato concordato in 12.500 euro.

Successivamente, l’indagato avrebbe preteso dall’amico, ora suo debitore, la restituzione della somma di 12.500 euro, costringendolo a firmare diverse cambiali. Questa differenza di 2.500 euro tra il debito originario e la somma pretesa è stata qualificata dagli inquirenti come interesse usurario, portando all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di usura aggravata ed estorsione.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

La misura cautelare, inizialmente disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari, veniva confermata anche dal Tribunale del Riesame. L’indagato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente tre vizi:

1. L’inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa.
2. La mancanza di prove sufficienti (gravità indiziaria) per i reati contestati.
3. Un’errata motivazione sulle esigenze cautelari, in particolare sul pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio.

L’Analisi della Cassazione e il Vizio sul Pericolo di Recidiva

La Suprema Corte ha respinto i primi due motivi, ritenendo logica e ben argomentata la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Tuttavia, ha accolto parzialmente il terzo motivo, concentrandosi sulla valutazione delle esigenze cautelari.

Per quanto riguarda il pericolo di inquinamento probatorio, la Corte ha ritenuto la motivazione adeguata. Era infatti emerso che l’indagato aveva contattato la persona offesa per chiederle conto delle dichiarazioni rese alle autorità, un comportamento interpretato come una forma di pressione e un tentativo di influenzare le fonti di prova.

Il punto cruciale della decisione riguarda, invece, il pericolo di recidiva. Il Tribunale aveva basato la sua valutazione sulla presunta appartenenza dell’indagato a un più ampio “sistema” di prestiti usurari facente capo al creditore originario. La Cassazione ha censurato questo approccio, definendolo carente e non supportato da prove concrete.

Le Motivazioni della Decisione

Secondo la Corte, la pericolosità sociale di un individuo non può essere desunta in automatico dal suo rapporto con altri indagati o dalla personalità criminale di questi ultimi. Per giustificare il pericolo di recidiva, il giudice deve indicare elementi specifici e individualizzanti che dimostrino una concreta propensione dell’indagato a commettere altri reati.

Nel caso specifico, all’indagato era contestato un unico episodio, sorto nell’ambito di un preesistente rapporto economico e personale con la vittima. Il Tribunale non aveva evidenziato alcun elemento concreto da cui desumere una sua sistematica dedizione ad attività illecite o un suo stabile inserimento nel presunto “sistema” criminale del creditore originario. Richiamare genericamente le condotte di un altro soggetto, senza provare una collaborazione stabile o il coinvolgimento in altre attività illecite, non è sufficiente a motivare una misura che limita la libertà personale.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla motivazione sulla pericolosità sociale dell’indagato, rinviando gli atti al Tribunale di Catanzaro per una nuova valutazione sul punto. Questo non comporta l’immediata liberazione dell’indagato, poiché la misura cautelare rimane in vigore, giustificata dal solo pericolo di inquinamento probatorio. Il Tribunale dovrà ora rivalutare se il rischio di recidiva sussista concretamente e, in caso di esito negativo, dovrà fissare un termine di durata alla misura, non potendo questa essere mantenuta a tempo indeterminato solo per il pericolo di inquinamento probatorio.

È sufficiente basare il pericolo di recidiva sui comportamenti di un’altra persona coinvolta nel procedimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la pericolosità sociale deve essere valutata sulla base di elementi specifici e individuali relativi all’indagato. Non è possibile desumerla automaticamente dalle condotte, dalla personalità o dal presunto coinvolgimento di un altro soggetto in un sistema criminale, se non vengono provati elementi concreti che dimostrino la collaborazione o il coinvolgimento diretto dell’indagato in tali attività illecite.

L’aver commesso un singolo presunto reato dimostra automaticamente la pericolosità sociale di un indagato?
No. Secondo la sentenza, un singolo episodio criminoso, specialmente se sorto in un contesto di rapporti preesistenti, non è di per sé sufficiente a fondare un giudizio di pericolosità sociale. Il giudice deve individuare ulteriori elementi che indichino una propensione a commettere altri reati.

Cosa succede quando la Cassazione annulla un’ordinanza cautelare solo per un vizio di motivazione?
La Corte rinvia il caso al giudice che ha emesso il provvedimento (in questo caso, il Tribunale del Riesame), il quale dovrà riesaminare il punto specifico per cui la motivazione è stata ritenuta carente. Nel frattempo, se la misura cautelare è sorretta da altre esigenze (come il pericolo di inquinamento probatorio, ritenuto valido dalla Cassazione), essa rimane in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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