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Pericolo di recidiva: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la valutazione del pericolo di recidiva operata dal tribunale, basata su elementi concreti come l’organizzazione di canali di spaccio, non può essere contestata in sede di legittimità attraverso una mera rilettura degli elementi di fatto. L’appello è stato giudicato come un tentativo di rivalutare le prove, non consentito in Cassazione.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Recidiva: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 20846 del 2024, offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare quando si contesta la sussistenza del pericolo di recidiva alla base di una misura di custodia cautelare in carcere. Il caso in esame dimostra come un tentativo di rimettere in discussione la valutazione dei fatti, anziché denunciare un errore di diritto, conduca inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza del GIP del tribunale di Agrigento che, accogliendo parzialmente la richiesta del Pubblico Ministero, applicava a un soggetto indagato per reati legati allo spaccio di stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90) la misura dell’obbligo di dimora. Il Pubblico Ministero proponeva appello avverso tale decisione, chiedendo una misura più afflittiva.

Il tribunale di Palermo, in sede di riesame, accoglieva l’appello e sostituiva l’obbligo di dimora con la custodia cautelare in carcere, ritenendo sussistente un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.

Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni della Difesa

L’indagato, tramite i suoi difensori, proponeva ricorso per Cassazione, articolandolo su due motivi principali:

1. Errata applicazione della legge e vizio di motivazione: La difesa sosteneva un travisamento delle dichiarazioni di un altro soggetto coinvolto. A suo dire, i rapporti con ambienti dediti allo spaccio non erano continuativi ma occasionali, nati da un ritrovamento fortuito di sostanza stupefacente. L’indagato, secondo la tesi difensiva, non avrebbe avuto un ruolo di vertice né un controllo sugli sviluppi successivi, manifestando un disinteresse che escluderebbe un elevato pericolo di recidiva.
2. Violazione di legge sulla scelta della misura: Il secondo motivo criticava la scelta della custodia in carcere come unica misura adeguata. La difesa riteneva la motivazione del tribunale apparente e congetturale, soprattutto riguardo all’inidoneità degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, e in contrasto con le evidenze che non dimostravano un ruolo di comando dell’indagato.

L’Analisi della Corte e il concetto di pericolo di recidiva

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi della Corte si concentra sulla distinzione fondamentale tra il giudizio di fatto, riservato ai giudici di merito, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione.

La Rivalutazione dei Fatti non è Ammessa

Sul primo punto, la Corte ha etichettato il motivo come ‘meramente rivalutativo’. La difesa, infatti, non ha evidenziato un errore logico o una palese errata interpretazione di una prova dal significato univoco (il cosiddetto ‘travisamento del dato probatorio’). Piuttosto, ha proposto una rilettura alternativa degli elementi a disposizione (intercettazioni, tabulati, ricostruzioni), cercando di sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, del tribunale del riesame. I giudici di merito avevano infatti delineato un quadro chiaro in cui l’indagato aveva attivamente avviato contatti per creare ben due canali di spaccio, dimostrando un’intenzione di inserirsi stabilmente nel mondo del narcotraffico. Questa valutazione, essendo immune da vizi logici manifesti, non è sindacabile in sede di legittimità.

La Coerenza nella Valutazione del Pericolo di Recidiva

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha sottolineato la coerenza della motivazione del tribunale di Palermo. La scelta della custodia in carcere non era affatto immotivata, ma fondata su elementi concreti: l’iniziativa dell’indagato, la facilità nel trovare complici, e l’intento di inserirsi stabilmente nel narcotraffico. Questi fattori giustificavano pienamente la valutazione di un elevato pericolo di recidiva e, di conseguenza, l’inadeguatezza di misure meno restrittive come gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, per neutralizzare tale rischio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un principio cardine del sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Il ricorso che si limita a contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, proponendo una diversa lettura delle prove senza evidenziare un vizio logico-giuridico o un travisamento palese, è destinato all’inammissibilità. Nel caso specifico, il tribunale aveva adeguatamente motivato la sussistenza di un elevato pericolo di recidiva basandosi sulle iniziative concrete dell’indagato volte a commercializzare lo stupefacente, che rivelavano una chiara propensione a delinquere e un inserimento in contesti criminali. La scelta della misura più afflittiva è stata considerata una conseguenza logica e proporzionata a tale quadro.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che la valutazione delle esigenze cautelari, e in particolare del pericolo di recidiva, è un apprezzamento di fatto rimesso al prudente arbitrio del giudice di merito. Tale valutazione può essere censurata in Cassazione solo se la motivazione risulta manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un’erronea applicazione della legge, non quando l’appellante si limita a offrire una diversa interpretazione degli stessi elementi probatori. Per la difesa, è cruciale distinguere tra la critica alla logicità del percorso argomentativo del giudice e il semplice dissenso sulla conclusione raggiunta.

Quando è giustificata la custodia in carcere per pericolo di recidiva?
La custodia in carcere è giustificata quando il giudice di merito, sulla base di elementi concreti e specifici (come le modalità del fatto, la personalità dell’indagato e le sue iniziative), ritiene che esista un rischio attuale e concreto che la persona commetta altri gravi reati e che nessuna misura meno afflittiva sia idonea a neutralizzare tale rischio.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice del fatto. Il ricorso non può limitarsi a proporre una lettura delle prove diversa da quella del giudice di merito. È possibile contestare solo la violazione della legge o un vizio della motivazione, come la sua manifesta illogicità, contraddittorietà o il travisamento di una prova dal significato inequivocabile.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘meramente rivalutativo’?
Significa che il ricorrente non sta denunciando un errore di diritto o un vizio logico nel ragionamento del giudice, ma sta semplicemente chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e di giungere a una conclusione diversa. Questa attività è preclusa in sede di legittimità e porta all’inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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