Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32558 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32558 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Regalbuto il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania del 17/5/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 17.5.2025, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, ha provveduto su una richiesta di riesame dell’ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Catania in data 28.4.2025 di applicazione a NOME COGNOME della misura cautelare degli arresti domiciliari per il tentato omicidio di NOME COGNOME, aggravato dalla premeditazione, commesso il 25.10.2024.
L’ordinanza, dopo avere ricostruito, sulla base degli esiti investigativi, la dinamica dell’evento – ovvero il tamponamento volontario del motociclo condotto da NOME, da parte di NOME alla guida della sua autovettura, a causa del rifiuto del primo di fermarsi per chiarire alcuni screzi avuti sul lavoro – ed avere confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con l’esclusione della premeditazione, esamina il profilo delle esigenze cautelari, ritenendo che sussista il pericolo attuale e concreto di reiterazione del reato, desumibile dall’estrema gravità del fatto e delle modalità esecutive, che, caratterizzate dalla sproporzione tra movente e azione, sono sintomatiche dell’assenza di freni inibitori in capo all’indagato.
Di conseguenza, i giudici del riesame ribadiscono la sussistenza del rischio di gravità qualificata che COGNOME commetta gravi reati contro la persona, avendo dato dimostrazione di incapacità di controllare gli impulsi e di propensione alla violenza: sotto questo profilo, il collegio esclude che sia possibile applicare una misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, giacchØ il pericolo Ł di gravità tale da potere essere contenuto solo con una misura di tipo custodiale.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.
proc. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari.
La motivazione del Tribunale – sostiene il ricorrente – Ł carente nella valutazione della attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato, in quanto non basata su una analisi che tenesse conto, oltre che della modalità del fatto, anche della personalità dell’indagato (il quale Ł incensurato), delle sue condizioni di vita attuali (NOME dal gennaio 2025 ha cambiato luogo di lavoro) e del contesto ambientale. Inoltre, il Tribunale non ha considerato che due giorni dopo il fatto NOME si Ł presentato spontaneamente ai Carabinieri per consegnare la pistola regolarmente detenuta e per rendere dichiarazioni in parte confessorie.
Non Ł ipotizzabile, pertanto, una riproduzione della condotta: Ł mutato il contesto lavorativo e sono venute meno le occasioni di incontro e di divergenze professionali. Una volta esclusa la premeditazione e ammesso il delitto d’impeto, il collegio avrebbe dovuto coerentemente escludere il pericolo di reiterazione.
Con requisitoria scritta trasmessa il 30.6.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, in quanto il Tribunale ha correttamente valorizzato non solo la gravità in astratto del fatto, ma, soprattutto, l’atteggiamento psicologico tenuto dal ricorrente, il quale ha rivelato una evidente incapacità di controllare i propri impulsi e di commisurare la propria condotta al movente. Peraltro, NOME, nell’immediatezza dei fatti, ha fornito due successive versioni dell’evento, ma sempre attribuendo l’accaduto a cause accidentali, sicchØ il suo atteggiamento non denota resipiscenza.
In data 5.7.2025, il difensore di NOME COGNOME ha fatto pervenire una memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Va premesso che, in tema di esigenze cautelari, opera il principio secondo cui, in sede di giudizio di legittimità, sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 1, n. 6972 del 7/12/1999, dep. 2000, Alberti, Rv. 215331 01). Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non Ł possibile procedere a una nuova o diversa valutazione dello spessore delle esigenze cautelari (Sez. 1, n. 1083 del 20/2/1998, Martorana, Rv. 210019 – 01).
Il ricorso per cassazione che deduca assenza delle esigenze cautelari Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01).
Ciò premesso, nel caso di specie le doglianze articolate nel ricorso non integrano vizi idonei a incidere sui requisiti di logicità dell’ordinanza impugnata, che invece Ł congruamente motivata.
2.1 Quanto all’incensuratezza dell’indagato, si tratta di un dato che, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, ha valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata valorizzando l’intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della
condotta in concreto tenuta (Sez. 5, n. 42784 del 23/5/2016, COGNOME, Rv. 267956 – 01; Sez. 2, n. 4820 del 23/10/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255679 – 01).
Da questo punto di vista, il Tribunale ha appropriatamente richiamato sia l’estrema gravità del fatto per cui si procede, sotto il profilo delle allarmanti modalità esecutive del reato, sia la personalità dell’indagato, concretamente connotatasi in occasione dell’accaduto come compromessa da una incapacità di autocontrollo e da una spiccata propensione alla violenza.
Il ricorso, invece, contrasta solo genericamente la valutazione del Tribunale su questo aspetto e si limita a menzionare il mero dato oggettivo dell’assenza di precedenti penali, senza tuttavia confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato e spiegare perchØ quel dato sia sufficiente a porre l’indagato al di fuori da una diagnosi di pericolosità.
2.2 Quanto alla circostanza che NOME abbia cambiato attività lavorativa, il ricorso non tiene conto che il volontario investimento non si Ł fisicamente verificato presso il luogo di lavoro del ricorrente e della vittima, ma soprattutto non si misura con il fatto che i giudici del riesame hanno collegato in misura considerevole la prognosi di pericolosità alla constatazione della generale incapacità di NOME di dominarsi e di trattenersi dall’uso della violenza.
Si tratta di una valutazione che il Tribunale non riferisce specificamente alla vittima del reato in questione, sicchØ del tutto legittimamente ne fa discendere la sussistenza di un pericolo concreto e attuale di reiterazione di gravi reati contro la persona.
Di conseguenza, Ł stata fatta corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di giudizio di pericolosità ai fini dell’applicazione di misure cautelari personali, una volta accertata, sulla base di fatti specifici e dotati di adeguata significanza, la propensione di un determinato soggetto alla violenza contro la persona, l’occasionalità della pulsione alla commissione del fatto specifico per cui si procede a carico di quel soggetto non solo non esclude, ma, anzi, conferma l’esistenza del concreto pericolo di commissione di fatti analoghi, posto che il violento, in quanto tale, trova, per ciò stesso, con estrema facilità e frequenza, nel quotidiano svolgersi della vita di relazione, infinite occasioni per dare sfogo ulteriormente ai propri istinti in danno di altri. (Sez. 5, n. 18398 del 25/2/2022, COGNOME, Rv. 282995 – 01; Sez. 1, n. 32995 del 22/3/2013, Prostamo, Rv. 256997 – 01).
2.3 Quanto, poi, al fatto che NOME avrebbe spontaneamente consegnato ai Carabinieri una pistola da lui detenuta pochi giorni dopo l’accaduto, si tratta di una circostanza comunque insufficiente ad escludere il pericolo di reiterazione del reato.
Il tentato omicidio allo stato contestato al ricorrente non Ł stato commesso con l’uso di armi, sicchØ la circostanza che egli non ne disponga attualmente non Ł suscettibile di superare la prognosi sfavorevole circa la pericolosità di NOME, che il Tribunale ha collegato piuttosto – si ripete – alla sua accertata incapacità di autocontrollo: se si ritiene che il soggetto manchi dei freni inibitori degli impulsi aggressivi, la consegna della pistola Ł nient’affatto risolutiva (o anche solo limitativa) del rischio derivante da questa condizione di discontrollo, a maggior ragione perchØ egli ha già dato concretamente mostra di dare pesantemente sfogo ai suo impulsi violenti con mezzi diversi dalle armi.
2.4 Quanto, infine, alle dichiarazioni rese da NOME, la prospettazione del ricorso, secondo cui le stesse integrerebbero una confessione resipiscente, Ł stata già adeguatamente contraddetta dal Tribunale del riesame.
L’ordinanza impugnata ha motivatamente evidenziato, nella parte dedicata alla ricostruzione del fatto, che la versione dell’indagato, tesa sostanzialmente ad accreditare la natura accidentale e involontaria del tamponamento, Ł inaffidabile in quanto
significativamente smentita dalle risultanze della consulenza tecnica svolta in ordine alla dinamica dell’accaduto.
Dunque, le dichiarazioni di NOME sono negatorie sul punto piø rilevante del fatto: se non si può esigere la confessione quale elemento idoneo a neutralizzare o ad attenuare il pericolo di recidiva, nemmeno però si può invocare, sotto questo stesso profilo, la valutazione favorevole di dichiarazioni che, allo stato, si devono ritenere parzialmente reticenti.
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso Ł da considerarsi infondato e deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616, comma 3, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 17/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME