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Pericolo di recidiva: la Cassazione sulla misura cautelare

Una funzionaria pubblica, indagata per reati contro la Pubblica Amministrazione, ricorreva contro la misura interdittiva della sospensione dall’ufficio. La difesa sosteneva la mancanza di un attuale pericolo di recidiva, dato il tempo trascorso dai fatti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che la valutazione del rischio è prognostica e non si annulla solo con il passare del tempo. La sistematicità dei reati e la persistenza in un ruolo che gestisce fondi pubblici sono stati ritenuti elementi sufficienti a confermare la concretezza e l’attualità del pericolo, giustificando la misura cautelare.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidiva: quando una misura cautelare è giustificata anche dopo anni?

La valutazione del pericolo di recidiva rappresenta uno dei pilastri del sistema delle misure cautelari nel nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su come questo rischio debba essere considerato ‘attuale’, anche quando è trascorso un significativo lasso di tempo dai fatti contestati. Il caso riguarda una funzionaria pubblica sospesa dal servizio per reati contro la Pubblica Amministrazione, la quale sosteneva che il tempo e il cambio di mansioni avessero eliminato ogni pericolo. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato la questione.

I Fatti del Caso

Una funzionaria in servizio presso l’ufficio tecnico di un comune veniva indagata per una serie di reati gravi, tra cui corruzione e falso, commessi tra il 2019 e il 2020. A seguito dell’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale di Catania applicava nei suoi confronti la misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici per la durata di dieci mesi.

La difesa della funzionaria proponeva ricorso in Cassazione, basando la propria argomentazione su due punti principali:
1. Il notevole tempo trascorso dai fatti contestati.
2. Il mutamento delle mansioni svolte dalla funzionaria, che a suo dire avrebbe eliso il rischio di reiterazione dei reati.

L’obiettivo era dimostrare l’insussistenza di un pericolo ‘concreto e attuale’ di recidiva, requisito fondamentale previsto dall’articolo 274 del codice di procedura penale per l’applicazione di una misura cautelare.

La Valutazione del pericolo di recidiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità della misura interdittiva. I giudici hanno ribadito i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di esigenze cautelari. La decisione del Tribunale di Catania è stata ritenuta corretta, logica e adeguatamente motivata.

La Corte ha chiarito che la valutazione del pericolo di recidiva non può basarsi su elementi ipotetici, ma deve fondarsi su dati reali e concreti. Tuttavia, il requisito dell’ ‘attualità’ del pericolo non va inteso come la previsione di una ‘specifica occasione’ per delinquere. Si tratta, invece, di un giudizio prognostico sulla probabilità che l’indagato possa commettere nuovamente reati della stessa indole.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, per formulare questo giudizio, il giudice deve condurre un’analisi approfondita che tenga conto di molteplici fattori:

* Modalità della condotta: La sistematicità e la pervicacia dimostrate nella commissione degli illeciti sono indici importanti della pericolosità sociale del soggetto.
* Personalità dell’indagato: Il modo in cui l’indagato ha sfruttato la propria posizione pubblica per ottenere vantaggi personali rivela una spiccata tendenza a delinquere.
* Contesto socio-ambientale: Anche se le mansioni specifiche sono cambiate, la permanenza all’interno della stessa amministrazione pubblica, con accesso a fondi e procedure, costituisce un’occasione di reato.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente valorizzato la gravità dei delitti, la loro sistematicità nel biennio delle indagini e il fatto che la funzionaria, pur con nuove responsabilità (gestione della manutenzione stradale e illuminazione pubblica), continuasse ad avere la gestione diretta di finanziamenti pubblici. Secondo la Corte, questa circostanza, unita alla personalità emersa dalle indagini, rendeva il pericolo di reiterazione non solo concreto ma anche persistente e attuale, nonostante il tempo trascorso.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nei reati contro la Pubblica Amministrazione, il pericolo di recidiva non viene meno automaticamente né con il passare del tempo, né con un semplice cambio di incarico. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva e proiettata nel futuro, basata su elementi concreti che dimostrino una persistente inclinazione a delinquere, sfruttando il proprio ruolo pubblico. La motivazione del provvedimento cautelare che si fonda su un’analisi così approfondita della personalità dell’indagato e del suo contesto operativo è, pertanto, da considerarsi legittima e non censurabile in sede di legittimità.

Il tempo trascorso dai fatti esclude automaticamente il pericolo di recidiva?
No. Secondo la Corte, il decorso del tempo non esclude di per sé il pericolo di recidiva. La valutazione deve essere prognostica e basata su un’analisi accurata della fattispecie concreta, della personalità del soggetto e del contesto. Anzi, maggiore è la distanza temporale, più approfondita deve essere tale analisi.

Cambiare mansioni all’interno della Pubblica Amministrazione è sufficiente per evitare una misura interdittiva?
No. La Corte ha affermato che nemmeno la dismissione della carica o il cambio di mansioni impedisce l’applicazione di una misura cautelare, a condizione che il giudice fornisca una motivazione adeguata sul perché l’agente possa continuare a commettere reati della stessa categoria, anche da una diversa posizione soggettiva. Nel caso di specie, la gestione diretta di altri finanziamenti pubblici è stata ritenuta un fattore di rischio persistente.

Cosa valuta il giudice per determinare se il pericolo di reiterazione del reato è ‘attuale’?
Il giudice valuta una serie di elementi concreti e reali, non ipotetici. L’attualità del pericolo si desume da una prognosi sulla continuità del ‘periculum libertatis’, fondata sulla personalità dell’accusato (desumibile anche dalle modalità del fatto), sulle sue concrete condizioni di vita e sul contesto socio-ambientale. Non è necessaria la previsione di una specifica occasione per delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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