Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5143  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza n. 2491 del Tribunale di Napoli in data 12/09/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che si è riportato alla requisitoria già depositata e ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito, per l’indagato, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 2491 in data 12 settembre 2023, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato l’istanza di gravame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza in data 21 agosto 2023 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto previsto dall’art. 416, commi primo e terzo, cod. pen., per essersi associato ad altri soggetti al fine di commettere una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio e contro la pubblica fede (capo 1) e in relazione a sedici episodi di furto pluriaggravato e falso
(contestati ai capi 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 17, 19, 20, 22, 23 e 25). Secondo il Collegio partenopeo, il riesame, limitato al solo profilo cautelare, doveva essere respinto, essendo massime le esigenze cautelari in ragione sia delle capacità organizzative del gruppo (che si spostava sul territorio nazionale a bordo di furgoni per trasportare la merce rubata e aveva la disponibilità di depositi destinati per lo stoccaggio e di utenze intestate a stranieri), sia della commissione dei reati anche dopo i controlli di polizia giudiziaria e il sequestro di merce rubata in data 5 ottobre e 7 ottobre 2022. COGNOME, in particolare, aveva fatto dell’illecita attività la propri stabile fonte di sostentamento, continuando nelle attività illecite anche dopo che gli investigatori lo avevano individuato, sequestrando la merce e arrestando alcuni coindagati. Pertanto, il presidio carcerario è stato ritenuto l’unico idoneo a recidere i contatti con il contesto delinquenziale organizzato in cui egli era stabilmente inserito, posto che una misura meno afflittiva, come quella degli arresti domiciliari, non avrebbe garantito detta recisione in ragione dell’assenza di capacità di autocontrollo dell’indagato.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle esigenze cautelari previste dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 275, comma 3-bis e 272 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza del pericolo di recidiva e all’adeguatezza della misura per inoperatività della doppia presunzione.
Dopo avere premesso che la nuova formulazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. impone al giudice della cautela di motivare in maniera specifica in ordine alle ragioni per le quali risultino inadeguate le misure diverse dalla custodia in carcere, il ricorso lamenta che il Tribunale del riesame si sia limitato ad affermare, con motivazione apparente, il concreto e attuale pericolo di recidiva, per poi contraddirsi disponendo, dopo l’interrogatorio di garanzia, l’immediata scarcerazione del co-indagato NOME COGNOME, applicandogli la misura meno
afflittiva dell’obbligo di dimora nella Regione Campania, benché a carico di COGNOME risulterebbe un minor numero di contestazioni e un limitato arco temporale di consumazione delle condotte contestate.
Sotto altro profilo, non sarebbe stato accertato che vi sia un’alta probabilità che all’indagato si presenti l’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, dovendo il pericolo di recidiva fondarsi su elementi concreti e non congetturali, comunque riferibili alla posizione del singolo soggetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Va premesso che in tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lettj c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e postula, invece, la probabilità di condotte reiterative sulla base delle circostanze della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità della condotta, della personalità dell’agente e del contesto socio-ambientale; con un’analisi che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti (da ultimo Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01).
Inoltre, l’ultimo periodo della lett. c) dell’art. 274 cod proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 2015, se per un verso impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del titolo di reato, astrattamente considerato, per altro verso consente di valorizzare la gravità del fatto medesimo nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di una radicata incapacità del soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose.
Ebbene, il Tribunale del riesame, in maniera niente affatto illogica, ha desunto il concreto e attuale rischio di recidiva dalle capacità organizzative del gruppo, dalle modalità di realizzazione delle condotte poste in essere, dalla personalità dell’imputato e dal contesto in cui ha operéito, rimarcando la spregiudicatezza, l’assenza di resipiscenza e la totale assenza di autocontrollo del medesimo, asseverata dalla prosecuzione delle attività criminali anche dopo l’individuazione da parte degli investigatori.
3.1. Quanto alla asserita contraddizione in cui sarebbe incorso il Giudice di merito con riferimento alla scarcerazione dell co-indagato COGNOME, la valutazione
in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura va compiuta esclusivamente sulla posizione del singolo indagato, così come previsto dalla giurisprudenza in tema di determinazione della pena, sicché vanno ritenute manifestamente infondate le doglianze che fanno leva sull’ingiustizia di un trattamento cautelare non “parificato” a quello del coimputato o di altri imputati (Sez. 3, n. 35440 del 16/06/2023, COGNOME, non massimata).
3.2. In secondo luogo, quanto alla mancata applicazione di altra misura meno afflittiva, l’ordinanza impugnata ha richiamato la totale assenza di capacità di autocontrollo dell’indagato, il quale, nonostante fosse a conoscenza dell’avvenuta individuazione da parte degli investigatori, del sequestro e degli arresti di taluni coindagati, ha proseguito nelle condotte illecite. Del tutto coerentemente, dunque, il Tribunale del riesame ha ritenuto che l’applicazione di una misura meno afflittiva, quale quella degli arresti domiciliari, fosse inidonea, quand’ancine attuata mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, a interrompere i contatti illeciti impedito prosecuzione delle programmazioni delittuose. Un apprezzamento, quello compiuto in sede di merito, che è stato congruamente motivato e che, pertanto, si sottrae alle censure difensive, di tenore palesemente rivalutativo, come tali non consentite nel giudizio di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 20/12/2023
Il Consigliere estensore