Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6216 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6216 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ERICE i1,06/08/1985
avverso l’ordinanza del 09/09/2024 del TRIB. LIBERTA di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Palermo, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani, emessa il 12 agosto 2024, che aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere in relazione al reato di estorsione, per avere richiesto alla persona offesa la somma di 200 euro per la restituzione di un motociclo che le era stato rubato.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare inerente al pericolo di reiterazione di reati,
tenuto conto dei particolari rapporti esistenti tra il ricorrente e la vittima, che avevano indotto il primo ad agire per spirito di solidarietà umana, senza alcun compenso e non su iniziativa propria ma su espressa richiesta della persona offesa.
Inoltre, i precedenti penali dell’indagato non giustificherebbe il pericolo di recidiva, essendo datati nel tempo e non specifici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per un motivo non specifico.
Il ricorrente non si confronta minimamente con la motivazione offerta dal Tribunale a proposito della sussistenza indiziaria del reato di estorsione, laddove era stato escluso – sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, riscontrate da accertamenti di polizia giudiziaria ed altre dichiarazioni – che l’indagato avesse agito per spirito di solidarietà umana ed in forza di particolari rapporti che lo legavano alla vittima, al contrario manifestando il suo interesse all’ottenimento di una somma di danaro, sicché le circostanze indicate in ricorso non interferiscono sulle esigenze cautelari.
Del pari, il ricorso sorvola del tutto sulla parte della motivazione del provvedimento impugnato in cui il Tribunale ha messo a fuoco non solo la capacità a delinquere dell’indagato, avuto riguardo alle modalità del fatto ed alla presenza di precedenti penali, ma anche la circostanza, assai significativa, che egli, a dimostrazione della sua pervicacia, aveva commesso il fatto mentre si trovava in regime di arresti domiciliari, così dando dimostrazione che neanche la detenzione domestica aveva potuto arginare la commissione di un ulteriore e grave reato, a conferma della sussistenza del pericolo attuale e concreto di recidiva.
La motivazione è completa ed esente da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter
disp.att.cod.proc.pen.. Così deciso, il 29/01/2025.