LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pericolo di recidiva: la Cassazione e le misure

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per narcotraffico, confermando la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia. La decisione si fonda sulla persistenza di un attuale pericolo di recidiva, data la profonda integrazione del soggetto nel circuito criminale e il suo ruolo di riferimento. Secondo la Corte, il mero trascorrere del tempo e il rispetto delle prescrizioni non sono sufficienti a superare la presunzione di pericolosità sociale legata a reati di tale gravità, essendo necessarie prove concrete di una rottura con l’ambiente criminale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Recidiva e Narcotraffico: Quando il Tempo Non Basta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14442/2025, offre un’importante riflessione sul concetto di pericolo di recidiva nei procedimenti per reati associativi legati al narcotraffico. La Corte ha stabilito che, per ottenere la revoca di una misura cautelare, non è sufficiente il semplice trascorrere del tempo o il formale rispetto delle prescrizioni imposte. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo grado per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/90. Da quattro anni, l’imputato era sottoposto a misure cautelari, tra cui l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

La difesa aveva richiesto la revoca di tale misura, sostenendo che il lungo periodo trascorso dall’applicazione e la costante osservanza delle prescrizioni da parte del suo assistito dimostrassero il venir meno delle esigenze cautelari. Tuttavia, sia la Corte d’appello che, in seguito, il Tribunale del riesame avevano rigettato l’istanza, ritenendo ancora attuale il pericolo di reiterazione del reato. Contro quest’ultima decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.

La Valutazione sul Pericolo di Recidiva

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte. La difesa aveva lamentato una violazione di legge e una motivazione contraddittoria, argomentando che il decorso del tempo avrebbe dovuto portare a un riesame dei presupposti della misura.

La Cassazione ha respinto questa linea difensiva, definendo le censure aspecifiche. I giudici hanno sottolineato come il provvedimento impugnato fosse ben motivato, fondando la persistenza del pericolo di recidiva su un’analisi concreta e accurata della situazione. Non si trattava solo di una generica pericolosità legata al reato associativo, ma di elementi specifici che delineavano un profilo criminale di alto livello.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni punti chiave:

1. Profilo Criminale e Ruolo Specifico: La pericolosità dell’imputato non derivava solo dalla partecipazione a un’associazione criminale, ma dal suo “radicato inserimento” nel contesto del narcotraffico e, soprattutto, dal suo ruolo di “referente per lo spaccio nel proprio territorio”. Questo indicava una professionalità e un grado di inserimento nei circuiti criminali che andavano oltre la semplice appartenenza al gruppo.

2. Presunzione di Pericolosità: Per reati come quello contestato, l’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale prevede una presunzione relativa di pericolosità sociale. Per superare tale presunzione, non basta un comportamento passivo (come il rispetto delle misure), ma è necessario fornire elementi attivi e concreti. L’imputato avrebbe dovuto dimostrare “la rescissione dei collegamenti con il crimine organizzato e l’epifania di un percorso virtuoso finalizzato al reinserimento sociale”.

3. Genericità delle Censure: Il ricorso difensivo è stato considerato generico perché si limitava a reiterare le argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi specificamente con la motivazione del Tribunale. Quest’ultimo aveva evidenziato l'”allarmante personalità” dell’imputato e il suo ruolo centrale nel sodalizio, elementi che la difesa non ha concretamente contestato con fatti nuovi.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di misure cautelari per reati di criminalità organizzata. Il solo trascorrere del tempo non è un fattore che, di per sé, può annullare un giudizio di pericolosità sociale fondato su elementi concreti e specifici. La valutazione del pericolo di recidiva deve tener conto non solo della condotta successiva all’applicazione della misura, ma anche e soprattutto del ruolo, della professionalità e del livello di integrazione del soggetto nel tessuto criminale. Per ottenere una rivalutazione, è onere della difesa fornire prove tangibili di un reale e definitivo allontanamento dal contesto delinquenziale di provenienza.

Il semplice passare del tempo è sufficiente per ottenere la revoca di una misura cautelare?
No. Secondo la Corte, per reati gravi come l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, il mero decorso del tempo e la formale osservanza delle prescrizioni non sono sufficienti a dimostrare che il pericolo di recidiva sia venuto meno, se permangono elementi concreti sulla pericolosità del soggetto.

Cosa deve dimostrare l’imputato per superare la presunzione di pericolosità sociale?
L’imputato deve fornire elementi di prova nuovi e concreti che dimostrino una reale e definitiva rescissione dei collegamenti con l’ambiente criminale e l’avvio di un percorso di reinserimento sociale. Le affermazioni generiche non sono sufficienti.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure sollevate erano generiche, ripetitive di quelle già presentate in appello e non si confrontavano specificamente con le motivazioni del provvedimento impugnato, il quale aveva dettagliatamente argomentato sulla base del ruolo centrale e della ‘allarmante personalità’ dell’imputato nel contesto criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati