Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2648 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/05/2023 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letteAsentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza emessa in data 19/05/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con cui veniva applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al tentato omicidio di NOME COGNOME, commesso il 15 marzo 2023.
Avverso la suddetta ordinanza la COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione sul requisito dell’attualità del pericolo di recidiva ex art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
Lamenta la difesa che il Tribunale del riesame non valorizza la distanza temporale tra la commissione del reato e l’applicazione della misura cautelare, nonostante l’incensuratezza dell’indagata e l’ampia confessione resa nel corso dell’interrogatorio di garanzia, in cui la stessa ha spiegato di avere mentito alla P.g. solo per assecondare la persona offesa e seguire ciò che le è stato detto di fare dalla medesima, che poi l’avrebbe denunciata solo per gelosia.
Il difensore insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con ogni statuizione di legge.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. 28 ottobre 2020, n.137, l’AVV_NOTAIO generale presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondata è la prima censura con cui la difesa lamenta la mancata considerazione, ai fini dell’esclusione del pericolo attuale di recidiva, del lasso temporale tra la commissione del fatto e l’applicazione della misura cautelare, quantificabile, invero, in appena due mesi, periodo temporale assolutamente contenuto e correttamente ritenuto per nulla incidente sull’esigenza cautelare da salvaguardare.
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Manifestamente infondato e in fatto è, poi, il rilievo difensivo sulla mancata considerazione sia dell’incensuratezza dell’indagata sia della confessione della medesima ai fini della prognosi della recidiva.
Come evidenziato dall’AVV_NOTAIO generale nella sua analitica e attenta requisitoria, nel caso in esame non risulta omessa la considerazione del dato statico dell’assenza di precedenti penali, ma viene dato preminente rilievo alla manifestata e intensa pericolosità sociale emergente dalle gravi modalità della condotta.
Evidenzia, invero, il Tribunale del riesame che la COGNOME dopo un banale diverbio col compagno per motivi di gelosia lo ha accoltellato con un’arma che per sue condizioni e caratteristiche (lama di circa trenta centimetri) ben poteva avere conseguenze letali; e che tali modalità, proprio in quanto conseguenti ad un irrefrenabile impulso dell’indagata, si rivelano indubbiamente sintomatiche di un concreto e intenso pericolo di commissione da parte della medesima di altri gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, vista la dimostrata mancanza di dominio delle proprie pulsioni e la comprovata capacità di reazioni estremamente violente e sproporzionate rispetto a presunti torti subiti (avendo riferito la donna di essersi dovuta difendere da una brutale pregressa aggressione del compagno, peraltro, come evidenziato dall’ordinanza impugnata, in alcun modo riscontrata). Aggiunge detto Tribunale che non pare affievolire tale grave prognosi di recidiva l’apparente ammissione sostanziale dell’addebito, dal momento che la plateale azione lesiva era stata scoperta da vari testimoni, della cui consapevolezza la stessa COGNOME ha avuto immediata conoscenza. E al riguardo valorizza il comportamento surrettiziamente silente mantenuto dalla donna per lungo tempo (determinandosi, invero, a confessare di avere accoltellato il compagno all’addome solo quando lo stesso lo avrebbe riferito agli inquirenti su consiglio della madre), in ossequio a inaccettabili logiche omertose proprie della più incallita delinquenza. Da tali indici il suddetto Tribunale ha tratto, con inferenza assolutamente logica, il ritenuto pericolo attuale di recidiva, che aspecificamente la ricorrente rimette in discussione in questa sede. E ciò conformemente al consolidato orientamento di questa Corte – Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, COGNOME, COGNOME e altri, Rv. 271216; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, Rv. 268366; in ultimo, non massimata, Sez. 2, n. 9367 del 30 novembre 2018, dep. 2019, COGNOME – secondo cui il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta
nel delitto, che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate, con la conseguenza che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica, fondata su elementi concreti.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’imputato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co.1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2023.