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Pericolo di recidiva: la Cassazione e la custodia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari. Nonostante l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa e il tempo trascorso, la Corte ha ritenuto persistente e attuale il pericolo di recidiva, basandosi sulla sua elevata capacità criminale e sul suo ruolo in un’associazione dedita al narcotraffico. La decisione sottolinea che la valutazione prognostica deve essere concreta e basata sulla personalità del soggetto, non richiedendo la previsione di una specifica occasione di reato.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidiva: la Cassazione conferma la custodia in carcere

Con la sentenza n. 15087/2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale della procedura penale: la valutazione del pericolo di recidiva ai fini del mantenimento della custodia cautelare in carcere. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere come i giudici bilanciano le esigenze di sicurezza sociale con la libertà personale dell’imputato, anche a distanza di tempo dai fatti e in presenza di un’assoluzione parziale.

Il caso: la richiesta di sostituzione della misura cautelare

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato in secondo grado per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990) e altri reati connessi. L’imputato, detenuto da circa tre anni e mezzo, aveva chiesto di sostituire la detenzione in carcere con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

A sostegno della sua richiesta, la difesa evidenziava due elementi principali:
1. Il lungo tempo trascorso dalla commissione dei fatti (risalenti al 2021).
2. L’assoluzione, ottenuta in appello, dalla più grave accusa di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), che aveva comportato una significativa riduzione della pena.

Secondo il ricorrente, questi fattori avrebbero dovuto portare i giudici a riconsiderare l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari, in particolare il rischio di reiterazione dei reati.

La valutazione del pericolo di recidiva secondo i giudici

Il Tribunale di Reggio Calabria, prima, e la Corte di Cassazione, poi, hanno respinto la richiesta, ritenendo ancora sussistente un elevato pericolo di recidiva. La decisione si fonda su un’analisi approfondita della personalità dell’imputato e del contesto criminale in cui operava.

I giudici hanno sottolineato che, nonostante l’assoluzione dal reato di mafia, permanevano elementi indicativi di una spiccata pericolosità sociale. In particolare, è stata valorizzata la sua “cospicua professionalità nell’agire criminoso”, desunta dal ruolo attivo e strutturale all’interno di un potente sodalizio dedito al narcotraffico su larga scala. L’imputato aveva dimostrato capacità di gestire ingenti quantitativi di stupefacenti, superare difficoltà operative e reinvestire risorse per risolvere i problemi dell’organizzazione.

L’attualità e la concretezza del pericolo

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi che governano la valutazione del pericolo di recidiva, come delineati dall’art. 274, lett. c), c.p.p. Il pericolo non deve essere solo “concreto”, ma anche “attuale”. Tuttavia, l’attualità non va intesa come l’imminenza di una “specifica occasione” per delinquere, che sarebbe impossibile da prevedere per un giudice.

L’attualità si sostanzia, invece, in una prognosi sulla continuità del periculum libertatis nel tempo, basata su elementi concreti:
* Le modalità del fatto: la gravità e l’organizzazione dimostrate.
* La personalità dell’accusato: la sua propensione al crimine e la sua rete di contatti.
* Le sue concrete condizioni di vita: il contesto socio-ambientale di riferimento.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale, che aveva considerato inidonei gli arresti domiciliari anche perché l’imputato li avrebbe scontati nello stesso territorio di operatività del sodalizio, dove aveva radicato i suoi contatti criminali.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato il ricorso definendolo infondato. Ha spiegato che i giudici di merito hanno correttamente applicato il regime presuntivo previsto dall’art. 275, comma 3, c.p.p. per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Questa presunzione non è stata superata, poiché la valutazione complessiva ha confermato la pericolosità sociale dell’imputato.

Il Supremo Collegio ha precisato che la prognosi di pericolosità, in casi di reati associativi, non si lega solo all’operatività attuale del gruppo criminale, ma anche alla “professionalità” e al grado di inserimento dell’individuo nei circuiti criminali. La capacità dimostrata nel commettere reati gravi è un indice che proietta un rischio concreto anche per il futuro, giustificando il mantenimento della misura cautelare più afflittiva per arginare tale pericolo.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine in materia di misure cautelari: il passare del tempo o un’assoluzione parziale non sono sufficienti, di per sé, a far venir meno il pericolo di recidiva. È necessaria un’analisi caso per caso, approfondita e ancorata a elementi fattuali, che guardi alla personalità dell’imputato e al suo radicamento nel contesto criminale. La decisione sottolinea come la tutela della collettività dal rischio di reiterazione di reati gravi possa prevalere, se adeguatamente motivata, sulla richiesta di attenuazione della misura detentiva, confermando la custodia in carcere come unico strumento idoneo a fronteggiare una pericolosità sociale ritenuta ancora elevata e attuale.

Quando è giustificata la custodia in carcere per pericolo di recidiva?
La custodia in carcere è giustificata quando esiste un pericolo concreto e attuale che l’imputato possa commettere altri gravi delitti. Questa valutazione si basa su un’analisi approfondita delle modalità dei fatti, della personalità del soggetto, della sua professionalità criminale e del contesto socio-ambientale in cui è inserito.

L’assoluzione da un’accusa grave (come associazione mafiosa) e il tempo passato eliminano automaticamente il pericolo di recidiva?
No. Secondo la sentenza, né l’assoluzione da un’imputazione (anche grave) né il semplice decorso del tempo sono sufficienti a escludere il pericolo di recidiva. I giudici devono compiere una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi, inclusa la pericolosità sociale desumibile dai reati per cui è stata confermata la responsabilità.

Cosa significa che il pericolo di recidiva deve essere “attuale”?
“Attuale” non significa che debba essere prevedibile una specifica e imminente occasione di reato. Significa, invece, che la prognosi di pericolosità deve essere fondata su elementi concreti che dimostrino la persistenza del rischio al momento della decisione, analizzando la continuità della propensione a delinquere dell’individuo nel suo contesto di vita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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