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Pericolo di recidiva: la Cassazione e la custodia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di narcotraffico. La decisione si fonda sulla valutazione di un concreto e attuale pericolo di recidiva, desunto dal suo stabile inserimento in circuiti criminali, da precedenti condanne e dal recente rinvenimento di ingenti quantità di stupefacenti e denaro, rendendo inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidiva: perché la Cassazione ha confermato la custodia in carcere

La valutazione del pericolo di recidiva è un pilastro fondamentale nel diritto processuale penale per l’applicazione delle misure cautelari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di un’analisi concreta e attuale di tale rischio, confermando la custodia in carcere per un soggetto coinvolto in un vasto traffico di stupefacenti, nonostante la sua richiesta di misure meno restrittive. Analizziamo insieme i fatti e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato a sette anni di reclusione per reati legati al narcotraffico. Successivamente alla condanna, il GIP emetteva una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere basata su ulteriori elementi emersi dalle indagini. In particolare, durante una perquisizione presso l’abitazione dell’imputato, erano stati rinvenuti 55 kg di hashish, 29 kg di marijuana e oltre 73.000 euro in contanti. Questo ritrovamento avveniva mentre era già in corso un procedimento penale a suo carico presso un altro tribunale.

La difesa aveva impugnato l’ordinanza, sostenendo che la misura carceraria fosse illogica, essendo intervenuta dopo la sentenza di condanna e basandosi su fatti oggetto di un diverso procedimento. Inoltre, si evidenziava che per quel procedimento l’imputato aveva già ottenuto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari.

La Valutazione del Pericolo di Recidiva

Il Tribunale del Riesame, prima, e la Corte di Cassazione, poi, hanno respinto le argomentazioni della difesa, concentrandosi sulla concretezza e attualità del pericolo di recidiva. Secondo i giudici, l’imputato non era un semplice spacciatore, ma una figura centrale in una rete di narcotraffico internazionale, con un ruolo stabile e contatti diretti con fornitori spagnoli.

I seguenti elementi sono stati considerati decisivi:

* Continuità dell’attività illecita: L’imputato aveva continuato a operare nel traffico di droga nonostante un precedente arresto e un periodo di affidamento in prova.
* Gravità dei nuovi fatti: Il sequestro di un’ingente quantità di stupefacenti e denaro, avvenuto di recente, dimostrava non solo la sua piena operatività, ma anche la persistenza dei legami con il mondo criminale.
* Ruolo nell’organizzazione: Era emerso come un cliente di primaria importanza per il sodalizio, in grado di gestire collaboratori e una vasta rete di rivendita.

Questi fattori hanno portato i giudici a concludere che l’imputato fosse del tutto “impermeabile” alle precedenti vicende giudiziarie e che il tempo trascorso non avesse affievolito, ma anzi confermato, il suo stabile inserimento nel traffico illecito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale del Riesame logica, coerente e priva di vizi.

Le motivazioni

La Cassazione ha sottolineato come il Tribunale avesse correttamente valorizzato il recente rinvenimento di droga e denaro come prova inconfutabile di un pericolo di recidiva concreto e attuale. Questo nuovo e grave fatto delittuoso, commesso mentre era già sotto l’occhio della giustizia, dimostrava la persistenza dei suoi legami con il narcotraffico di alto livello. La Corte ha ritenuto irrilevante la concessione degli arresti domiciliari in un altro procedimento, poiché la valutazione delle esigenze cautelari deve essere autonoma e basata sul quadro indiziario complessivo del procedimento in esame. È stato inoltre confermato che, di fronte a un simile quadro, gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sarebbero stati una misura inadeguata a recidere i contatti con l’ambiente criminale e a prevenire la reiterazione dei reati.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale: la valutazione del pericolo di recidiva deve basarsi su elementi concreti che dimostrino la probabilità attuale di commissione di nuovi reati. La scoperta di un’attività criminale in corso, di particolare gravità, è un fattore preponderante che può giustificare l’applicazione della misura cautelare più severa, la custodia in carcere, anche se i fatti del procedimento principale sono meno recenti. La personalità dell’imputato e la sua incapacità di modificare la propria condotta, nonostante le precedenti opportunità, diventano elementi centrali per ritenere inadeguata qualsiasi misura alternativa alla detenzione.

Perché è stata applicata la custodia in carcere per fatti del 2021 solo nel 2025?
La misura cautelare è stata richiesta dal P.M. a seguito di nuovi e gravi elementi emersi durante le indagini, in particolare il rinvenimento nel giugno 2024 di un’ingente quantità di stupefacenti e denaro presso l’abitazione del ricorrente. Questo ha dimostrato un pericolo di recidiva attuale, giustificando la misura nonostante il tempo trascorso dai fatti originariamente contestati.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti inadeguati?
Gli arresti domiciliari sono stati considerati inadeguati a causa dell’elevato grado di recidiva dell’imputato, del suo ruolo centrale e stabile in una rete di narcotraffico, e della sua capacità di mantenere relazioni con importatori e collaboratori. La Corte ha ritenuto che solo la detenzione in carcere potesse effettivamente recidere i suoi legami con l’ambiente criminale e impedirgli di proseguire l’attività illecita.

Il fatto che il ricorrente avesse ottenuto gli arresti domiciliari in un altro procedimento non ha avuto peso?
No, la Corte ha specificato che la concessione degli arresti domiciliari da parte di un’altra Autorità Giudiziaria (quella di Bergamo) non era pertinente. La valutazione delle esigenze cautelari nel presente procedimento è autonoma e si basa sul quadro complessivo emerso, che delineava un profilo criminale di tale spessore da richiedere la misura più restrittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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