Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13129 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/02/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. 315/2025
NOME COGNOME
CC Ð 18/02/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
R.G.N. 39340/2024
NOME COGNOME
Alessandro COGNOME NOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Salerno il 27/12/1970 avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Salerno lÕ11/11/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso; letta la memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale con cui il ricorrente ha insistito nel mancato perfezionamento dellÕaccordo funzionale al compimento dellÕoperazione di esfiltrazione di sostanza stupefacente di cui al capo 4) dellÕimputazione provvisoria, in punto giudizio di gravitˆ indiziaria dei fatti di cui allÕimputazione, nonchŽ in ordine alla sussistenza dei requisiti di concretezza ed attualitˆ delle esigenze cautelari e al giudizio di adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere.
Con ordinanza emessa lÕ11/11/2024, il Tribunale della libertˆ di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Salerno applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai reati di cui agli artt. 74 d.P.R. 309/90, per la partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), nel ruolo di capo organizzatore, garantendo lÕapprovvigionamento di sostanza stupefacente cocaina anche attraverso lÕesfiltrazione della stessa dai containers nel porto di Salerno, i contatti con i stabili acquirenti dello stupefacente, gestendo i proventi dellÕattivitˆ illecita e coltivando sostanza stupefacente tipo marijuana, dallÕestate 2020 con condotta perdurante, nonchŽ degli episodi di cui allÕart.73 d.P.R. 309/90, di cui ai capi 2), 4), 5), in ordine ai quali confermata il quadro indiziario grave e le esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dellÕindagato deducendo i seguenti motivi di ricorso.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione alla ritenuta sussistenza dellÕassociazione finalizzata al narcotraffico, con contestazione con condotta Òtuttora perduranteÓ, in epoca successiva al novembre 2022, in assenza di elementi indiziari della permanenza atteso che il reato fine più recente risulta commesso lÕ11/12/2022.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione alla mancanza della motivazione in relazione alla gravitˆ indiziaria, con riferimento all’art. 74 d.P.R. 309/90, della coltivazione di marijuana quale condotta del reato associativo, tenuto conto che il ricorrente venne arrestato nellÕagosto 2020 per la coltivazione suddetta.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione alla ritenuta partecipazione al reato di cui al capo 2) non essendovi indizi circa la consapevolezza che il viaggio a Roma del figlio NOME fosse finalizzato allÕapprovvigionamento di cocaina.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione al ritenuto perfezionamento dellÕaccordo per lÕesfiltrazione della droga dal porto di Salerno tra Ferrara Carmine e il c.d. gruppo COGNOME e la gravitˆ indiziaria in relazione al capo 4).
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in relazione agli artt. 274, 275 cod.proc.pen. in relazione alla sussistenza del pericolo
attuale di recidiva, e allÕadeguatezza della misura cautelare e al giudizio di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari.
1. Il ricorso è infondato.
2. Va preliminarmente ricordato che costituisce principio consolidato e più volte affermato dalla Corte di cassazione, quello per cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicitˆ della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 dell’8/10/2008, COGNOME, Rv. 241997). Quando, poi, sia denunciato un vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimitˆ e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravitˆ del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza dell’argomento riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 Ð 01: Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, COGNOME, Rv. 255460).
Il primo motivo di ricorso risulta infondato.
Contesta il ricorrente la permanenza della contestazione mossa ex art. 74 d.P.R. 309/90 con argomenti per nulla condivisibili.
A parte la eventuale rilevanza sotto il profilo delle esigenze cautelari (vedi ), con riguardo al profilo della gravitˆ indiziaria, deve osservarsi che la fase cautelare è caratterizzata da una incolpazione provvisoria che si caratterizza per la sua fluiditˆ connessa proprio alla circostanza che le indagini proseguono fino alla conclusione delle stesse e la cristallizzazione dei capi di imputazione.
Se la sussistenza dei reati fini pu˜ essere assunta, come affermato dalla giurisprudenza di legittimitˆ, ad indizio della sussistenza dellÕassociazione dedita al narcotraffico, non di meno non vale il ragionamento a contrario. LÕassenza di dimostrazione del compimento di reati scopo non determina la cessazione del sodalizio anche se connotato da una organizzazione più snella rispetto ai caratteri
dellÕassociazione di cui allÕart. 416 cod.pen. (Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285414 Ð 01).
In ogni caso la censura risulta generica non essendo puntualmente contestata la ritenuta gravitˆ indiziaria della partecipazione del COGNOME e del suo ruolo di capo organizzatore, come desunto dal compendio probatorio e delineato a pag. 20 e ss. da cui risulta che, nonostante lÕarresto in data 18/08/2020 per il reato di detenzione e coltivazione di sostanza stupefacente tipo marijuana e sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, il predetto ha continuato a gestire lÕattivitˆ illecita con organizzazione a base famigliare, dal luogo di detenzione, ove riceveva i sodali e pianificava lÕattivitˆ illecita, sia sul versante dellÕapprovvigionamento, concludendo accordi con NOME COGNOME per lÕesfiltrazione dello stupefacente che era importato e contenuto nei containers nel porto di Salerno, con lÕausilio di Apicella (cfr. pag.9), sia sul versante della gestione dello spaccio dando direttive (cfr. pag. 20 inter. progr. 4495), sia sulla gestione del denaro ricavato dallÕattivitˆ illecita (cfr. pag. 22). Da cui lÕinfondatezza del secondo motivo di ricorso.
Giova rilevare come, secondo la contestazione posta a base della misura cautelare e la ricostruzione storico fattuale compiuta dai giudici del merito cautelare, all’indagato sia contestata la partecipazione all’associazione finalizzata al narcotraffico ex art. 74 della legge sugli stupefacenti, con lo specifico ruolo di capo promotore dellÕassociazione finalizzata al narcotraffico, a base famigliare, operante nella provincia di Salerno, secondo la contestazione provvisoria di cui al capo 1).
Tanto premesso, lÕordinanza impugnata ha tratteggiato il ruolo del COGNOME COGNOME, di capo promotore sulla scorta delle intercettazioni e servizi di osservazione nonchŽ sulla scorta delle dichiarazioni di NOME COGNOME che si era rivolto al gruppo COGNOME proprio per lÕesfiltrazione dei grossi quantitativi di sostanza stupefacente che arrivavano nel porto di Salerno. COGNOME che, dal luogo ove è ristretto agli arresti domiciliari, gestisce i contatti con i clienti acquirenti e si attiva fattivamente noleggiando lÕauto con la quale il figlio NOME si reca a Roma per lÕapprovvigionamento. La motivazione del tribunale non è per nulla illogica e in quanto fondata sugli elementi in atti e delinea, a livello cautelare, un quadro di gravitˆ indiziaria sia in ordine alla partecipazione al sodalizio con il ruolo di capo promotore che di concorrente nel reato di cui al capo 2) (viaggio a Roma per lÕapprovvigionamento in data 18/03/2022).
In tale contesto, al limite della comprensibilitˆ appare la censura, svolta nel secondo motivo di ricorso, che si appunta sulla circostanza che lÕordinanza farebbe riferimento allÕattivitˆ di coltivazione di marijuana, per la quale è stato tratto in arresto nel 2020, circostanza questa, dellÕarresto per la coltivazione di marijuana,
ripresa nellÕordinanza solo per tratteggiare il contesto complessivo e lÕoperativitˆ dellÕassociazione. Consegue la manifesta infondatezza della censura.
Con riguardo al capo 2), oggetto del terzo motivo di ricorso, al limite della genericitˆ, rileva, il Collegio, che lÕindagato, che si è avvalso della facoltˆ di non rispondere, non ha fornito una alternativa spiegazione del noleggio dellÕautovettura al figlio. Come si è visto (cfr. ¤ 4 ), lÕordinanza impugnata non pu˜ dirsi manifestamente illogica in relazione alla ricostruzione del fatto addebitato provvisoriamente al COGNOME nel capo 2).
Il quarto motivo di ricorso che contesta il perfezionamento dellÕaccordo per lÕesfiltrazione della droga dal porto di Salerno tra Ferrara Carmine e il c.d. gruppo COGNOME e la gravitˆ indiziaria in relazione al capo 4) risulta, parimenti, infondato.
LÕordinanza impugnata, dopo avere esposto i contenuti delle conversazioni registrate in quel torno di tempo e richiamato le dichiarazioni di NOME COGNOME il quale si era attivato per conto terzi per reperire in loco soggetti in grado di esfiltrare lo stupefacente che giungeva nel Porto di Salerno, e di essere stato messo in contatto con i COGNOME, attraverso lÕintermediazione di COGNOME riporta il contenuto delle conversazioni più significative dalle quali emerge che il COGNOME NOME aveva raggiunto un accordo per lÕesfiltrazione per il quale aveva pattuito il compenso di € 120.000,00 per un carico di marzo. Nel comunicare i termini dellÕaccordo al figlio NOME, gli consiglia di munirsi di un flex per rompere il pannello del container, e che, considerato che questo tipo di operazioni fruttano molti soldi, era sua intenzione abbandonare lo spaccio al minuto (cfr. pag. 9), da cui la prova, a livello gravitˆ, di pattuizione stabile. In tale contesto, per come delineato, nelle conversazioni intercettate, era stato raggiunto lÕaccordo per lÕesfiltrazione dal Porto di Salerno, poco rileva la circostanza che in unÕoccasione, in data 18/03/2022, una operazione di esfiltrazione non avesse avuto luogo per via dei controlli in atto al Porto, essendosi il Memoli Òmesso a disposizioneÓ per lÕopera di estrazione della droga dai containers desunto dalla documentata circostanza che il 16/03/2022 il figlio NOME si reca a casa del padre per discutere delle prossime esfiltrazioni (cfr. pag. 9-10).
Il quinto motivo di ricorso risulta anchÕesso infondato. Deduce il ricorrente la mancata valutazione del c.d. tempo silente dai fatti allÕapplicazione della misura cautelare ai fini dellÕattualitˆ del pericolo di recidiva.
Sulla questione del rilievo del tempo silente, rispetto la quale si registrano due indirizzi interpretativi ermeneutici, ritiene, il Collegio, di aderire allÕorientamento maggioritario, espresso con recenti pronunce, secondo cui in tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso
dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolositˆ, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, COGNOME, Rv. 286202 Ð 02; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861), non essendo sufficiente, ad escludere lÕattualitˆ del pericolo, il mero decorso del cd. “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo (Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698 Ð 01).
Si è, infatti, condivisibilmente affermato che la presunzione menzionata, particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione “chiusa”, perchŽ corredata dall’indicazione del momento di cessazione della condotta partecipativa, tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare.
Tale soluzione, che il Collegio ritiene coerente con la stessa struttura del reato associativo e, in particolare, con le connotazioni “dinamiche” proprie della condotta di partecipazione, comporta che il giudice della cautela, ai fini della attualitˆ del pericolo di recidiva, debba valutare, senza alcun automatismo, il tempo intercorso tra i fatti contestati e l’emissione della misura cautelare, ove questo sia rilevante e sia privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolositˆ.
Ci˜ detto, lÕordinanza impugnata ha argomentato, in presenza di delitto per cui è operativa la presunzione relativa di cui allÕart. 275 comma 3 cod.proc.pen., e di presunzione non superata con allegazioni difensive, lÕattualitˆ del pericolo di recidiva sul rilievo che il Memoli anche dopo lÕarresto e la sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari, ha continuato nellÕattivitˆ illecita in forma organizzata dirigendo, dal luogo degli arresti domiciliari, lÕassociazione dedita al narcotraffico, oltre a profili di pericolositˆ derivanti dai precedenti penali per reati gravi (estorsione e detenzione di armi).
Infine, in punto adeguatezza, nel descritto contesto di allarmante pericolositˆ e di perdurante svolgimento dellÕattivitˆ illecita durante la sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari, le allegazioni difensive (non avere commesso reati durante
lÕaffidamento in prova) non valgono a superare il giudizio di inadeguatezza espresso dal Tribunale.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dellÕart. 616 cod.proc.pen.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dellÕistituto penitenziario competente, a norma dellÕart. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui allÕart. 94, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Cos’ deciso il 18/02/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Vito COGNOME