Pericolo di Recidiva: Quando gli Arresti Domiciliari Non Bastano
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25914 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la commissione di reati durante gli arresti domiciliari è prova conclamata dell’inadeguatezza di tale misura e giustifica l’applicazione della più afflittiva custodia in carcere. Il caso in esame riguarda un soggetto che, nonostante fosse già sottoposto a restrizioni, continuava a gestire un ingente traffico di stupefacenti, evidenziando un elevato e concreto pericolo di recidiva.
I Fatti: Traffico di Stupefacenti e Minacce Durante i Domiciliari
La vicenda processuale trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro. L’indagato era gravemente sospettato di essere a capo di un’intensa attività di spaccio di sostanze stupefacenti, rifornendo numerosi acquirenti della zona per quantitativi significativi. Particolarmente allarmante era il fatto che tutte le condotte illecite venivano poste in essere mentre l’uomo si trovava già in regime di detenzione domiciliare.
Oltre al traffico di droga, gli venivano contestati tentativi di estorsione. L’indagato, infatti, cercava di recuperare crediti derivanti da pregresse forniture di droga attraverso reiterate minacce, arrivando a evocare la propria parentela con un noto esponente della criminalità locale per incutere maggiore timore. Tale condotta ha portato alla contestazione dell’aggravante del metodo mafioso.
Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso
Contro la decisione del GIP, la difesa aveva proposto istanza di riesame al Tribunale della Libertà, che però aveva confermato la misura carceraria. Il Tribunale aveva ritenuto sussistente un concreto e attuale pericolo di recidiva, basandosi sia su elementi oggettivi (la quantità di stupefacenti, l’organizzazione dell’attività) sia sulla personalità dell’indagato, caratterizzata da una spiccata propensione a delinquere.
L’indagato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge. Secondo la difesa, non vi erano elementi sufficienti a ritenere così probabile la commissione di nuovi reati e, in ogni caso, le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con una misura meno gravosa, come gli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico.
Le Motivazioni della Cassazione sul Pericolo di Recidiva
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. Le motivazioni della decisione sono nette e si fondano su una valutazione rigorosa dei fatti e del diritto.
In primo luogo, i giudici hanno confermato la sussistenza di un elevato pericolo di recidiva. Questo pericolo non era astratto, ma concreto e attuale, come dimostrato dalle modalità della condotta (un traffico di droga strutturato e non occasionale) e dalla biografia criminale del soggetto. Inoltre, la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso (art. 416 bis.1 c.p.) fa scattare una presunzione legale di pericolosità, che nel caso di specie non era stata superata da alcun elemento di prova contrario.
Il punto cruciale della decisione, però, riguarda la scelta della misura cautelare. La Corte ha sottolineato la ‘palese inidoneità’ di una misura gradata come gli arresti domiciliari. Il fatto che l’indagato abbia commesso i reati contestati proprio mentre era sottoposto a tale misura ha dimostrato nei fatti la sua incapacità di rispettare le prescrizioni e l’insufficienza dei domiciliari a contenerne la pericolosità sociale. Di conseguenza, la custodia in carcere è stata ritenuta l’unica misura adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Conferma della Misura Cautelare
In conclusione, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’ordinanza del Tribunale della Libertà. La sentenza consolida un principio chiave del sistema cautelare: la condotta dell’indagato è il principale indicatore per valutare l’adeguatezza della misura da applicare. Chi viola le restrizioni degli arresti domiciliari per commettere nuovi, gravi reati, dimostra di non poter beneficiare di misure alternative al carcere. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Quando è giustificata la custodia cautelare in carcere?
La custodia cautelare in carcere è giustificata quando, oltre a seri indizi di colpevolezza, esiste un concreto e attuale pericolo di reiterazione di gravi reati (pericolo di recidiva) e le altre misure cautelari meno afflittive, come gli arresti domiciliari, si sono dimostrate o si ritengono palesemente inadeguate a contenere tale pericolo.
Commettere un reato durante gli arresti domiciliari giustifica automaticamente il passaggio al carcere?
Sì, secondo questa sentenza, il fatto che le condotte illecite siano state realizzate mentre l’indagato era già sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dimostra la ‘palese inidoneità’ di una misura gradata e motiva congruamente la scelta della più severa custodia cautelare in carcere.
Quale valore ha la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso nella valutazione del pericolo di recidiva?
La contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 c.p. (metodo mafioso) comporta una presunzione legale del pericolo di recidiva. Ciò significa che il rischio è presunto dalla legge e spetta all’indagato fornire elementi concreti di segno contrario per superare tale presunzione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25914 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/02/2024 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG MARILIA DI NARDO
RITENUTO IN FATTO
Con COGNOME ordinanza COGNOME in COGNOME data COGNOME 8.2.2024 COGNOME il COGNOME Tribunale COGNOME di COGNOME Catanzaro ha rigettato l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza datata 17.1.2024 con cui il Gip presso il locale Tribunale x gli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato dei reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod.pen., 73, comma 1 e 4, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 nonché degli artt. 81 cpv, 56, 629 e 416 bis comma 1 cod.pen.k 2. Riepilogando in sintesi la vicenda cautelare, va premesso che l’odierno ricorrente é stato sottoposto a fermo in quanto gravemente indiziato dei reati di cui ai capi COGNOME 70) e 71) dell’incolpazione provvisoria / emergendo dal copioso compendio captativo in atti che lo stesso, già in passato attivo nel settore degli stupefacenti, nonostante fosse in regime di detenzione domiciliare, riforniva gli spacciatori della zona di sostanza stupefacente per ingenti quantitativi / cercando poi di recuperare i crediti accumulati per le pregresse forniture mediante reiterate minaccei anche evocando la parentela con un personaggio di spicco della locale criminalità. Veniva pertanto ritenuta la ricorrenza del concreto ed attuale pericolo di recidivanza di cui all’art. 274 lett. c) cod.proc.pen 7 tenuto conto sia 41 parametro oggettivo che dilla personalità dell’indagato, giudizio che veniva confermato in sede di riesame.
Avverso detta ordinanza ricorre l’indagato, con atto a firma del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo / sinteticamente riportato nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., di violazione dell’art. 606/ n.1 , let / cod.proc.pen. lin relazione all’art. 274 comma l t lett. c /cod.proc.pen. Si assume che l’ordinanza impugnatFIcontrasto con il dettato normativo, non ha evidenziato elementi sufficienti per ritenere che presentatasi l’occasione, sia tp-ntci probabile per il prevenuto la commissione di reati analoghi. Inoltre le esigenze cautelari di concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato possono essere salvaguardate con la misura degli arresti domiciliari anche
mediante l’uso del braccialetto elettronico.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnat conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é manifestamente infondato.
Quanto alla sussistenza del pericolo concreto ed attuale di reiterazione crimi l’ordinanza impugnata ha posto in luce sia le modalità della condotta integran reati contestati sia la biografia criminale del prevenuto / che evidenzia una spiccata propensione criminosa.
Per quanto attiene al capo 70) la consistente quantità di stupeface l’ammontare del credito vantato nei confronti del COGNOME sono stati rite indicativi della non occasionalità della condotta e dell’inserimento in u d’affari più ampio itale da consentirgli la cessione a credito.
Con riguardo al reato di cui al capo 71) 1 1a contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416 bisi1 comporta la presunzione del pericolo di recidiva, non sup nella specie da elementi di segno contrario.
Quanto alla scelta della misura, l’ordinanza impugnata motiva congruamente l scelta della sola misura della custodia cautelare stante la palese inidoneità misura gradata tenuto conto che le condotte in contestazione sono st realizzate mentre il prevenuto era sottoposto alla misura degli arresti domici In conclusione il ricorsg manifestamente infondato /va dichiarato inammissibile.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 61 proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processu nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 186) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende a tit di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
ú chiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma ter disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma l’ 8.5.2024