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Pericolo di recidiva: la Cassazione conferma il carcere

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati di furto. La decisione si fonda sulla valutazione del concreto e attuale pericolo di recidiva, desunto dal modus operandi seriale dell’indagato, dai suoi precedenti specifici e dal fatto che i reati sono stati commessi mentre era già sottoposto a sorveglianza speciale. La Corte ha ritenuto infondate le censure relative al pericolo di inquinamento probatorio e all’adeguatezza della misura, ribadendo che la massima misura cautelare è giustificata a fronte di una spiccata pericolosità sociale.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di recidiva: quando la custodia in carcere è inevitabile

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 25555/2025, offre un’importante analisi sui presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, con particolare attenzione alla valutazione del pericolo di recidiva. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un indagato, confermando la misura restrittiva più grave sulla base di una valutazione approfondita della sua personalità e del contesto criminale. Questo caso chiarisce come la concretezza e l’attualità del rischio di reiterazione del reato siano elementi decisivi per giustificare il sacrificio della libertà personale prima di una condanna definitiva.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto indagato per due episodi di furto in concorso, un tentato furto e altre violazioni. La misura era stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari. La difesa dell’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la validità della misura cautelare sotto tre profili principali.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato il ricorso sulla base di tre vizi di motivazione:
1. Sussistenza del pericolo di recidiva: Secondo il ricorrente, l’ordinanza non aveva adeguatamente motivato la concretezza e l’attualità del pericolo che l’indagato potesse commettere altri delitti, limitandosi a valorizzare le modalità della condotta e i precedenti penali.
2. Sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio: La difesa riteneva illogica la motivazione del Tribunale, poiché il rischio di indurre le vittime a ritrattare la querela potrebbe essere ravvisato in ogni reato procedibile a querela, rendendo la motivazione astratta.
3. Adeguatezza della misura: Infine, si contestava la mancata valutazione di misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, specialmente considerando che i fatti erano avvenuti in un comune diverso da quello di residenza dell’indagato.

L’analisi della Corte sul pericolo di recidiva

La Cassazione ha giudicato manifestamente infondato il primo motivo di ricorso. Ha sottolineato come il Tribunale del Riesame avesse correttamente analizzato non solo gli elementi formali, ma anche quelli sostanziali. La valutazione del pericolo di recidiva si basava su un quadro completo che includeva:
Le modalità concrete della condotta, evidenziando un modus operandi* collaudato e una spiccata professionalità criminale.
* La personalità del soggetto, desunta dai numerosi precedenti penali specifici per reati contro il patrimonio.
* Il contesto temporale, caratterizzato da plurime condotte illecite poste in essere in un arco di tempo molto ristretto.
* Una circostanza aggravante di fondo: i reati erano stati commessi mentre l’indagato era già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Questo elemento, in particolare, dimostra un’alta propensione a delinquere e un totale disprezzo per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso in toto, fornendo una motivazione chiara per ciascun punto sollevato dalla difesa.

Sul pericolo di inquinamento probatorio, la Corte ha chiarito che la valutazione del Tribunale non era astratta, ma ancorata a elementi specifici del caso. In particolare, si faceva riferimento alla reticenza e al timore manifestati da una delle vittime, inseriti in un contesto ambientale noto per la pratica del cosiddetto “cavallo di ritorno”. Questo rendeva il rischio di pressioni sulle vittime concreto e attuale.

Per quanto riguarda l’adeguatezza della misura, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: quando il giudice, in base alla gravità dei fatti e alla pericolosità dell’indagato, ritiene che solo la custodia in carcere sia idonea a salvaguardare le esigenze cautelari, non è tenuto a motivare specificamente l’inidoneità di ogni altra misura meno grave, inclusi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. La serialità dei delitti e la loro commissione durante una misura di prevenzione sono stati considerati indicatori di una pericolosità tale da rendere inadeguata qualsiasi forma di affidamento fiduciario.

Le Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione per l’applicazione di una misura cautelare deve essere rigorosa e basata su elementi concreti. Il pericolo di recidiva non può essere presunto, ma deve emergere da un’analisi complessiva che tenga conto della personalità dell’indagato, delle sue condotte passate e presenti e del contesto in cui opera. Quando questi elementi delineano un quadro di elevata e attuale pericolosità sociale, la custodia cautelare in carcere si conferma come l’unica misura proporzionata e adeguata a tutelare la collettività, anche a fronte delle moderne tecnologie di controllo a distanza.

Quando il pericolo di recidiva è considerato ‘concreto e attuale’?
Secondo la sentenza, il pericolo di recidiva è ‘concreto e attuale’ quando, sulla base di elementi specifici, si può prevedere con alta probabilità che l’indagato avrà occasioni prossime per commettere altri reati della stessa specie. Gli elementi considerati sono il modus operandi professionale, i precedenti specifici, la commissione di più reati in breve tempo e, in particolare, la violazione di precedenti misure preventive come la sorveglianza speciale.

Perché la Corte ha ritenuto inadeguati gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico?
La Corte ha ritenuto tale misura inadeguata perché la personalità dell’indagato e le modalità dei reati (commessi in serie e mentre era già sottoposto a sorveglianza speciale) indicavano una pericolosità sociale così elevata da rendere la custodia in carcere l’unica opzione idonea a prevenire la reiterazione dei crimini. In questi casi, il giudice non è obbligato a motivare specificamente sull’inidoneità di ogni misura meno afflittiva.

In che modo il contesto ambientale ha influenzato la decisione sul pericolo di inquinamento probatorio?
Il contesto ambientale è stato decisivo. La Corte ha valorizzato la reticenza e il timore di una delle vittime, interpretandoli alla luce della prassi locale del ‘cavallo di ritorno’ (estorsione per la restituzione di beni rubati). Questo ha trasformato un rischio astratto di pressione sui testimoni in un pericolo concreto e attuale di inquinamento delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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