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Pericolo di recidiva: la Cassazione chiarisce

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia in carcere. Nonostante un errore del Tribunale sul tipo di droga, il pericolo di recidiva è stato confermato sulla base delle ingenti quantità e dei collegamenti criminali, ritenendo l’errore irrilevante.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Recidiva e Custodia Cautelare: L’Errore sui Fatti è Irrilevante?

La valutazione del pericolo di recidiva è un pilastro fondamentale nel decidere l’applicazione di una misura cautelare come la custodia in carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33509/2025, offre un importante chiarimento su come tale valutazione debba essere condotta, anche in presenza di un errore materiale negli atti. Il caso esaminato riguarda un indagato per detenzione di stupefacenti, il cui ricorso si basava su un’inesatta indicazione del tipo di droga sequestrata. Vediamo come i giudici hanno affrontato la questione.

I Fatti del Caso: Un Errore sulla Natura della Sostanza

Il Tribunale di Venezia aveva disposto la misura della custodia in carcere per un individuo, ritenuto gravemente indiziato del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione si fondava sul possesso di quantitativi ingenti: 1,6 kg di eroina e 641 grammi di cocaina. L’indagato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici avessero travisato il fatto. In realtà, la sostanza non era eroina, bensì 1,6 kg di hashish.

Secondo la difesa, questo errore era decisivo, in quanto la diversa natura della droga avrebbe dovuto condurre a una valutazione differente sulla pericolosità sociale e, di conseguenza, a una misura cautelare meno afflittiva. Si contestava, in sostanza, la corretta valutazione del pericolo di recidiva.

L’Analisi della Corte: Oltre l’Errore Materiale

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’errore materiale commesso dal Tribunale, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’erronea indicazione del tipo di droga (eroina anziché hashish) non inficiava minimamente la validità e la logica della valutazione compiuta.

Il ragionamento del Tribunale, infatti, non si basava esclusivamente sulla tipologia della sostanza, ma su un quadro indiziario più ampio e solido. Gli elementi chiave che denotavano un elevato pericolo di recidiva erano:

* Le ingenti quantità di stupefacente, che indicavano un’attività non occasionale.
* Le modalità dell’arresto, che suggerivano un’organizzazione strutturata.
* L’esistenza di collegamenti con contesti criminali di alto livello, in particolare rapporti fiduciari con fornitori di notevole spessore.

Questi fattori, nel loro complesso, dimostravano una spiccata propensione a delinquere e una profonda integrazione nel mondo del narcotraffico, rendendo l’errore sul tipo di droga del tutto marginale ai fini della decisione sulla misura cautelare.

Le Motivazioni

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio cruciale introdotto dalla legge n. 47 del 2015: il concetto di “attualità” del pericolo di reiterazione del reato, previsto dall’art. 274, lett. c), del codice di procedura penale. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, l’attualità non va intesa come “imminenza” di un nuovo crimine, ma come “continuità del pericolo nella sua dimensione temporale”.

Ciò che il giudice deve valutare è la potenzialità criminale dell’indagato e l’effettività del rischio che la misura cautelare è chiamata a neutralizzare. Questa valutazione si basa sugli stessi indici che definiscono la “concretezza” del pericolo, ovvero:

1. Specifiche modalità e circostanze del fatto: come il reato è stato commesso.
2. Personalità dell’indagato: desunta dal suo comportamento, dai precedenti e dal contesto in cui opera.

Nel caso specifico, la detenzione di quasi due chili e mezzo di droga di diversa tipologia e i contatti con la criminalità organizzata erano indicatori più che sufficienti a dimostrare un pericolo attuale e concreto di recidiva, a prescindere che si trattasse di eroina o hashish.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di fondamentale importanza pratica: nella valutazione delle esigenze cautelari, i giudici devono guardare alla sostanza dei fatti e non fermarsi a errori formali o materiali che non alterano il quadro complessivo della pericolosità dell’indagato. Il pericolo di recidiva emerge da un’analisi globale che include la quantità di stupefacenti, le modalità operative e la rete di contatti criminali. Un errore su un singolo dettaglio, se non intacca la solidità di questi elementi, non è sufficiente per invalidare una misura cautelare, confermando che la valutazione della pericolosità sociale si basa su un giudizio complessivo e non su singoli dati isolati.

Un errore del giudice sul tipo di sostanza stupefacente può annullare una misura di custodia in carcere?
No, secondo questa sentenza, un errore materiale sul tipo di droga (es. eroina anziché hashish) non annulla la misura cautelare se la valutazione complessiva del pericolo di recidiva si fonda su altri elementi solidi, come l’ingente quantità di sostanze, le modalità dell’arresto e i collegamenti con ambienti criminali.

Cosa intende la legge per “attualità” del pericolo di recidiva?
Per “attualità” del pericolo non si intende l’imminenza di un nuovo reato, ma piuttosto la continuità e persistenza del pericolo nel tempo. Si valuta la potenzialità criminale dell’indagato e l’effettività del rischio che la persona possa commettere altri reati, sulla base delle circostanze del fatto e della sua personalità.

Quali elementi sono decisivi per valutare il pericolo di recidiva in casi di spaccio?
Gli elementi decisivi indicati dalla Corte sono le quantità di sostanza detenuta, le modalità della condotta che ne rivelano il carattere non occasionale, e l’esistenza di collegamenti strutturati e rapporti fiduciari con fornitori di elevato spessore criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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