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Pericolo di recidiva e custodia cautelare in carcere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’indagata contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto legittima la misura detentiva basandosi esclusivamente su un concreto e attuale pericolo di recidiva, nonostante abbia giudicato infondata la motivazione relativa al pericolo di inquinamento probatorio. La decisione sottolinea che il rischio di reiterare reati della stessa specie è sufficiente a giustificare la massima misura cautelare, specialmente se misure meno afflittive si sono già dimostrate inefficaci.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Recidiva: Quando Basta per Giustificare il Carcere?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36432 del 2025, offre un’importante analisi sui presupposti della custodia cautelare in carcere, chiarendo come un concreto pericolo di recidiva possa, da solo, sostenere la misura più afflittiva, anche quando le altre esigenze cautelari, come il rischio di inquinamento probatorio, non sono adeguatamente dimostrate. Questo principio è fondamentale nel bilanciamento tra la libertà personale dell’indagato e la necessità di tutela della collettività.

Il Caso in Esame

Una donna, indagata per numerosi reati legati al traffico di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermava per lei la misura della custodia cautelare in carcere. La ricorrente agiva come corriere per conto di un parente, ricevendo la sostanza a Roma e occupandosi delle consegne.

I Motivi del Ricorso

Il ricorso si fondava su tre argomenti principali:
1. Incompetenza Territoriale: La difesa sosteneva che la competenza spettasse al Tribunale di Roma, luogo di partenza della droga e di residenza dei mandanti e dei corrieri.
2. Scadenza dei Termini di Custodia: Si invocava la retrodatazione dei termini di custodia cautelare a seguito di un precedente arresto per un reato connesso, sostenendo che il termine massimo di durata della misura fosse già decorso.
3. Insussistenza delle Esigenze Cautelari: La ricorrente contestava sia il pericolo di inquinamento probatorio sia il pericolo di recidiva. Sottolineava il suo ruolo marginale di corriere e l’impossibilità di reiterare il reato, dato che il suo mandante era a sua volta detenuto. Inoltre, riteneva la misura carceraria sproporzionata, proponendo gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

La Valutazione del Pericolo di Recidiva da Parte della Cassazione

La Corte ha ritenuto infondati i primi due motivi, ma si è soffermata a lungo sul terzo, distinguendo nettamente tra le due esigenze cautelari contestate.

Sul pericolo di recidiva, la Cassazione ha confermato la validità della valutazione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che il periculum non deve essere inteso come il rischio di ripetere lo stesso identico fatto-reato, ma come la probabilità di commettere altri delitti della stessa specie. La Corte ha ritenuto che la sistematicità, la gravità e la “professionalità” delle condotte contestate all’indagata fossero elementi sufficienti a dimostrare un pericolo concreto e attuale di reiterazione criminosa.

La Censura sul Pericolo di Inquinamento Probatorio

Al contrario, la Corte ha accolto la censura relativa al pericolo di inquinamento probatorio. La motivazione del Tribunale, basata su generici riferimenti alla “caratura criminale” dei soggetti coinvolti e a “ulteriori indagini in corso”, è stata giudicata viziata. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il pericolo per le prove deve essere concreto, specifico e basato su circostanze di fatto che lascino desumere una reale possibilità che l’indagato possa turbare il processo formativo della prova. Motivazioni astratte o clausole di stile non sono sufficienti.

Le motivazioni della Sentenza

Nonostante l’accoglimento del motivo sull’inquinamento probatorio, la Corte ha rigettato il ricorso nel suo complesso. La decisione si basa sul fatto che l’ordinanza impugnata era comunque sorretta da una solida motivazione sul pericolo di recidiva. Questo singolo presupposto è stato ritenuto sufficiente a giustificare la misura cautelare carceraria.

Inoltre, la Corte ha dato peso a una circostanza determinante: durante un precedente periodo di arresti domiciliari, era stata trovata nell’abitazione della ricorrente una macchina per il sottovuoto sporca di sostanza bianca. Questo elemento, secondo i giudici, dimostrava l’inefficacia di una misura meno afflittiva del carcere a contenere la sua pericolosità sociale. La condotta tenuta durante gli arresti domiciliari ha reso evidente che solo la detenzione in istituto poteva impedire la commissione di nuovi reati.

Le conclusioni

La sentenza n. 36432/2025 ribadisce che le esigenze cautelari sono autonome e alternative. Un’adeguata e robusta motivazione su un concreto e attuale pericolo di recidiva può legittimare da sola la custodia cautelare in carcere, anche in assenza di un provato rischio di inquinamento delle prove. La decisione evidenzia anche l’importanza del comportamento dell’indagato durante l’applicazione di misure meno severe: la violazione delle prescrizioni o la continuazione dell’attività illecita durante gli arresti domiciliari costituiscono una prova quasi inconfutabile dell’inadeguatezza di tali misure e della necessità di ricorrere alla detenzione carceraria.

Il pericolo di recidiva da solo è sufficiente per giustificare la custodia in carcere?
Sì, secondo questa sentenza, un concreto e attuale pericolo di recidiva, adeguatamente motivato sulla base di elementi specifici come la gravità e la sistematicità dei reati, è di per sé sufficiente a giustificare la misura della custodia cautelare in carcere, anche se le altre esigenze cautelari non sono provate.

Cosa si intende esattamente per pericolo di recidiva?
Non si intende il rischio che l’indagato commetta lo stesso identico reato per cui è accusato, ma piuttosto la probabilità che commetta altri delitti della stessa specie. La valutazione si basa sulla personalità dell’indagato, sulle modalità del fatto e sul contesto in cui è maturato il reato.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti inadeguati in questo caso?
Gli arresti domiciliari sono stati considerati inadeguati perché l’indagata, mentre era già sottoposta a tale misura per un altro procedimento, è stata trovata in possesso di strumenti (una macchina per il sottovuoto) palesemente collegati all’attività di traffico di stupefacenti. Ciò ha dimostrato che una misura meno restrittiva del carcere non era in grado di impedirle di delinquere di nuovo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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