Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36432 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Roma l’DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 17 giugno 2025 dal Tribunale di Ancona
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le richieste del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che ha confermato la misura della custodia cautelare applicata per numerosi reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Deduce tre motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di legge, in particolare del l’art. 8, comma 3 , cod. proc. pen., e vizio di motivazione sulla eccezione di incompetenza per territorio. Il ricorrente insiste sulla competenza del Tribunale di Roma, luogo da cui partiva la sostanza stupefacente e dove risiedono sia i mittenti che i corrieri. A sostegno di tale eccezione, aggiunge, inoltre, che: i) a Roma, presso l’abitazione di COGNOME, è stato eseguito il sequestro della sostanza stupefacente; ii) la ricorrente risulta aver svolto il ruolo di corriere solo per conto di quest’ultimo.
Ad avviso della ricorrente, il Tribunale, violando la disciplina in tema di competenza per territorio per il reato permanente, ha illogicamente fatto riferimento al luogo da cui è partito il corriere, ritenendo incerto il luogo da cui era partita la sostanza stupefacente. Ciò in contrasto con le risultanze investigative da cui è emerso che la ricorrente riceveva da COGNOME a Roma la droga e sempre da Roma partiva per effettuare le consegne.
1.2. Violazione dell’art. 297 , comma 3, cod. proc. pen. di cui la ricorrente, con memoria depositata in sede di riesame, aveva invocato l’applicazione in relazione al suo arresto del 25/11/2024 per un reato connesso con i fatti di cui ai capi da 143) a 161) per i quali è stata emessa l’ordinanza cautelare nel presente procedimento. L’ordinanza impugNOME ha omesso di valutare tale eccezione , reputandola superflua in ragione della presenza, tra i capi contestati, di un episodio (capo 153) relativo al trasporto di cocaina per il quale il termine di fase è annuale e non sarebbe ancora decorso. Nel motivo si deduce, inoltre, la carenza e contraddittorietà di tale motivazione in quanto il Tribunale ha omesso di verificare se gli episodi contestati, commessi prima del primo arresto, sono connessi e, quindi, soggetti a retrodatazione. Si deduce anche la violazione dell’art. 297 , comma 3, cod. proc. pen. per la omessa declaratoria della cessazione della misura in relazione al trasporto delle ‘droghe leggere’ quale ef fetto della invocata retrodatazione con decorrenza della misura dalla data del 25/11/2024 (per effetto della quale, alla data della emissione della seconda ordinanza risultava già decorso il termine massimo semestrale di durata della custodia cautelare).
1.3. Violazione di legge e vizio della motivazione sulle esigenze cautelari e sulla adeguatezza della misura custodiale. Omessa motivazione sulla eccezione relativa alla rilevanza della motivazione della sentenza n. 392 del 2025 della Terza Sezione di questa Corte, con la quale è stata annullata altra ordinanza cautelare emessa nei confronti della ricorrente.
Rileva la ricorrente che, quanto al pericolo di recidiva, il Tribunale ha omesso di considerare il suo ruolo di corriere, svolto esclusivamente per conto del COGNOME (al quale è legata da un vincolo di affinità), e l’incidenza sulla possibilità di reiterare detta condotta della misura custodiale applicata a COGNOME, evidentemente impossibilitato a reperire la droga da consegnare alla COGNOME.
Si censura, inoltre, la rilevanza attribuita, ai fini del pericolo di recidiva, al rinvenimento , all’interno dell’abitazione della ricorrente, della macchina per il sottovuoto sporca di sostanza bianca (di cui non è stata accertata la natura), trattandosi di un elemento equivoco, soprattutto perché non corredato dalla presenza di strumenti da taglio e pesatura della sostanza, disancorato dalle risultanze processuali, che cristallizzano il ruolo di corriere della ricorrente, ed ininfluente ai fini della valutazione del pericolo di recidiva, che va correlato alle modalità concrete della condotta contestata.
Sotto altro profilo, si censura la valutazione relativa alla ritenuta sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, fondata su dati astratti, correlati al numero di soggetti coinvolti, alla loro caratura criminale, in assenza di elementi sintomatici di una concreta attività di inquinamento posta in essere dalla ricorrente, nonché al generico richiamo alla esigenza di sentire a sommarie informazioni ulteriori acquirenti, di cui non vengono indicati i nomi né il modo in cui la ricorrente potrebbe influenzarli.
Sulla base dei medesimi elementi fattuali sopra richiamati a sostegno della insussistenza del pericolo di recidiva (in particolare l’interruzione del rapporto con il genero COGNOME ed il ruolo esclusivo di corriere attribuito alla ricorrente), si deduce, infine, l’inadeguatezza della motivazione relativa alla proporzionalità ed adeguatezza esclusiva della misura custodiale, in luogo della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e divieto di comunicazione con terzi, già di per sé idonea ad impedire la libertà di movimento necessaria al ruolo svolto dalla ricorrente.
Ulteriore profilo di censura attiene alla omessa motivazione sulla rilevanza della sentenza emessa da Sez. 3 n. 392 del 2025, eccepita dalla ricorrente con la memoria depositata dinanzi al Tribunale, trattandosi di fatti connessi a quelli oggetto del presente procedimento. In tale sentenza infatti la Corte ha affermato che «l’inidoneità di una misura cautelare e domiciliare anche con mezzo elettronico di controllo a contenere il pericolo di ricaduta nel reato è illogica ove rapportata alla funzione concretamente svolta dalla cautelata, vale a dire quella di meno corriere della droga, sia pure per quantitativi ingenti….».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile in quanto si limita ad insistere genericamente sull ‘incompetenza territorio sulla base di elementi di contenuto meramente ipotetico e senza alcun confronto critico con la motivazione dell’ordinanza impugNOME che, con argomentazioni non manifestamente illogiche nè affette da alcun vizio giuridico , ha rigettato l’eccezione , ponendo l’accento sia
sull’incertezza in merito al luogo da cui la COGNOME sarebbe partita con il carico di sostanza stupefacente sia sulla irrilevanza del sequestro della sostanza presso l’abitazione romana di COGNOME, trattandosi di una acquisizione successiva all’emissione della misura cautelare e priva di significatività ri spetto ai fatti contestati alla ricorrente (cfr. punto 3.3.).
Si tratta di una soluzione coerente con la costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale, ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorre fare riferimento al luogo di compimento della prima delle condotte addebitate e, nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, tale luogo non sia identificato o non sia identificabile, la competenza deve essere individuata mediante ricorso ai criteri suppletivi previsti all’art. 9 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 4, n. 31522 del 01/06/2023, COGNOME, Rv. 284959; Sez. 4, n. 8665 del 22/01/2010, Carbone, Rv. 246851).
2. Il secondo motivo è infondato.
Il Tribunale, sia pure sulla base di una motivazione estremamente sintetica, ha correttamente posto l’accento sulla mancata scadenza del termine di fase. Invero, come già affermato dalle Sezioni Unite, in tema di contestazione a catena, la questione relativa alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare può essere dedotta anche nel procedimento di riesame solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) termine interamente scaduto, per effetto della retrodatazione, al momento del secondo provvedimento cautelare; b) desumibilità dall’ordinanza applicativa della misura coercitiva di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza successiva (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549; si veda anche, da ultimo, Sez. 2, n. 37879 del 05/05/2023 Macrì Rv. 285027).
V enendo all’esame del terzo motivo, sono infondate le questioni relative al pericolo di recidiva e alla adeguatezza della misura cautelare. È, invece, fondata la censura relativa al pericolo di inquinamento probatorio, rispetto alla quale, come si dirà, manca un concreto interesse della ricorrente.
3.1. Quanto al primo profilo, l’ordinanza impugNOME ha adeguatamente argomentato in merito alla concretezza ed attualità del pericolo di recidiva, che, si ribadisce, non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del periculum è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403 – 02). Uniformandosi a tale principio di diritto, il Tribunale ha legittimamente desunto il pericolo di recidiva dal numero
e gravità degli episodi in contestazione, nonché dalla sistematicità ‘professionalità’ delle condotte della ricorrente .
3.2. La censura relativa al pericolo di inquinamento probatorio appare, invece, fondata, ma difetta, al riguardo, un concreto interesse della ricorrente, dal momento che, essendo infondate le censure relative sia al pericolo di recidiva che, per le ragioni che saranno di seguito esposte, alla scelta della misura custodiale, dal suo accoglimento non può conseguire alcun risultato vantaggioso per la ricorrente.
Va, ad ogni buon conto, corretta la motivazione dell’ordinanza impugNOME nella parte in cui reputa sussistente il pericolo di inquinamento probatorio sulla base del generico riferimento alla ‘caratura criminale di tutti i protagonisti della vicenda’ , tra cui la stessa ricorrente, e alle ulteriori indagini ancora in corso.
In disparte l’assoluta vaghezza di tal i argomenti, rileva la Corte che si tratta di un ragionamento giuridicamente viziato, dovendosi, al riguardo, ribadire che il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274, lett. a), cod. proc. pen., deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni -che l’ordinanza in esame omette di indicare – dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell’ id quod plerumque accidit , e non sulla base di una mera ipotesi, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, COGNOME Giorgi, Rv. 270561). Per evitare che il requisito richiesto del “concreto pericolo” perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, è, dunque, necessario che il giudice indichi, con riferimento all’indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica motivazione (Sez. 6, n. 1460 del 19/04/1995, Papa, Rv. 202984), non essendo sufficiente, ad esempio, come accaduto nel caso in esame, la sola considerazione della caratura criminale de ll’indagato ovvero, come già affermato da Sez. 6, n. 69 del 16/01/1995, Cerciello, Rv. 201071, del ruolo dell’indagato in un’organizzazione pubblica o il riferimento a condotte devianti per le indagini di non identificata provenienza.
3.3. Nonostante la rilevata erroneità della motivazione sul pericolo di inquinamento probatorio, l’ordinanza impugNOME ha adeguatamente argomentato, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, in merito alla adeguatezza esclusiva della misura applicata ad elidere il rilevato pericolo di recidiva. Sono stati, a tal fine, non illogicamente valorizzati: a) la circostanza che la COGNOME si trovava già agli arresti domiciliari, per effetto dell’attenuazione della misura custodiale applicata nell’altro procedimento a suo carico, nel momento in cui è stata eseguita la perquisizione all’esito della quale è stata rinvenuta la macchina per il sottovuoto sporca di sostanza bianca; b) il lasso temporale intercorso tra
l’attenuazione della misura custodiale disposta nel diverso procedimento a carico della ricorrente (che risulta essere stata tratta in arresto il 25/11/2024 e sottoposta alla misura di massimo rigore fino al 25/3/2025), in ragione del quale il Tribunale, con argomentazione non illogica, ha ritenuto che la macchina per il sottovuoto fosse stata utilizzata dopo l’attenuazione della misura .
Alla luce di tale persuasivo percorso argomentativo, appare priva di rilievo la mancata valutazione della motivazione della sentenza di annullamento emessa da questa Corte nell’altro procedimento (Sez. 3, n. 10399 del 27/2/2025), trattandosi di un a decisione emessa in data antecedente rispetto all’ordinanza cautelare in esame (12/5/2025), e, dunque, sulla base di una situazione fattuale diversa da quella esamiNOME dall’ordinanza impugNOME.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME