Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36424 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36424 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/06/2025 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 10 giugno 2025 il Tribunale di Roma, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, rigettava l’appello proposto nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Velletri in data 7 a prile 2025, con la quale era stata rigettata l’istanza del COGNOME volta a ottenere la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, in atto applicata all’imputato, con quella degli arresti domiciliari, in relazione al contestato reato di rapina aggravata dall’uso di una pistola di provenienza illecita per il quale il COGNOME, all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza con il quale deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale ed erronea valutazione circa la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Assumeva che pericolo di recidiva doveva essere ritenuto affievolito in ragione del tempo trascorso dall’emissione dell’ordinanza genetica, del fatto che all’esito del giudizio di primo grado l’imputato era stato condannato a una pena prossima ai minimi edittali, del fatto che in altro procedimento per fatti analoghi era stata disposta, nel confronti del COGNOME, la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, che i precedenti penali gravanti sull’imputato erano assai risalenti nel tempo , che l’imputato aveva provveduto a risarcire il danno.
Richiamava i princìpi, vigenti in materia cautelare, del minor sacrificio necessario per la libertà personale e della concretezza e attualità del pericolo di recidiva, assumendo che la motivazione del provvedimento impugnato non aveva considerato, in relazione al requisito dell’attualità, che i precedenti penali a carico del COGNOME erano assai risalenti nel tempo.
Richiamava altresì i principi di adeguatezza e proporzionalità che dovevano guidare il giudice nell’applicazione dell a misura cautelare, osservando, con particolare riguardo al principio di proporzionalità, che nella scelta della misura da applicare doveva essere considerata anche la pena residua da espiare, nella specie pari ad anni due e mesi dieci di reclusione.
Concludeva affermando che le affievolite esigenze cautelari potevano, nella specie, essere soddisfatte anche mediante l’applicazione della misura degli arresti domiciliari con l’applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Il Tribunale ha, invero, reso una motivazione immune da vizi in relazione alla ritenuta permanenza del pericolo di recidiva, avendo effettuato congruo riferimento agli innumerevoli e gravi precedenti penali, anche specifici, a carico del COGNOME (fra i quali ha espressamente indicato quattro precedenti per il grave delitto di rapina, due per evasione dagli arresti domiciliari, due per resistenza a pubblico ufficiale, tre per porto abusivo d’armi), nonché alla
inconferenza del mero dato temporale e dell’avvenuto risarcimento del danno , ritenuto dal giudice della cautela frutto di una mera strategia processuale e non anche di sincera resipiscenza, considerato che il COGNOME aveva sempre negato l’addebito adducendo perfino un alibi con sospetto di falsità, avendo il COGNOME introdotto al riguardo un testimone a difesa per il quale il giudice aveva ritenuto di disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero in relazione al reato di falsa testimonianza.
In relazione alla pena inflitta all’esito del giudizio di primo grado il giudice della cautela ha, di poi, congruamente osservato che all’imputato era stata i nflitta ‘ una pena del tutto proporzionata al permanere della misura inframuraria ‘ (anni quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa), previa esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui a ll’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME