Pericolo di incendio: la Cassazione ribadisce i limiti del ricorso
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico relativo ai reati contro l’incolumità pubblica, specificamente quello legato al pericolo di incendio. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del sindacato della Corte Suprema e la differenza tra una valutazione di fatto e un controllo di legittimità. Quando un gesto, pur non sfociando in un rogo vero e proprio, può essere considerato penalmente rilevante? E quali sono i requisiti affinché un ricorso in Cassazione sia ritenuto ammissibile?
I fatti del processo
Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’articolo 424 del codice penale. L’accusa era quella di aver appiccato il fuoco a una bottiglia, creando un pericolo per la pubblica incolumità, in un’azione aggravata ai sensi dell’articolo 61 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di proporre ricorso per Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello su diversi fronti.
I motivi del ricorso e il tema del pericolo di incendio
Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali. In primo luogo, sosteneva una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione alla sussistenza stessa del reato. A suo dire, il fatto era da considerarsi inoffensivo: l’incendio non si era mai sviluppato, la bottiglia utilizzata aveva una scarsissima potenzialità incendiaria e mancavano elementi che potessero favorire la combustione. Il gesto, secondo la difesa, aveva una valenza puramente dimostrativa e non era idoneo a creare un concreto pericolo di incendio.
In secondo luogo, il ricorrente lamentava il mancato accoglimento della richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., ritenendo che la Corte d’Appello avesse respinto tale istanza senza un’adeguata motivazione.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo aspecifico. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorrente, in realtà, non stava denunciando un errore di diritto o un vizio logico della sentenza impugnata, ma stava chiedendo una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto, operazione preclusa al giudice di legittimità.
La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero adeguatamente motivato la loro decisione. Essi avevano stabilito che dall’appiccamento del fuoco era sorto un effettivo pericolo di incendio, il quale non si era concretizzato solo grazie al pronto intervento delle forze dell’ordine. La pericolosità della condotta era stata valutata tenendo conto del luogo e dell’orario dell’azione, elementi sufficienti a integrare il reato contestato e a mettere a rischio la pubblica incolumità.
Anche il motivo relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stato giudicato privo di specificità, poiché la sentenza d’appello aveva esplicitamente motivato la sua inapplicabilità sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p.
Richiamando consolidata giurisprudenza (tra cui Sez. 3, n. 17395/2023 e Sez. 2, n. 9106/2021), la Corte ha ribadito il suo ruolo: esaminare la correttezza giuridica e la coerenza logica del provvedimento impugnato, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare se la bottiglia fosse o meno incendiaria equivale a chiedere un nuovo giudizio sul fatto, cosa non consentita in sede di legittimità.
Le conclusioni
La decisione riafferma un principio cardine del processo penale: per la configurabilità del reato previsto dall’art. 424 c.p., non è necessario che l’incendio si verifichi, ma è sufficiente che la condotta crei un concreto pericolo che ciò avvenga. La valutazione di tale pericolo è una questione di fatto, riservata ai giudici di primo e secondo grado. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve individuare vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza, non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove. In assenza di tali vizi, il ricorso che sollecita una mera rivalutazione del merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È necessario che un incendio si sviluppi effettivamente per essere condannati per il reato di cui all’art. 424 c.p.?
No. Secondo la Corte, per la sussistenza del reato è sufficiente che dall’azione derivi un concreto pericolo di incendio, anche se questo non si sviluppa, ad esempio, per il pronto intervento delle forze dell’ordine.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘aspecifico’?
Significa che i motivi del ricorso sono generici e non si confrontano specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Un ricorso aspecifico non individua precisi errori di diritto o vizi logici, ma si limita a contestare la decisione in modo generale, e per questo viene dichiarato inammissibile.
Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti di un caso per decidere se un’azione era pericolosa o meno?
No. La Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non un ‘giudice di merito’. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove e i fatti, ma di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza precedente sia logica e non contraddittoria. La valutazione della pericolosità di un’azione è una questione di fatto riservata ai giudici dei gradi precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26970 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26970 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 07 luglio 2023 con cui la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sua condanna alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui agli artt. 61, comma 1, n. 1, 424 comma 1, cod. pen., commesso il 28/01/2020;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio dell motivazione per avere la sentenza omesso di tenere coni:o, per valutare la effettiva sussistenza del reato contestato, della inoffensività del fatto, non essendosi mai sviluppato un incendio, della scarsissima potenzialità incendiaria della bottiglia, della mancanza di elementi che favorissero la combustione e della valenza meramente dimostrativa del gesto, e per avere respinto la richiesta di assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen. senza un’adeguata motivazione;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per aspecificità, in quanto il ricorrente non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che, diversamente da quanto affermato, ha valutato in modo sufficientemente approfondito la correttezza della qualificazione del fatto come violazione dell’art. 424 cod.pen., ritenendo che dall’appiccamento del fuoco siano sorti il pericolo di incendio, non sviluppatosi solo per il pronto intervento delle forze dell’ordine, e la messa in pericolo dell’incolumità pubblica, visti il luogo e l’orario dell’azione;
ritenuto che sia privo di specificità anche il motivo relativo all’omessa assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen., avendo la sentenza motivato in modo esplicito la sua inapplicabilità in base ai criteri di cui all’art. 133 cod.pen.;
ritenuto che, di fatto, il ricorrente chieda a questa Corte una diversa valutazione dei medesimi elementi posti a base della decisione impugnata, senza che questa risulti viziata da manifesta illogicità o contraddittorietà, valutazione non consentita al giudice di legittimità, che è competente solo ad esaminare la correttezza del provvedimento impugnato e non a sostituire ad esso una propria, diversa opinione (vedi, tra le molte, Sez. 3′ n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art.
616 cod.proc.pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Ilrfresidente