Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4845 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4845  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PALERMO nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG PAOLA RAGIONE_SOCIALE
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore
AVV_NOTAIO si associa alle conclusioni del Proc. Gen.. Conclude pertanto per l’inammissibilità.
Ritenuto in fatto
E’ stata impugnata dal pubblico ministero l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 20 giugno 2023, che in accoglimento dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dal difensore COGNOME NOME, ha annullato l’ordinanza della Corte d’appello di Palermo del 16 maggio 2023, con la quale era stata ripristinata nei suoi confronti — ravvisato il concreto ed attuale peri fuga – la custodia in carcere ai sensi dell’art. 307 comma 2 lett. b) cod. proc. pen. a seg della scarcerazione per decorrenza dei termini di fase di cui all’art. 303 cod. proc. p disposta dalla medesima Corte territoriale il 15 novembre 2022 per effetto della riconosciut retrodatazione del termine custodiale di cui all’art. 297 comma 3 cod. proc. pen. .
L’imputato era stato raggiunto da ordinanza di custodia in carcere del 8 giugno 2020 per delitti di cui all’art. 416 bis cod. pen. e 75 co. 2 Decr. Lgs. n. 159 del 2011; condanna primo grado, in sede di rito abbreviato, ad anni 20 di reclusione D er tali reati, ritenuta la continuazione tra i medesimi ed altri già oggetto di giudicato; assolto in secondo grado d reato di cui all’art. 75 comma 2 cit., con rideterminazione della pena, per il deli associazione mafiosa previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis co. 6 cod. pen., anni 16 e mesi 4 di reclusione; con ordinanza in pari data la Corte di merito ha ripristinat più severa misura carceraria, poi annullata dal tribunale del riesame.
Il Tribunale, con il provvedimento impugnato, ha nella sostanza propeso per l’insussistenza del pericolo di fuga, sottolineando che l’imputato, scarcerato per decorrenza dei termini il novembre 2022, non si era dato alla macchia, ma aveva partecipato al processo d’appello, presenziando alla quasi totalità delle udienze; ha, nel frattempo, svolto un’attività lavor come manovale edile; in occasione di due precedenti condanne, si è costituito spontaneamente; quando è stato arrestato in esecuzione dell’ordinanza di ripristino della custodia inframuraria, era regolarmente a casa e, d’altro canto, la pena residua da scontare inflittagli con l’ultima condanna, è di modesta entità.
1.E’ stato articolato un solo motivo di ricorso, che, nel contestare l’impianto motivazio dell’ordinanza, si è soffermato sulla ricorrenza del pericolo di fuga, tanto in forza previsione dell’art. 274 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., quanto in virtù della presunzi assoluta di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. prevenuto è stato ripetutamente condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. e il delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, dati di fatto che di pe , sé incorporerebbero la probabilità dell’intreccio di rapporti con malavitosi di stanza all’estero; egli avrebbe fruendo di un ampio spazio di libertà dopo la scarcerazione per decorrenza dei termini, tutto tempo di pianificare la sottrazione all’esecuzione della significativa pena detentiva una vo divenuta definitiva; sarebbe dunque immanente il pericolo che costui intenda continuare a gestire il sodalizio mafioso di appartenenza anche dall’estero e che, pertanto, non sarebbe dimostrata in alcun modo la recisione del legame con il contesto associativo; anzi
t
esisterebbero diversi indici di segno opposto, come illustrato dalla sentenza di condanna d primo grado – i cui segmenti sono stati in parte riportati nell’atto d’impugnazione – in relaz al ruolo apicale da lui rivestito nel c.d. mandamento di riferimento dell’organizzazio concretizzato nel settore della gestione degli appalti edili anche attraverso l’imposizione committenti, della scelta delle ditte “aggiudicatarie”.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1.Va in primo luogo ribadito che il controllo di legittimità sui punti devoluti dal rico cassazione contro le pronunce de libertate è circoscritto all esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere posi l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’espos delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogi evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativ provvedimento (Sez. 5, n. 5719 del 2019, COGNOME, non massimata; Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME e altro, Rv. 201840). In particolare, ove si tratti di provvedimento emes in sede di appello avverso una misura ripristinatoria della custodia cautelare carceraria, di all’art. 307 comma 2 lett. b) cod. proc. pen., lo scrutinio del giudice di legittimità è limi verifica di eventuali errori di diritto e della intrinseca tenuta logica della motivazione, alcuna possibilità di sovrapporvi una diversa ricostruzione degli elementi giustificativi da enunciati.
Inoltre, come del resto rammentato dai passaggi del provvedimento impugnato, è giurisprudenza costante della Corte di Cassazione che “ai fini del ripristino, determinato da sopravvenuta condanna, della custodia cautelare nei confronti di imputato scarcerato per decorrenza dei termini, la sussistenza del pericolo di fuga non può essere ritenuta nè sull base della presunzione, ove configurabile, di sussistenza delle esigenze cautelari stabili dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ne’ per la sola gravità della pena inflitta c sehtenza, che è soltanto uno degli elementi sintomatici per la prognosi da formulare a riguardo, la quale va condotta non in astratto, e quindi in relazione a parametri di carat generale, bensì in concreto, e perciò con riferimento ad elementi e circostanze attinenti soggetto, idonei a definire, nel caso specifico, non la certezza, ma la probabilità che lo st faccia perdere le sue tracce (personalità, tendenza a delinquere e a sottrarsi ai rigori d legge, pregresso comportamento, abitudini di vita, frequentazioni, natura delle imputazioni
t
entità della pena presumibile o concretamente inflitta), senza che sia necessaria l’attualità suoi specifici comportamenti indirizzati alla fuga o a anche solo a un tentativo inizia fuga”(Sez. U n. 34537 del 11/07/2001, COGNOME, Rv. 219600; sez. 5, n. 25926 del 07/06/2010, COGNOME, Rv. 248121; sez.2, n. 2840 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254453).
Come noto, peraltro, il pericolo di fuga di cui all’art.274 comma primo, lett. b) cod. proc. (nel testo modificato dalla I. n. 47 del 2015) deve essere non più solo concreto, ma anche attuale, quantunque si sia persuasivamente precisato che tale attualità non deve essere desunta necessariamente da comportamenti materiali, che rivelino l’inizio dell’allontanamento o una condotta indispensabilmente prodromica, essendo sufficiente accertare con elevato giudizio prognostico – ancorato, oltre che alla concreta situazione di vita del soggetto, alle frequentazioni, ai precedenti penali, ai procedimenti in corso, anche a specifici elementi vi nel tempo – l’inclinazione del soggetto a sottrarsi all’esecuzione di misure cautelari e, qu un effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento, difficilmente eliminabil con tardivi interventi (Cass. sez.5, n. 7270 del 06/12/2015, Giugliano, Rv. 267135, proprio tema di ripristino della custodia cautelare in carcere a seguito di sentenza di condanna ai sens dell’art. 307 comma 2 lett. b) cod. proc. pen.; cfr. anche Cass. sez.6, n. 48103 d 27/09/2018, Roncali, Rv. 274220).
3.0rbene, l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei principi ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimità nella tematica oggetto d’interesse e con motivazione piana esauriente e razionale, ha illustrato l’insussistenza, nel “concreto” inteso anche nella accezione di prossimità, del pericolo di fuga, che costituisce il presupposto della re-immission coesistente alla sentenza di condanna (in questo caso di secondo grado), della misura coercitiva più severa , puntualmente evidenziando taluni indicatori specifici (pag.3, sintetizzate nella parte del “ritenuto in fatto”) che non consentono di corgere, nell’imputato, tendenze o modalità comportamentali orientate a sottrarsi all’esecuzione della pena detentiva comminata, anche in considerazione della spontanea sottoposizione alle condanne definitive del passato e dell’ avvenuta, tempestiva esecuzione nei suoi confronti dell’ordinanza cautelare contestuale alla sentenza del secondo giudizio di merito.
La solidità delle argomentazioni svolte dal provvedimento impugnato non è scalfita dalle obiezioni mosse con il ricorso per cassazione, che, per un verso, non colgono che la valutazione dell’esigenza cautelare del pericolo di fuga, in sede di ripristino della mi coercitiva della custodia in carcere ai sensi dell’art. 307 comma 2 lett. b) cod. proc. pe svincolata dalla “presunzione assoluta” di ricorrenza del quadro esigenziale sancita dall’art. 2 comma 3 cod. proc. pen. a riguardo degli indiziati del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pe per altro verso, oppongono rilievi – come quelli che rimarcano la veste egemonica del soggetto nella RAGIONE_SOCIALE mafiosa di pertinenza – congruamente conducenti ai fini di un giudizio di somma pericolosità sociale del prevenuto, ma di per sé non appaganti per tratteggiarne una
prognosi di latitanza, anche in assenza di puntuali emergenze sui pure genericamente evocati legami oltre confine, in vista dell’irrevocabilità della sentenza di condanna.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12/01/2024
Il Presidente