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Pericolo di fuga: quando non basta il sospetto?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un PM contro la mancata convalida di un fermo. La Corte ha stabilito che per giustificare una misura cautelare basata sul pericolo di fuga non sono sufficienti mere congetture, come il timore che l’indagata fugga dopo l’arresto dei complici, ma sono necessari elementi concreti, attuali e specifici che dimostrino una reale probabilità di allontanamento.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di fuga: quando non basta il sospetto?

La valutazione del pericolo di fuga è uno degli snodi più delicati nel procedimento penale, poiché bilancia la necessità di assicurare l’indagato alla giustizia con il suo diritto fondamentale alla libertà. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: per giustificare una misura restrittiva non sono sufficienti mere congetture o sospetti, ma occorrono elementi concreti e attuali. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i parametri che un giudice deve seguire.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine su una vasta organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Nell’ambito di questa operazione, la Procura della Repubblica disponeva il fermo di una donna, indagata per associazione a delinquere e spaccio, basando il provvedimento sul presupposto del pericolo di fuga.

Secondo l’accusa, tale pericolo era diventato concreto e attuale a seguito del fermo di due suoi presunti complici. Il timore era che la donna, venuta a conoscenza degli arresti, potesse darsi alla macchia, forte di presunte disponibilità economiche e di una rete di contatti.

Tuttavia, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) si era espresso in senso contrario, decidendo di non convalidare il fermo e rigettando la richiesta di custodia cautelare in carcere. Il GIP aveva ritenuto insussistente il pericolo di fuga, sottolineando come l’indagata fosse in possesso di un regolare permesso di soggiorno, avesse una dimora stabile e legami familiari sul territorio. Inoltre, non vi era alcuna prova che fosse a conoscenza dell’arresto dei coindagati né che stesse compiendo atti preparatori per una fuga. Di fronte a questa decisione, la Procura ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la valutazione del pericolo di fuga

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando la decisione del GIP. Gli Ermellini hanno chiarito che la valutazione del pericolo di fuga deve fondarsi su un giudizio prognostico ancorato a elementi di fatto specifici e concreti, non su supposizioni astratte.

Il ricorso dell’accusa si basava essenzialmente su un’ipotesi: l’arresto dei complici avrebbe spinto l’indagata a fuggire. La Corte ha definito questo argomento come “meramente congetturale”, evidenziando come il giudice di merito avesse, al contrario, compiuto una valutazione logica e coerente basata su dati di fatto reali.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha avallato punto per punto il ragionamento del GIP, ritenendolo esente da vizi logici o giuridici. Le motivazioni principali del rigetto si possono riassumere come segue:

1. Necessità di Elementi Concreti: Il pericolo di fuga deve essere desunto da elementi concreti che dimostrino la probabilità effettiva che l’indagato si allontani. La semplice appartenenza a un’associazione criminale o l’arresto di complici non sono, di per sé, sufficienti.
2. Valutazione della Situazione Personale: Il giudice ha correttamente considerato elementi positivi che deponevano contro l’ipotesi di fuga: la presenza di un valido titolo di soggiorno, una dimora stabile, legami familiari e un’attività lavorativa autorizzata. Questi fattori indicano un radicamento sul territorio nazionale che contrasta con l’intenzione di fuggire.
3. Assenza di Condotte Prodromiche: Al momento del fermo, l’indagata è stata trovata all’interno di una sala giochi, intenta a scommettere, un comportamento che non denota alcuna preparazione a una fuga imminente.
4. Irrilevanza del Comportamento Passato: La Corte ha ritenuto significativo il fatto che, anche dopo la cessazione di una precedente misura cautelare a suo carico, la donna non si fosse allontanata, rimanendo nel suo comune di residenza.

In sintesi, la decisione del GIP di non convalidare il fermo è stata ritenuta corretta perché basata su un’analisi completa della situazione concreta dell’indagata, contrapposta alle sole deduzioni ipotetiche della Procura.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la libertà personale può essere limitata solo in presenza di esigenze cautelari concrete, attuali e provate. Il pericolo di fuga non può essere presunto sulla base di automatismi o congetture, come l’idea che un indagato fugga non appena scopre che i suoi complici sono stati arrestati. È necessario un “quid pluris”, ovvero elementi fattuali specifici che rendano la probabilità di fuga non solo possibile in astratto, ma rilevante e imminente. La decisione insegna che una valutazione attenta e ancorata alla realtà dei fatti è l’unico argine contro applicazioni ingiustificate delle misure cautelari.

Quando si può considerare concreto il pericolo di fuga di un indagato?
Il pericolo di fuga è considerato concreto e attuale quando si basa su elementi specifici e reali, come atti preparatori alla fuga, e non su mere supposizioni. La valutazione deve considerare la situazione di vita complessiva del soggetto, i suoi legami con il territorio e il suo comportamento processuale ed extraprocessuale.

L’arresto dei complici è sufficiente a dimostrare il pericolo di fuga di un altro indagato?
No. Secondo la sentenza, l’arresto dei coindagati è un dato che, da solo, non è sufficiente a provare il pericolo di fuga. È necessario dimostrare che l’indagato sia venuto a conoscenza di tali arresti e che, a seguito di ciò, abbia posto in essere condotte finalizzate a sottrarsi alla cattura. Altrimenti, si tratta di una mera congettura.

Quali elementi deve valutare un giudice per escludere il pericolo di fuga?
Il giudice deve considerare tutti gli elementi che indicano un radicamento dell’indagato sul territorio, come la presenza di un permesso di soggiorno valido, una stabile dimora, legami familiari, un’attività lavorativa, e l’assenza di precedenti comportamenti volti a sottrarsi alla giustizia. Questi fattori, se presenti, possono controbilanciare l’ipotesi di un allontanamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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