Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20785 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20785 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI PRATO nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/01/2024 del GIP TRIBUNALE di PRATO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GIP presso il Tribunale di Prato non ha convalidato il fermo di indiziato di delitto eseguito nei confronti di NOME – indagata per i reati previsti dagli artt. 74, commi 1-3 e 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 (capo 1) e 110, 73, comma 1 dello stessi d.P.R. (capi 2, 3, e 4) – contestualmente rigettando la richiesta d applicazione della misura cautelare della custodia in carcere e dichiarando la propria incompetenza funzionale e territoriale nei confronti del Tribunale di Firenze.
Il giudice procedente ha premesso la valutazione in ordine alla propria competenza a pronunciarsi sulla richiesta del p.m. di convalida del fermo, essendo lo stesso stato eseguito nel territorio di Prato; ha quindi osservato che il procedimento traeva origine da una vicenda processuale già pendente di fronte al Tribunale di Roma, nell’ambito della quale la NOME era stata sottoposta a misura cautelare personale (con ordinanza confermata dal Tribunale del riesame) e che era stato definito con sentenza dichiarativa di incompetenza per territorio in favore del Tribunale distrettuale di Firenze, ritenendosi che il delitto associativo fosse stato consumato in Prato.
Il giudice procedente, in punto di gravi indizi di colpevolezza, ha quindi integralmente richiamato quanto esposto nell’originaria ordinanza genetica del 19/01/2023; nel cui ambito era stato dato atto dell’esistenza di una vasta organizzazione criminale – composta da cittadini cinesi – finalizzata al traffico di stupefacenti del tipo metanfetamine e ketamina, operante nel territorio nazionale attraverso due articolazioni territoriali, tra cui quella Prato, nel cui ambito la NOME (sulla base di elementi di indagine rappresentati dagli esiti delle intercettazioni telefoniche) si sarebbe occupata delle cessioni al dettaglio delle sostanze su direttiva degli altri indagati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Sempre nel richiamo integrale al contenuto dell’ordinanza genetica, il giudice procedente ha riportato gli elementi – pure essenzialmente costituiti dagli esiti delle intercettazioni telefoniche – posti a fondamento delle contestazioni di cui ai capi 2, 3 e 4 dell’incolpazione.
Ha quindi ritenuto che non sussistessero le condizioni per la convalida del fermo per difetto del necessario presupposto rappresentato dal pericolo di fuga; ha esposto che, sulla base della richiesta del p.m., il pericolo di fug era stato dedotto dall’intervenuto fermo dei due predetti associati COGNOME e COGNOME; ha peraltro ritenuto che il dato della contiguità tra gli associati non era idoneo a dedurre la sussistenza del pericolo di fuga
anche per l’odierna indagata, non sussistendo neanche elementi da cui dedurre che la NOME fosse a conoscenza dell’esecuzione delle relative misure precautelari nei confronti dei coindagati; mentre ha ritenuto di nessun rilievo il fatto che la stessa fosse gravata da precedenti di polizia e da due condanne definitive per reati contravvenzionali; sottolineando come l’indagata, munita di regolare permesso di soggiorno, fosse stabilmente legata al contesto territoriale di riferimento.
In ordine alla richiesta del p.m. di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, il giudice procedente ha ritenuto non sussistente l’esigenza prevista dall’art.274, lett.c), cod.proc.pen., alla luce del intervenuta disgregazione dell’associazione e della distanza temporale rispetto alla consumazione dei reati fine, difettando quindi il requisito della concreta attualizzazione del pericolo di recidiva, richiamando quanto sopra esposto in ordine all’esigenza prevista dall’art.274, lett.b), cod.proc.pen..
Il giudice procedente, infine, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio nei confronti del Tribunale distrettuale di Firenze, disponendo la trasmissione degli atti al p.m. per l’ulteriore trasmissione degli stessi all Procura della Repubblica di Firenze, in relazione al disposto dell’art.51, comma 3bis, cod.proc.pen..
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato, articolando un unitario motivo di impugnazione nel quale ha dedotto la violazione dell’art.274, lett.b), cod.proc.pen., in punto di valutazione del pericolo di fuga.
Ha dedotto che lo sviluppo argomentativo seguito dal giudice procedente non appariva logico e consequenziale essendo ispirato a parametri valutativi di consistenza solo formalistica; ha dedotto che la concretezza e attualità del pericolo di fuga non comportava necessariamente l’esistenza di condotte prodrorniche rispetto all’allontanamento essendo sufficiente accertare l’esistenza di un effettivo e ragionevolmente prossimo pericolo.
Ha dedotto che, alla luce della concludenza del quadro indiziario, avrebbe dovuto ritenersi sussistente il concreto pericolo di allontanamento dal territorio nazionale; potendosi desumere che l’indagata, dimorando nelle immediate vicinanze dei coindagati NOME e NOME e in ragione dei pregressi rapporti associativi, potesse venire a conoscenza con facilità dei fermi eseguiti nei loro confronti per porre poi in essere condotte finalizzate a sottrarsi alla cattura; dovendosi ritenere che la stessa indagata fosse nella disponibilità di mezzi economici tali da consentirle l’allontanamento dal territorio nazionale.
Ha dedotto, in confutazione delle argomentazioni del GIP, che non poteva escludersi il pericolo di fuga sulla base della sola permanenza regolare nel territorio nazionale, che non vi era certezza in ordine all’effettiva sussistenza di un’occupazione lavorativa stabile e che i legami familiari non erano idonei a fondare un prognosi di tipo negativo nel senso predetto; ha altresì ritenuto non sintomatico il dato che l’indagata non si fosse allontanata dal territorio nazionale dopo la precedente rimessione in libertà per effetto di cessazione dell’efficacia della misura cautelare già disposta nei suoi confronti, trattandosi di elemento del tutto neutro e ininfluente.
Il Procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente osservato che, in tema di impugnazioni, sussiste l’interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di convalida del fermo di indiziato di delitto, in ragione del principio generale per cui è sempre necessaria la verifica di legittimità dell’arresto e del fermo (Sez. 1, n. 37634 del 23/03/2023, Uzdienov Rv. 285283); dovendosi peraltro osservare – in relazione alle conclusioni spiegate dal p.m. procedente, che ha chiesto l’annullamento con rinvio al fine di deliberare nuovamente sulla richiesta di convalida – che, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso l’ordinanza di diniego della convalida del fermo, l’annullamento deve essere disposto senza rinvio, in quanto il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla verifica della correttezza dell’operato del p.m. in sede di emissione del decreto, mentre l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute giuridiche (Sez. 6, n. 24679 del 11/07/2006, COGNOME, Rv. 235136; Sez. 1, n. 36236 del 20/09/2007, COGNOME, Rv. 237687; Sez. 3, n. 14971 del 10/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284323).
Nel merito, l’unitario motivo di ricorso – attinente alla corretta valutazione, da parte del giudice procedente, del necessario presupposto del pericolo di fuga – non è fondato.
Sul punto va premesso che, in tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione ex ante, dovendosi desumere da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga. (Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, Grosso, Rv. 268511); mentre l’apprezzamento del pericolo medesimo – in quanto valutazione prognostica, “discrezionalmente vincolata” a specifici e concreti elementi di fatto, in ordine alla rilevante plausibilità che l’indagato se lasciato in libertà, si sottragga alla pretesa di giustizia – è insindacabi in sede di legittimità, ove si caratterizzi per uno sviluppo argomentativo logico e consequenziale quanto al significato da attribuire, secondo canoni di ragionevolezza, alle emergenze procedimentali (Sez. 2, n. 33531 del 16/06/2021, Ferrara, Rv. 281861; Sez. 2, n. 2935 del 15/12/2021, dep. 2022, Sylla, Rv. 282592).
In ordine al presupposto rappresentato dal pericolo di fuga va altresì ritenuto – in richiamo della giurisprudenza elaborata in ordine all’esigenza cautelare prevista dall’art.274, lett.b), cod.proc.pen. – che l’attualit concretezza del pericolo medesimo deve essere accertata apprezzando tutti gli elementi utili risultanti dagli atti, quali il comportamento processuale ed extraprocessuale, i precedenti penali, le modalità del fatto e l’entità della pena, dai quali desumere la volontà e capacità dell’indagato di sottrarsi all’esecuzione della misura e tanto senza che sia consentito il ricorso a formule astratte e non corrispondenti alla situazione contingente e concreta (Sez. 3, n. 18496 del 11/01/2017, F., Rv. 269630); con giudizio prognostico verificabile, perché ancorato alla concreta situazione di vita del soggetto, alle sue frequentazioni, ai precedenti penali, alle pendenze giudiziarie e, più in generale, a specifici elementi vicini nel tempo (Sez. 6, n. 16864 del 07/03/2018, COGNOME, Rv. 273011; Sez. 6, n. 48103 del 27/09/2018, Roncali, Rv. 274220).
Nel caso di specie, va quindi rilevato che il giudice procedente ha motivato la desunta insussistenza di un pericolo attuale e concreto di fuga sulla base di una serie di elementi sintomatici.
In particolare, il giudice ha ritenuto – fermo restando che non sussisteva riscontro in ordine alla conoscenza, in capo alla fermata, dell’esecuzione di analoghi provvedimenti nei confronti dei coindagati – che il pericolo potesse ritenersi escluso sulla base: a) della sussistenza di un valido titol amministrativo legittimante la permanenza dell’indagata in Italia; b) della presenza di solidi legami con il territorio nazionale, derivanti dalla situazione
familiare e dalla presenza di una stabile dimora; c) del riscontro, al momento dell’esecuzione del fermo, di un atteggiamento non denotante alcuna condotta prodromica all’organizzazione della fuga (essendo l’indagata stata rinvenuta all’interno di una sala giochi mentre era intenta a scommettere d’azzardo): d) del fatto che, dopo la cessazione di efficacia della misura cautelare degli arresti domiciliari già disposta nei suoi confronti nell’ambito del medesimo procedimento, e intervenuta cinque giorni addietro, l’indagata si trovava ancora all’interno del territorio nazionale e nel proprio Comune di residenza; e) del fatto che, durante l’esecuzione della predetta misura, l’indagata era stata autorizzata ad allontanarsi durante la giornata per svolgere attività lavorativa senza mai avere denotato alcun comportamento finalizzato a sottrarsi alla misura stessa.
Si tratta di argomentazioni che appaiono intrinsecamente coerenti e facenti corretta applicazione dei principi prima riassunti in punto di valutazione della concretezza e attualità del pericolo di fuga.
A fronte delle quali le deduzioni del p.m. ricorrente sono essenzialmente fondate sul solo dato riguardante gli stretti rapporti con i coindagati NOME e NOME e sul fatto che, una volta venuta a conoscenza dei fermi disposti nei confronti di questi ultimi, la NOME avrebbe potuto essere indotta ad allontanarsi dal territorio nazionale, sulla scorta della sussistenza di idonei mezzi materiali tali da consentirle di organizzare e attuare la fuga.
Si tratta, peraltro, di argomenti che appaiono meramente congetturali e che comunque non sono tali da poter indurre a formulare un giudizio di intrinseca illogicità con riguardo alle argomentazioni spese dal giudice procedente.
6. Il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 16 maggio 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente