Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33156 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33156 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VENEZIA nel procedimento a carico di: NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 28/12/1987 NOME (CUI CODICE_FISCALE nato il 22/12/1982
avverso l’ordinanza del 30/05/2025 del GIP TRIBUNALE di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Il G.I.P. del Tribunale di Venezia, con ordinanza in data 30 maggio 2025, non convalidava il fermo di indiziato di delitto disposto nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambi gravemente indiziati dei delitti di concorso in rapina e lesioni personali pluriaggravate.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle condizioni per eseguire la misura precautelare del fermo stante che, il giudice delle indagini preliminari, non aveva tenuto conto delle circostanze raffigurate dalla polizia giudiziaria e consistenti nello stato di irregolari dei due indagati immigrati clandestini, nella fuga degli stessi dal luogo di consumazione dei fatti, nei gravi precedenti penali a carico di entrambi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve preliminarmente darsi atto che il procedimento viene trattato con le forme dell’art. 611 cod. proc. pen. senza partecipazione delle parti ai sensi della disciplina dettata dal primo comma del citato articolo; ed invero, l’art. 391 comma 4 cod. proc. pen., che prevede espressamente la ricorribilità per cassazione delle ordinanze in tema di convalida del fermo, non richiama la disciplina contenuta nell’art. 127 cod. proc. pen. così che , trattandosi di impugnazione di ordinanza emessa all’esito di camera di consiglio, la forma della trattazione in cassazione è proprio quella del rito non partecipato.
2. Ciò posto il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Ed invero va innanzi tutto premesso che con l’atto di impugnazione il pubblico ministero ha contestato la valutazione espressa dal G.i.p . circa l’assenza del pericolo di fuga dei due indagati così attenendosi ai limiti dell’impugnazione prevista dall’art. 391 comma 4, cod. proc. pen. secondo il quale contro l’ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero o il fermato possono proporre ricorso per cassazione.
In ordine al merito dell’impugnazione ex art. 391 comma 4 cod. proc. pen. va ricordato come, secondo l’interpretazione giurisprudenziale della Corte di legittimità, in tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga (Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 268511 – 01); e si è anche affermato come il “pericolo di fuga” atto a giustificare il fermo dell’indiziato di un delitto non può dirsi superato in conseguenza della sopravvenuta effettività della fuga, e sussiste anche quando l’indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia (Sez. 2, n. 48367 del 20/10/2011, P.m. in proc. cerreto, Rv. 252048 – 01).
Sotto altro profilo, nondimeno, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, non può neppure pretendersi che l’indagato abbia già attuato, o cominciato ad attuare, la fuga, perché ciò priverebbe di significato la misura precautelare, essendo invece sufficiente la ragionevole probabilità che il medesimo, ove non si intervenisse, farebbe perdere le sue tracce e ciò perché gli specifici elementi dai quali assumere il pericolo di fuga non devono essere tali da poter fornire la prova
diretta del progetto di fuga; infatti, essendo la fuga un avvenimento futuro ed incerto, la probabilità del suo verificarsi può essere desunta da elementi indiziari.
2.1 Da quanto precede si evince che, l’apprezzamento del requisito del pericolo di fuga, affinché possa legittimamente disporsi il fermo di indiziato di delitto ai sensi dell’art. 384 cod. proc. pen., rappresenta il portato di una valutazione “discrezionalmente vincolata”, rimessa dapprima agli organi inquirenti e quindi al G.i.p., avente ad oggetto un giudizio prognostico circa la rilevante plausibilità, ancorata a specifici e concreti (ossia obiettivi, consistenti e non meramente congetturali) elementi di fatto, che l’indagato, se lasciato in libertà, possa sottrarsi alle proprie responsabilità, rendendo conseguentemente infruttuosa la pretesa di affermazione, nei suoi confronti, della giustizia.
2.2 Orbene, nel caso in esame, risulta che i due indagati si erano dati alla fuga dopo l’aggressione in danno della vittima ed, altresì, che i medesimi sono stranieri già espulsi e rientrati da irregolari nel territorio italiano, che hanno fatto uso di vari alias per sfuggire all’identificazione, gravati da plurimi precedenti penali per gravi fatti di reato.
Risulta pertanto che il pericolo di fuga al momento del fermo dei due indagati emergeva da plurime circostanze di fatto travisate dal giudice delle indagini preliminari di Venezia che legittimamente facevano ritenere alla polizia giudiziaria operante la possibile, se non addirittura probabile fuga degli indiziati di delitto; invero l’allontanamento dal luogo di consumazione del delitto, e la precedente espulsione dal territorio italiano ed il successivo ingresso da irregolari, l’utilizzo di alias e le precedenti condanne per fatti di reato anche gravi, sono tutti elementi che inducevano al momento dell’operato fermo legittima la valutazione effettuata dalle forze di Polizia, poi varata dallo stesso pubblico ministero con la richiesta di convalida successivamente inoltrata al giudice per le indagini preliminari.
2.3 Ne consegue l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la dichiarazione di legittimità del fermo disposto dalla P.G.; invero va al proposito ricordato che l’annullamento, su ricorso del pubblico ministero, dell’ordinanza di non convalida dell’arresto deve essere disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato alla sola definizione della correttezza dell’operato della polizia giudiziaria, sicché l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di concreti effetti giuridici (Sez. 3, n. 14971 del 10/11/2022, dep. 2023, Rv. 284323 -01; Sez. 6, n. 13436 del 23/02/2016, Rv. 266734 -01; Sez. 2, n. 21389 del 11/03/2015, Rv. 264026 – 01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché i fermi sono stati legittimamente eseguiti.
Roma, 26 settembre 2025
IL CONSIGLIERE EST.
NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME