Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12365 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TRIESTE nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria inviata in forma scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d. ottobre 2020, n. 137, e succ. mod., con la quale il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12 giugno 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste respingeva la richiesta di applicazione di misura cautelare avanzata dal P.M. procedente nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 12, commi 1, 3, lett. a) e d), e 3 -ter, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998, per avere, in concorso con ignoti, compiuto attività diretta a favorire l’ingresso illegale in Italia di sei clandestini: in forza di accordo precedent rispetto all’attraversamento di confine, li trasportava in Italia a bordo del veicol Ford EDGE targato TARGA_VEICOLO TARGA_VEICOLO, di sua proprietà e da lui condotto (accertato in Trieste il 10 giugno 2023).
Ravvisata la gravità indiziaria, il Giudice della misura escludeva la sussistenza del rischio di recidiva e del pericolo di fuga.
Quanto al primo, osservava come l’episodio presentasse carattere del tutto occasionale, essendo stato realizzato senza particolare professionalità e in modo incosciente, come rivelava l’ingenua utilizzazione della propria autovettura.
Quanto al secondo, il GRAGIONE_SOCIALEiRAGIONE_SOCIALEp. rimarcava l’assenza di alcuna volontà di sottrarsi al processo, tenuto conto anche delle convenzioni esistenti con il Paese d’origine dell’indagato in materia di estradizione.
Avverso l’ordinanza reiettiva proponeva appello il P.M., ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., contestando il mancato riconoscimento dei due pericula libertatis e l’assenza di motivazione, quanto al rischio di recidiva, in relazione alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Trieste rigettava l’appello.
In sintonia con il primo giudice, il Collegio de libertate giudicava non pertinente il richiamo, operato dal P.M. appellante, a due sentenze emesse da questa Corte di legittimità in caso analogo (si tratta, precisamente, di Sez. 1, n. 20780 del 13/04/2022, P.M. in proc. Drobnjak, non mass., e Sez. 5, n. 7229 del 11/01/2023, P.M. in proc. Drobnjak, non mass.), in quanto aventi ad oggetto una situazione caratterizzata da profili fattuali sensibilmente diversi da quell apprezzabili con riguardo all’NOME.
Escludeva, quindi, il pericolo di fuga sia per il comportamento processuale collaborativo dell’indagato (che, davanti al G.i.p., aveva ammesso circostanze non provate, come la ricezione del compenso, e si era dichiarato pentito), sia perché egli si era spontaneamente presentato all’udienza dell’appello cautelare, rendendo dichiarazioni e producendo valida documentazione attestante la sua residenza in Belgio con la famiglia.
Il Tribunale di Trieste escludeva, inoltre, la sussistenza del rischio di recidiva per la modesta caratura criminale dell’indagato – utilizzato con ruolo di secondo piano, del tutto fungibile, come “trasportatore finale” del carico – e l’estemporaneità dell’episodio, rivelata dalla totale mancanza di professionalità del protagonista, che aveva utilizzato l’autovettura di sua proprietà per il trasporto dei migranti.
In assenza di elementi atti a dimostrare che l’COGNOME potesse ricoprire ruoli diversi e di maggiore importanza nell’attività illecita ascrittagli, apprezzata l sincerità del suo pentimento, il giudice a quo ribadiva, in sintonia con il G.i.p., l’insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen
Ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, denunciando l’errata applicazione degli artt. 274, lett. b), 275, comma 3, cod. proc. pen.
Nell’atto d’impugnazione, il P.M. ricorrente incorpora, pressoché integralmente, il testo delle due pronunce di questa Corte prima menzionate, dalle quali evince il principio per cui “il fatto che uno straniero extracomunitario (non ‘colpibile’ da un MAE) semplicemente se ne vada, per la Cassazione è sufficiente ad integrare il pericolo di fuga…”.
Il ricorrente contesta, poi, al Tribunale del riesame di non aver tenuto conto della presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il AVV_NOTAIO generale di questa Corte, nella sua requisitoria, fatta pervenire in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e succ. mod., ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Occorre premettere che il pericolo di fuga, previsto, fra le esigenze cautelari, dall’art. 274, lett. b), cod. proc. pen., non può essere desunto esclusivamente da una mera presunzione, qual è la condizione di straniero dell’indagato (Sez. 1, n. 31765 del 10/09/2020, COGNOME, Rv. 279893, in motivazione; Sez. 6, n. 1990 del 27/05/1999, Borusz, Rv. 214115), ma deve essere ancorato a concreti elementi dai quali sia logicamente possibile dedurre, attraverso la valutazione di un’attività positiva del soggetto, in termini di attualità, la reale effettiva preparazione della fuga.
Questa Corte ha precisato che la volontà e capacità dell’indagato di darsi alla fuga può essere desunta da indicatori quali il comportamento processuale ed extraprocessuale dell’indagato, i precedenti penali, le modalità del fatto e l’entità della pena (Sez. 6, n. 16864 del 07/03/2018, COGNOME e altri, Rv. 273011); più
concretamente, è stato annoverato fra gli indicatori sintomatici del pericolo de quo il possesso di un falso documento d’identità, valido ai fini dell’espatrio (Sez. 3, n. 23319 del 09/02/2016, Daci, Rv. 267061: in motivazione, la Corte ha precisato che mentre il possesso di documenti falsi, validi ai fini dell’espatrio, costituisce circostanza utilmente valutabile ai fini del pericolo di fuga, non lo è il mero possesso di un passaporto valido non accompagnato da ulteriori circostanze sintomatiche di un effettivo e reale intento di sottrarsi alla misura).
3. Ritiene il Collegio che il Tribunale del riesame di Trieste, al fine di escludere il pericolo di fuga nel caso di specie, abbia fatto corretta applicazione dei principi ora enunciati, valorizzando, in modo non manifestamente illogico, alcuni significativi indicatori, quali: a) il comportamento processuale collaborativo tenuto dall’indagato, concretatosi nell’ammissione, davanti al G.i.p., di circostanze non provate, come, ad esempio, la ricezione del compenso per l’attività illecita svolta, e in una dichiarazione di pentimento; b) la sua spontanea presentazione davanti al Tribunale del riesame – dove si recava, appositamente, partendo dal Belgio – all’udienza di trattazione dell’appello cautelare; c) la produzione di regolare documentazione attestante la sua stabile residenza in Belgio con la famiglia, circostanza, quest’ultima, che avrebbe reso praticabile nei suoi confronti l’emissione di Mandato d’Arresto Europeo.
Il P.M. ricorrente insiste nel richiamare due precedenti di questa Corte, afferenti a un caso analogo, ma non sovrapponibile, di un indagato dello stesso reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina contestato a COGNOME, per affermare l’evincibilità di un principio per cui il pericolo di fuga sussisterebb sempre e comunque nei confronti di uno “straniero extracomunitario (non ‘colpibile’ da un MAE)”, che “semplicemente se ne vada”.
In realtà, le due sentenze di annullamento con rinvio menzionate, oltre a operare, in via preliminare, una ricognizione giurisprudenziale sulla integrabilità del pericolo di fuga, con particolare riferimento alla condizione di straniero, hanno, nell’un caso e nell’altro, rilevato, non tanto, violazioni di legge, quanto vizi motivazione inficianti le due ordinanze impugnate, sotto il profilo della carenza (da colmare) e della manifesta illogicità (da emendare), rispetto a due affermazioni: l’una, contenuta nella prima delle ordinanze annullate, che «…pretende di assimilare la situazione dello straniero radicato sul territorio italiano con quella qui rilevante, del soggetto di altra nazionalità che giunga sul territorio dello Stato al solo fine di portare a compimento la condotta illecita, senza alcun tipo di collegamento…»; l’altra, contenuta nella seconda ordinanza annullata, «…che esclude collegamenti con le organizzazioni che svolgono il traffico di clandestini facendo leva sul carattere occasionale della condotta, contraddittoriamente
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affermato nell’ordinanza impugnata» (nell’evidenziare il carattere reiterato della condotta delittuosa oggetto d’indagine).
Così come correttamente messo in rilievo dal Tribunale del riesame di Trieste nel provvedimento oggi impugnato, le positive caratteristiche suscettibili di rendere peculiare il caso di COGNOME, poc’anzi riepilogate, non sono rinvenibili per come ricostruito nelle due sentenze di legittimità citate – nel caso dell’indagato COGNOME, il quale, a differenza del primo (residente in Belgio, aderente all’Unione Europea), è cittadino serbo, dunque di un Paese per il quale il processo di adesione all’Unione Europea è tuttora in corso e nei confronti del quale, di conseguenza, non opererebbe il Mandato di Arresto Europeo nel caso di rientro in Patria dopo la commissione del delitto in territorio italiano; inoltre, dalle du pronunce in questione, si evince il carattere reiterato della condotta illecita posta in essere dal COGNOME, arrestato in Italia dopo essere stato fermato, il giorno prima, alla frontiera tra la Serbia e la Croazia, mentre svolgeva la medesima attività di trasporto di migranti; ciò che consente di distinguere, da quella illustrata, la posizione dell’NOME, la cui condotta illecita il Tribunale del riesame ha, con motivazione congrua, definito occasionale e attualmente non reiterabile.
Concludendo sul punto, deve ritenersi infondato il motivo di ricorso inerente al pericolo di fuga, escluso dal giudice di merito, nella situazione in esame, con motivazione che non presta il fianco a critiche.
Parimenti infondata è la censura con la quale il P.M. ricorrente stigmatizza la mancata applicazione del combinato disposto degli artt. 275, comma 3, e 51, comma 3 -bis, cod. proc. pen.
Va, in primo luogo, precisato che le norme di riferimento non sono quelle richiamate dal ricorrente, posto che all’NOME non risulta contestato il reato di associazione per delinquere finalizzato “allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui all’articolo 12, commi 1, 3 e 3 -ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286” (così recita, nella part d’interesse, l’art. 51, comma 3 -bis, richiamato dall’art. 275, comma 3, terzo periodo, cod. proc. pen.), ma il reato di cui al citato art. 12, commi 1, 3 e 3 -ter.
La norma di riferimento, quindi, è il comma 4 -bis dell’art. 12 d.lgs. n. 286 del 1998, a tenore del quale: “Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è sempre disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari” (comma, tra l’altro, dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non fa salva anche l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti ch le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure: cfr. C. Cost. 16 dicembre 2011, n. 331).
Tanto precisato, va esclusa, nel caso di specie, alcuna violazione delle norme d’interesse.
Il Tribunale del riesame, così come per l’esclusione del pericolo di fuga, ha altrettanto correttamente valorizzato elementi capaci di escludere, in modo non manifestamente illogico, anche il pericolo di recidiva.
Sul punto, si richiama quanto riportato nella superiore esposizione in fatto, qui da intendersi trascritto.
Il ricorso oppone al non incongruo costrutto argomentativo del giudice di merito censure meramente confutative e aspecifiche, dunque non ammissibili nella presente sede di legittimità.
In definitiva, il ricorso va rigettato, senza addebito di spese processuali a carico del ricorrente, in quanto Parte pubblica (Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, Rv. 271650).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente