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Pericolo di fuga: custodia in carcere necessaria

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza che applicava il divieto di dimora a un cittadino straniero accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Corte sottolinea che, in presenza di un concreto pericolo di fuga e di una presunzione di legge, la custodia cautelare in carcere è l’unica misura idonea, essendo illogico e inefficace applicare misure non detentive a chi non ha alcun radicamento sul territorio nazionale.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Fuga: La Cassazione Sceglie la Custodia in Carcere per lo Straniero senza Radicamento

La gestione delle misure cautelari per reati gravi, come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, pone complessi interrogativi sulla scelta della misura più adeguata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 1305/2024) fa luce su un aspetto cruciale: la valutazione del pericolo di fuga per un indagato straniero, privo di qualsiasi legame con il territorio italiano. La Corte ha stabilito che, in tali circostanze, misure non detentive come il divieto di dimora sono illogiche e inefficaci, rendendo la custodia cautelare in carcere l’unica opzione percorribile.

I Fatti del Caso

Un cittadino albanese veniva arrestato con l’accusa di aver favorito l’ingresso illegale di immigrati in Italia, agendo come trasportatore finale. Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) applicava nei suoi confronti la misura del divieto di dimora nella Regione Friuli-Venezia Giulia. Il Pubblico Ministero, ritenendo la misura inadeguata, proponeva appello al Tribunale del Riesame chiedendo la custodia cautelare in carcere.

Il Tribunale confermava il divieto di dimora, sostenendo che il pericolo di fuga non fosse così elevato. Tra le motivazioni, il fatto che l’indagato risiedesse in Francia (paese in cui è attivabile il Mandato di Arresto Europeo), fosse incensurato e avesse collaborato al momento del controllo. Inoltre, il rischio di reiterazione del reato veniva giudicato “non intensissimo” e contenibile con l’allontanamento dell’indagato dalla “rotta balcanica”.

Il Pubblico Ministero ricorreva in Cassazione, contestando la decisione su tre fronti: la violazione della presunzione di adeguatezza della custodia in carcere prevista dalla legge per questo tipo di reato, l’illogicità della motivazione sul pericolo di fuga e l’inadeguatezza della misura rispetto al rischio di reiterazione.

La Valutazione del Pericolo di Fuga e la Presunzione di Legge

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, smontando pezzo per pezzo la motivazione del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della decisione risiede nell’errata applicazione dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una presunzione relativa: per reati di particolare gravità (tra cui il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato), si presume che solo la custodia in carcere sia adeguata a soddisfare le esigenze cautelari.

Il giudice può discostarsi da questa presunzione solo se acquisisce elementi specifici che dimostrino l’insussistenza delle esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con misure meno afflittive. Il Tribunale, invece, aveva seguito il percorso logico inverso, partendo dal principio generale della minor compressione della libertà personale, disapplicando di fatto la presunzione normativa.

Incompatibilità tra Pericolo di Fuga e Misure non Detentive

La Corte ha evidenziato una palese contraddizione logica nella decisione impugnata. Riconoscere l’esistenza di un pericolo di fuga per un soggetto senza alcun radicamento in Italia è intrinsecamente incompatibile con l’applicazione di una misura non custodiale come il divieto di dimora. Tale misura, infatti, lascia l’indagato completamente libero di varcare i confini nazionali, sottraendosi così al processo e rendendo vana la pretesa di giustizia dello Stato.

L’argomento della possibile attivazione del Mandato di Arresto Europeo in Francia è stato giudicato meramente congetturale, dato che la stessa residenza dell’indagato in quel Paese era stata dichiarata come irregolare e non verificata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione del pericolo di fuga non può basarsi sull’assenza di prove di preparativi di fuga, specialmente quando la presenza dell’indagato in Italia è temporanea e funzionale unicamente alla commissione del reato. In questi casi, la fuga non richiede preparativi, ma consiste semplicemente nel non tornare. Affermare che il divieto di dimora possa contenere questo rischio è illogico, perché non impedisce in alcun modo all’indagato di allontanarsi definitivamente dal territorio nazionale.

Inoltre, la Corte ha censurato anche la valutazione sul pericolo di reiterazione. Il divieto di dimora in Friuli-Venezia Giulia non impedisce all’indagato di operare per la stessa organizzazione criminale in altre tratte o con ruoli diversi. La motivazione del Tribunale, secondo cui non vi erano elementi per ritenere che potesse ricoprire ruoli più importanti, è stata ritenuta illogica, poiché per reiterare il reato è sufficiente un qualsiasi ruolo, anche parzialmente diverso.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un orientamento giurisprudenziale chiaro: di fronte a un indagato straniero, privo di legami stabili con l’Italia e accusato di reati gravi per i quali la legge prevede una presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, il giudice deve motivare in modo particolarmente rigoroso un’eventuale deroga a tale presunzione. L’esistenza di un concreto pericolo di fuga rende le misure non detentive palesemente inadeguate e illogiche. La decisione è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale di Trieste per un nuovo esame che dovrà tenere conto dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

Quando la presenza di uno straniero in Italia configura un concreto pericolo di fuga?
Quando la persona è priva di qualsiasi radicamento nel territorio dello Stato (lavoro, famiglia, domicilio stabile) e la sua presenza è temporanea e funzionale esclusivamente alla commissione di un reato. In questi casi, la possibilità di allontanarsi definitivamente è considerata un rischio concreto.

È efficace il divieto di dimora per contrastare il pericolo di fuga?
No. Secondo la Corte di Cassazione, applicare una misura non custodiale come il divieto di dimora è logicamente incompatibile con l’esistenza di un pericolo di fuga. Tale misura non impedisce all’indagato di lasciare il territorio nazionale, vanificando la pretesa di giustizia dello Stato.

Per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, qual è la misura cautelare presunta dalla legge?
Per questo reato, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce una presunzione relativa di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere. Il giudice può applicare una misura meno grave solo se esistono elementi specifici che dimostrino che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte diversamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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