Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7230 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7230 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME SE:COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità d I ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Milano, quale giudice dell’appello cautelare, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 15/09/2023, che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti donniciliari avanzata dal difensore di NOME, applicata in quanto indagato del reato previsto dagli artt. 589 bis, commi 1 e 3, e 589 ter cod. pen. perch, con colpa consistita nella violazione degli artt.141 e 142 d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 7 aveva cagionato la morte di NOME COGNOME; in particolare, alla guida del veicolo Range Rover con targa inglese, a Limbiat, in data 8/07/2023, all’intersezione tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, percorrendo a velocità superiore al limite di 50 km/h previsto in quel tratto di strada la rotatoria senza rallentare, aveva perso il controllo del veicolo, che si era cappottato rotolando per tre volte fino a fermarsi a circa 70 metri dalla rotonda e prendendo fuoco, così cagionando la morte di NOME COGNOME che sedeva sul sedile anteriore lato passeggero; con l’aggravante di aver cagionato la morte di una persona e lesioni a un’altra e di essersi dato alla fuga.
2. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza impugnata, con unico, articolato motivo, per violazione di legge processuale e manifesta illogicità della motivazione. Secondo la difesa, il ragionamento del Tribunale viola la legge ed è manifestamente illogico in quanto il rigetto dell’istanza è fondato sul pericolo di fuga correlato alla situazione di cittadino straniero stabilmente residente in altro Paese con la famiglia, privo di qualsiasi legame con il nostro territorio e intenzionato ad allontanarsi dall’Italia, come indicato nella stessa istanza ex art. 299 cod. proc. pen., oltre che al fatto che l’imputato ha negato gli addebiti, così mostrando di non aver compreso la gravità del suo comportamento. La valutazione concernente il pericolo di fuga deve fondarsi, si assume, su elementi che evidenzino la concretezza del pericolo, ossia su elementi indicativi della volontà dell’indagato di sottrarsi alla giustizia, per cu esso non può ricavarsi dal mero dato di fatto che l’indagato abbia la residenza all’estero in assenza di altri elementi dai quali sia possibile dedurre, attraverso la valutazione di un’attività positiva del soggetto, la reale ed effettiva preparazione della fuga. Il ragionamento secondo il quale ulteriore motivo sarebbe la condotta tenuta dopo i fatti dall’indagato violerebbe i principi dettati dall’art.274 cod. proc. pen. perché, in sede di convalida del fermo, il ricorrente non ha negato la sua responsabilità nella causazione dell’incidente, limitandosi a spiegare le ragioni per le quali non era stato trovato sul luogo del fatto. Il vizio di illogici
manifesta della motivazione si rinviene nel fatto che l’ordinanza impugnata, affermando che l’imputato «non ha maturato una reale resipiscenza», non trova conforto nel materiale probatorio.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Giova premettere che è sottratto alla valutazione della Corte di legittimità il nuovo esame degli elementi di fatto sui quali i giudici di merito hanno fondato il giudizio inerente ai presupposti per l’adozione di una misura cautelare, posto che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari è ammesso per denunciare la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche per proporre censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito, tanto con riguardo al presupposto della gravità indiziaria quanto con riguardo alle esigenze cautelari (Sez.4, n.31283 del 14/07/2015, Viale, n.m.).
Ulteriore premessa è che la critica argomentata che deve connotare il ricorso per cassazione si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 5)1 cod.proc.pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso si confronta solo in parte con la motivazione del provvedimento impugnato, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Con riguardo, poi, al vizio di manifesta illogicità della motivazione, tale vizio deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ittu ()culi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 22607401; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 21479401).
Sulla base di tali premesse, non si può, dunque, condividere, nel caso concreto, la prospettazione difensiva.
Per quanto concerne la motivazione posta a sostegno del pericolo di fuga, il ricorso si confronta solo parzialmente con il provvedimento impugnato.
5.1. Il giudice dell’appello cautelare ha preliminarmente fatto riferimento all’attuale situazione dell’indagato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con ordinanza del 25/07/2023, e ha richiamato l’istanza proposta in precedenza dalla difesa, con la quale si era chiesta la revoca di tale misura in quanto il NOME vive nel Regno Unito con la famiglia e il mancato rientro nel territorio inglese per un periodo superiore a 90 giorni comporterebbe la revoca del permesso di soggiorno. È stato anche riportato il contenuto del provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari, che ha rigettato l’istanza rilevando che il tempo di sottoposizione alla misura domiciliare di nemmeno due mesi fosse troppo esiguo se rapportato alla gravità dei fatti commessi per ritenere cessate le esigenze cautelari e che la alternativa richiesta di sostituzione della misura con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con contestuale restituzione del passaporto non faceva che concretizzare il supposto pericolo di fuga.
5.2. Il Tribunale, in replica alla censura difensiva secondo la quale il pericolo di fuga non potesse presumersi solo sulla base del titolo di reato o dalla mera condizione di straniero, né dalla condotta tenuta dall’indagato immediatamente dopo i fatti, la ha ritenuta infondata con motivazione ampia e non manifestamente illogica. In particolare, dalla ricostruzione dei fatti contenuta nell’ordinanza genetica il Tribunale ha desunto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza dell’indagato in ordine al reato di omicidio stradale aggravato dalla fuga del conducente in quanto il sinistro nel quale aveva perso la vita NOME COGNOME risultava, secondo quanto dichiarato dagli altri passeggeri, causalmente riconducibile alla velocità elevata, comunque superiore ai limiti consentiti, tenuta dal conducente della Range Rover, che si era affiancata più volte prima di urtare
l’isola spartitraffico a una BMW condotta da amici con vicendevoli sorpassi in un gioco pericoloso e letale. L’indagato ha, al contrario, negato di aver ecceduto i limiti di velocità attribuendo alle indicazioni stradali fornitegli dal cugino deceduto la responsabilità dell’evento.
5.3. I giudici dell’appello cautelare hanno, poi, evidenziato come la circostanza che l’indagato, come da lui dichiarato, sarebbe rimasto sul luogo dell’incidente senza allontanarsi, fosse priva di riscontri; la presenza dell’indagato sul posto dopo il sinistro non era confortata da alcuna dichiarazione. NOME era scappato mentre il passeggero dell’autovettura BMW Soprana Lorenzo aveva spostato lontano dall’auto, che stava per prendere fuoco, NOME COGNOME. I passeggeri di una Volkswagen Polo che si erano fermati a prestare soccorso, parimenti, non avevano visto l’indagato. Dalle tracce di sangue presenti sulla BMW condotta NOME Klevis e dalla geolocalizzazione del veicolo risultava credibile che l’indagato si fosse recato a bordo di questa auto nei pressi del (pronto soccorso, ma senza entrarvi, da ciò desumendo i giudici un chiaro intento di evitare l’identificazione, tanto è vero che era stato individuato solo al mattino seguente dagli operanti in un parco di Linnbiate grazie al sistema di geolocalizzazione del telefono cellulare della vittima che il NOME aveva con sé.
5.4. I giudici dell’appello hanno, quindi, condiviso la valutazione del Giudice per le indagini preliminari circa la permanenza di un concreto pericolo di fuga, non desunto dalla sua condizione di straniero ma da molteplici elementi, solo pa. rzialmente riportati nel ricorso. In particolare, nell’ordinanza impugnata si è fatto riferimento, oltre che alle circostanze che il NOME risiede stabilmente in un altro Paese con la famiglia, è privo di legami con il territorio italiano e ha mostrato di essere intenzionato ad allontanarsi dall’Italia, alla sua condotta processuale, ritenuta indice di inaffidabilità della persona tale da rendere inadeguata l’applicazione di una misura non custodiale c:onnotata da ampi margini di libertà a fronte della mancata allegazione di qualsivoglia elemento di novità. In particolare, è stata confutata la rilevanza della intervenuta revoca della patente, a fronte di un comportamento inosservante delle regole del codice stradale, ed è stato ritenuto irrilevante anche il preannunciato interesse alla scelta del rito abbreviato, in cui non è previsto l’esame dell’imputato.
6. Il provvedimento risulta ampiamente e congruamente motivato. E’, infatti, legittimo in materia di misure cautelari personali desumere il pericolo di fuga dal concreto comportamento dell’indagato al momento del fatto, sintomatico di un atteggiamento tendente a sottrarsi alle conseguenze legali dei propri atti, e dalla sua condotta processuale, sintomatica dell’intento di allontanarsi dal territorio nazionale. L’apprezzamento di tale esigenza cautelare,
in quanto valutazione prognostica discrezionalmente vincolata a specifici e concreti elementi di fatto, in ordine alla rilevante plausibilità che l’indagato, s lasciato in libertà, si sottragga alla pretesa di giustizia, è insindacabile in sede d legittimità, ove si caratterizzi per uno sviluppo argornentativo logico e consequenziale quanto al significato da attribuire, secondo canoni di ragionevolezza, alle emergenze procedimentali.
Il ricorso si confronta parzialmente con tale motivazione che, come detto, non può considerarsi manifestamente illogica secondo il significato da attribuire a tale sintagma.
Per tali ragioni, il ricorso non può trovare accoglimento; segue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 febbraio 2024 Il onsigliere estensore
Il Presidente i