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Pericolo concreto stadio: quando i fumogeni sono reato

Un tifoso è stato condannato per aver acceso fumogeni durante una partita. In seguito al suo ricorso, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna, specificando che il reato di pericolo concreto stadio si configura quando l’uso di articoli pirotecnici avviene in un’area affollata, creando un rischio effettivo per gli altri spettatori. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il motivo relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, poiché non era stata richiesta esplicitamente nel precedente grado di giudizio.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo Concreto Stadio: Accendere Fumogeni è Reato? La Cassazione Risponde

L’accensione di fumogeni e artifizi pirotecnici negli stadi è una pratica diffusa, spesso percepita come parte della coreografia del tifo. Tuttavia, la legge è molto chiara nel sanzionare comportamenti che mettono a rischio la sicurezza pubblica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini tra tifo e reato, analizzando il concetto di pericolo concreto stadio e le sue implicazioni. Il caso riguarda un tifoso condannato per aver acceso due fumogeni durante una partita, una decisione che solleva importanti questioni sulla valutazione del rischio e sulle corrette procedure da seguire in un processo.

I Fatti del Caso: Dai Gradoni alla Corte Suprema

Durante un incontro di calcio tra le squadre Nardò e Gravina, un tifoso accendeva due fumogeni colorati ai piedi della gradinata, proprio mentre le squadre si apprestavano a entrare in campo. In un primo momento, il Tribunale lo aveva assolto, ritenendo che il fatto non costituisse reato. La Procura Generale, però, impugnava la decisione e la Corte d’Appello ribaltava il verdetto, condannando l’uomo alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 6-bis della legge n. 401/1989. Secondo i giudici d’appello, l’azione aveva creato una situazione di pericolo per le persone vicine.

L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. L’assenza di un pericolo concreto, sostenendo che l’accensione dei fumogeni fosse una semplice manifestazione coreografica e non un’azione pericolosa.
2. La mancata concessione della sospensione condizionale della pena, un beneficio che, a suo dire, il giudice avrebbe dovuto considerare.

Il Reato di Pericolo Concreto Stadio secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendolo inammissibile. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: il reato contestato non punisce il semplice possesso o il lancio di fumogeni, ma il loro utilizzo in modo da creare un pericolo concreto stadio per le persone. Si tratta di un reato di pericolo concreto, il che significa che non è necessario che si verifichi un danno effettivo; è sufficiente che la condotta abbia creato un rischio reale e tangibile per l’incolumità pubblica.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sussistenza del pericolo basandosi sulle prove, tra cui le immagini della videosorveglianza. Queste mostravano che i fumogeni erano stati accesi in un’area gremita di tifosi. La presenza di numerose persone nelle immediate vicinanze è stata considerata sufficiente a integrare quel pericolo concreto richiesto dalla norma.

La Sospensione Condizionale: Un Beneficio da Richiedere Esplicitamente

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza: il giudice non è tenuto a motivare la mancata concessione di un beneficio se la difesa non ne ha fatto esplicita richiesta.

La decisione sulla sospensione della pena

Dall’analisi del verbale d’udienza del processo d’appello è emerso che il difensore dell’imputato si era limitato a chiedere la conferma dell’assoluzione, senza presentare una richiesta subordinata per la concessione della sospensione condizionale in caso di condanna. Di conseguenza, secondo la Corte, l’imputato non può lamentare in Cassazione una presunta omissione del giudice d’appello, poiché l’attivazione di questo potere-dovere non era stata sollecitata dalla parte interessata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri distinti, uno di natura sostanziale e uno di natura processuale. Sul piano sostanziale, la Corte ribadisce che la valutazione del pericolo concreto stadio è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o contraddittoria, cosa che non è avvenuta in questo caso. I giudici d’appello avevano adeguatamente ricostruito i fatti, evidenziando come l’accensione di fumogeni in un settore affollato costituisca di per sé una fonte di pericolo per la salute e la sicurezza degli altri spettatori.

Sul piano processuale, la Corte applica rigorosamente il principio secondo cui i benefici di legge, come la sospensione condizionale, devono essere oggetto di una specifica richiesta da parte della difesa. Se l’imputato, nel corso del giudizio d’appello, si limita a chiedere l’assoluzione senza formulare istanze subordinate, accetta implicitamente il rischio che, in caso di condanna, tali benefici non vengano applicati d’ufficio. Il mancato esercizio di questo potere da parte del giudice, se non sollecitato, non costituisce una violazione di legge o un difetto di motivazione censurabile in Cassazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre due importanti lezioni. La prima è rivolta ai frequentatori degli stadi: la linea di demarcazione tra una manifestazione di tifo e un reato è determinata dal contesto. L’utilizzo di fumogeni o altri artifizi pirotecnici in aree affollate integra il reato di cui all’art. 6-bis, poiché crea un rischio concreto per l’incolumità altrui, a prescindere dall’intenzione coreografica. La seconda lezione è di carattere processuale e si rivolge agli operatori del diritto: è fondamentale articolare le richieste difensive in modo completo, prevedendo anche istanze subordinate per l’eventualità di una condanna. La mancata richiesta di un beneficio come la sospensione condizionale preclude la possibilità di dolersene in un momento successivo, cristallizzando una situazione che altrimenti avrebbe potuto avere un esito diverso.

Accendere un fumogeno allo stadio è sempre reato?
Non necessariamente. Secondo la sentenza, l’azione diventa reato ai sensi dell’art. 6-bis della legge 401/1989 solo quando il suo utilizzo crea un “pericolo concreto” per l’incolumità delle persone, come avviene quando l’artificio viene acceso in un’area densamente affollata.

Cosa si intende per “pericolo concreto” in questo contesto?
Si intende una situazione in cui l’azione (in questo caso, accendere un fumogeno) genera un rischio reale e immediato per le persone che si trovano nelle vicinanze. La Corte ha stabilito che accendere un fumogeno in un luogo gremito di tifosi è di per sé sufficiente a integrare tale pericolo.

Se il giudice d’appello non concede la sospensione condizionale della pena, posso lamentarmene in Cassazione?
No, a meno che la richiesta non sia stata esplicitamente formulata durante il giudizio di appello. La sentenza chiarisce che, in assenza di una specifica richiesta da parte della difesa, il giudice non è tenuto a motivare la mancata concessione del beneficio, e un eventuale ricorso su questo punto verrà dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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