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Perdita di chance e estorsione: la Cassazione decide

Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione stabiliscono due principi fondamentali: la perdita di una seria e consistente possibilità di ottenere un bene (perdita di chance) costituisce danno patrimoniale ai fini del reato di estorsione. Inoltre, la condotta di chi allontana con minacce un offerente da un’asta pubblica può integrare sia il reato di turbativa d’asta (art. 353 c.p.) sia quello di estorsione (art. 629 c.p.) in concorso formale, qualora sia provato il danno patrimoniale e l’ingiusto profitto. La decisione scaturisce da un caso di interferenza di stampo mafioso in un’asta immobiliare.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Perdita di Chance ed Estorsione: La Guida Completa alla Sentenza delle Sezioni Unite

Una recente e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione ha tracciato una linea chiara su un tema complesso e dibattuto: la perdita di chance nell’estorsione. Con la sentenza n. 30016 del 2024, i giudici hanno stabilito che la perdita di una concreta possibilità di ottenere un vantaggio economico costituisce un danno patrimoniale idoneo a configurare il reato di estorsione. Questa decisione ha implicazioni significative, in particolare per le interferenze criminali nelle aste pubbliche.

Il Caso: Minacce e Coercizione in un’Asta Immobiliare

La vicenda giudiziaria trae origine da un’indagine su un’organizzazione criminale di stampo camorristico. L’episodio chiave riguarda un’asta immobiliare. Due imprenditori si erano aggiudicati provvisoriamente un complesso di beni. Successivamente, la figlia dell’esecutato aveva presentato un’offerta in aumento, determinando la riapertura della gara.

A questo punto, esponenti dell’organizzazione criminale erano intervenuti con metodi coercitivi. Gli aggiudicatari provvisori e il loro legale erano stati fisicamente trattenuti e minacciati per impedirne la partecipazione alla nuova asta. Di conseguenza, l’unica offerente rimasta si era aggiudicata i beni senza concorrenza.

I giudici di merito avevano condannato gli imputati per i reati di estorsione (art. 629 c.p.) e di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), ritenendo che la condotta violenta avesse causato agli imprenditori un danno patrimoniale, identificato proprio nella perdita della possibilità di vincere l’asta.

La Questione Giuridica: Perdita di Chance e Concorso di Reati

Data la complessità della materia e la presenza di orientamenti giurisprudenziali non uniformi, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite per risolvere due dubbi interpretativi cruciali:

1. La nozione di “danno” richiesta per il reato di estorsione include anche la cosiddetta perdita di chance?
2. La condotta di chi allontana un offerente da un’asta integra solo il reato di turbata libertà degli incanti, o può concorrere con il più grave reato di estorsione?

L’Analisi della Perdita di Chance come Estorsione

Le Sezioni Unite hanno risposto affermativamente al primo quesito. Il danno patrimoniale, elemento costitutivo dell’estorsione, non si limita alla perdita di un bene già presente nel patrimonio della vittima, ma può consistere anche nella lesione di una legittima aspettativa di arricchimento.

Tuttavia, la Corte ha precisato che non ogni speranza generica è sufficiente. Per integrare il danno da estorsione, la perdita di chance deve riguardare una “seria e consistente possibilità di conseguire un bene o un risultato economicamente valutabile”. Nel caso di specie, gli aggiudicatari provvisori non erano semplici interessati, ma titolari di una posizione giuridica qualificata, con il pieno diritto di partecipare alla gara successiva. La loro estromissione forzata ha causato la perdita di questa concreta opportunità, configurando un danno patrimoniale certo e immediato.

Estorsione e Turbativa d’Asta: Un Concorso Possibile

Sul secondo punto, le Sezioni Unite hanno stabilito che i due reati possono concorrere. Non vi è un rapporto di specialità, in cui una norma assorbe l’altra, ma un concorso formale di reati: con una sola azione (la minaccia o la violenza) si violano entrambe le disposizioni di legge.

Questo perché le due norme tutelano beni giuridici diversi e hanno strutture differenti:

* Turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.): Protegge il buon andamento della Pubblica Amministrazione e la libera concorrenza. È un reato di pericolo, che si perfeziona con il solo turbamento della gara, a prescindere dal risultato.
* Estorsione (art. 629 c.p.): Protegge il patrimonio e la libertà di autodeterminazione della persona. È un reato di danno, che richiede un atto di disposizione patrimoniale della vittima, un danno per quest’ultima e un ingiusto profitto per l’agente.

Pertanto, l’azione violenta che allontana un offerente integra sempre la turbativa d’asta. Se, in aggiunta, tale azione provoca alla vittima una perdita di chance economicamente rilevante e assicura un ingiusto profitto, si configura anche il reato di estorsione.

le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi strutturale delle norme incriminatrici, aderendo al criterio della specialità (art. 15 c.p.) per risolvere il concorso apparente di norme. Ha concluso che le fattispecie di estorsione e turbativa d’asta non sono in rapporto di specialità reciproca, poiché presentano elementi costitutivi e finalità di tutela distinti e non sovrapponibili. La turbativa si perfeziona con la lesione della regolarità della gara, mentre l’estorsione richiede un quid pluris: un atto di disposizione patrimoniale che causi un danno effettivo, identificabile anche nella perdita di una chance seria e consistente. Per quanto riguarda la nozione di danno, le Sezioni Unite hanno importato il concetto civilistico di “chance”, adattandolo però ai rigorosi canoni probatori del diritto penale. La sussistenza della “seria e consistente possibilità” e il nesso causale con la condotta illecita devono essere provati “oltre ogni ragionevole dubbio”, garantendo così il rispetto dei principi di tassatività e offensività.

le conclusioni

Questa sentenza ha due importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela del patrimonio, riconoscendo che anche la lesione di una concreta aspettativa di guadagno può integrare un reato grave come l’estorsione. In secondo luogo, chiarisce che le interferenze criminali nelle aste pubbliche ledono un duplice interesse: quello pubblico alla trasparenza e alla concorrenza, e quello privato dei singoli partecipanti. Di conseguenza, gli autori di tali condotte potranno essere perseguiti e condannati per entrambi i reati, con un conseguente inasprimento del trattamento sanzionatorio. La decisione rappresenta un forte deterrente contro le infiltrazioni della criminalità nelle procedure di vendita pubblica, offrendo una protezione più robusta sia per l’integrità del mercato sia per i diritti dei singoli.

La perdita di un’opportunità (perdita di chance) può essere considerata un danno sufficiente per il reato di estorsione?
Sì, le Sezioni Unite hanno stabilito che la nozione di danno patrimoniale rilevante ai fini dell’estorsione (art. 629 c.p.) include anche la perdita di una “seria e consistente possibilità di conseguire un bene o un risultato economicamente valutabile”. Non è una mera speranza, ma una concreta opportunità con valore economico.

Chi allontana un offerente da un’asta con minacce commette solo turbativa d’asta o anche estorsione?
Commette sempre il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.). Se, inoltre, si dimostra che la vittima ha subito un danno patrimoniale (come la perdita di una seria chance di aggiudicarsi il bene) e che l’autore ha conseguito un ingiusto profitto, si configura anche il reato di estorsione. I due reati possono quindi concorrere.

Qual è il requisito fondamentale per cui una perdita di chance diventi penalmente rilevante come danno da estorsione?
Il requisito fondamentale è che la sussistenza della “seria e consistente possibilità” perduta e il nesso di causalità tra la condotta minacciosa e tale perdita devono essere provati secondo lo standard del diritto penale, ovvero “oltre ogni ragionevole dubbio”, e non secondo il criterio civilistico del “più probabile che non”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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