Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7332 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7332 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Naso il 30/03/1940
avverso la sentenza del 01/07/2024 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Messina riformava parzialmente, quanto alla sospensione condizionale della pena, che concedeva, la sentenza del Tribunale di Patti del 20 settembre 2023, che aveva condannato l’imputato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. per aver omesso di dichiarare all’INPS il matrimonio contratto il 26 settembre 1987, così continuando a percepire indebitamente la pensione di reversibilità della precedente moglie sino al 31 maggio 2019.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 316-ter cod. pen., 34 I. n. 903 del 1965, 52 I. n. 88 del 1989, 13 I. n. 412 del 1991, 3 d.lgs. n. 39 del 1945.
Il primo giudice aveva ritenuto sussistente il reato contestato in virtù di un obbligo del ricorrente di comunicare all’Inps la mutazione del proprio stato civile incidente sul diritto alla pensione. La difesa con l’appello aveva contestato l’esistenza di un siffatto obbligo. La Corte di appello ha respinto il gravame ritenendo che l’art. 34 I. n. 903 del 1965 non esima il privato da comunicare variazioni incidenti sul suo diritto, come previsto dal modulo standard con il quale è richiesta l’emissione della pensione.
Peraltro, la difesa aveva chiarito nell’appello che il modulo non prevede alcun obbligo a carico del richiedente. La normativa di settore, sopra citata, stabilisce invero la ripetibilità delle somme versate dall’Inps non dovute solo se l’indebita percezione sia dovuta a dolo (art. 52 I. n. 88 del 1989), precisando che in caso di omessa e incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione la ripetizione non è prevista se l’Inps già sia a conoscenza di quei fatti.
Nel caso in esame, l’informazione omessa era già in possesso dell’INPS come prevede l’art. 34 I. n. 903 del 1965 (i comuni informano sistematicamente l’ente di variazioni dello stato civile per matrimoni e morte).
Già la Corte Suprema ha escluso il dolo del pensionato che si limiti ad omettere la informazione per fatti già noti all’ente erogatore.
Andava inoltre considerato il livello culturale del ricorrente (licenza elementare e privo di attività lavorativa).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Questa Corte ha già affermato (Sez. 6, n. 31210 del 12/05/2021, Rv. 282660; Sez. 6, n. 20346 del 24/02/2021, Rv. 281505) che il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., posto a tutela degli interessi finanziari della pubblica amministrazione e, dunque, della corretta allocazione delle risorse pubbliche, si
realizza con il conseguimento indebito di erogazioni pubbliche ottenute con particolari modalità dell’azione, indicata dalla norma come “utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere” o “omissioni di informazioni dovute”. Le informazioni, la cui omissione può integrare la fattispecie di cui all’art. 316-ter cod. pen. devono essere “dovute”, devono, cioè, trovare fondamento in una richiesta espressa dell’ente erogatore o, comunque, risultare imposte dal principio di buona fede precontrattuale di cui all’art. 1337 cod. civ., ipotesi, quest’ultima, concretamente invocabile in relazione ad una istruttoria finalizzata alla concessione di erogazioni pubbliche.
Facendo applicazione di tali principi, nei richiamati arresti, in relazione alla erogazione di trattamenti pensionistici, la Suprema Corte ha escluso, sulla base della pertinente normativa vigente, che fosse dovuta da parte dei parenti del pensionato la comunicazione all’INPS del decesso di quest’ultimo (essendo questi ultimi soltanto obbligati a comunicare l’evento al Comune e spettando invece, ex artt. 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903 e 31, comma 19, legge 27 dicembre 2002, n. 289, al responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Comune l’obbligo di comunicare all’ente di previdenza la morte dell’assicurato).
3. Nel caso che si verifichi l’evento del nuovo matrimonio del beneficiario del trattamento pensionistico di reversibilità (acquisito per il decesso del coniuge titolare del trattamento), deve ritenersi che non sussiste parimenti alcun obbligo a carico a quest’ultimo.
L’art. 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903 prevede infatti che analoga comunicazione sia fatta dal Comune all’INPS: ai fini del controllo anche “della conservazione dello stato di vedova o di nubile nei casi previsti dalla legge” è istituita presso ciascun Comune l’anagrafe dei pensionati dell’istituto nazionale della previdenza sociale (sulla base delle segnalazioni fatte dall’Istituto dei nominativi dei beneficiari delle pensioni) e l’Ufficio anagrafe del Comune provvede ad informare l’Istituto nazionale della previdenza sociale delle variazioni per matrimonio. Con la legge 27 dicembre 2002 n. 289 (art. 31, comma 19) queste comunicazioni relative ai matrimoni sono da trasmettere obbligatoriamente in via telematica, e da allora l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale sul sito internet, ha messo a disposizione dei Comuni d’Italia, un servizio dedicato per consentire a tali enti l’invio delle comunicazioni di variazione anagrafica.
Con la procedura per l’eliminazione delle pensioni, di cui alla circolare n. 15 del 31 gennaio 2005 (“Procedura per l’eliminazione delle pensioni a seguito di segnalazione di decesso e di matrimonio da parte dei Comuni”), l’INPS si è dotato di uno strumento che, a scadenza prefissata, ed in modo del tutto automatico, a seguito di segnalazione di decesso e di matrimonio da parte dei comuni, provvede
alla individuazione del soggetto e dei sui rapporti, ed effettua le conseguenti variazioni sugli archivi (eliminazione della pensione, revoca della pensione, cessazione del familiare, ecc.).
Dal 2007 i Comuni hanno a disposizione il canale di comunicazione rappresentato dal sistema INA-SAIA (Indice Nazionale delle Anagrafi – Sistema di Accesso e Interscambio Anagrafico) del Ministero degli Interni, istituito con la finalità di favorire lo scambio delle informazioni anagrafiche essenziali tra i comuni e le pubbliche amministrazioni.
Grazie a questo progetto il Comune, una volta comunicata con esito positivo la variazione anagrafica al sistema INA-SAIA, non dovrà più inviare la stessa comunicazione agli enti collegati, tra i quali figura l’Istituto Nazionale del Previdenza Sociale.
4. A tale quadro normativo va aggiunto che l’art. 52 della I. n. 88 del 1989 stabilisce che, nel caso siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Tale norma è stata oggetto di interpretazione autentica ad opera della legge n. 412 del 1991, secondo (art. 13) cui “L’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite”.
Applicando tale disposizione, questa Corte (Cass. Sez. L., 23/12/1996, n. 11498, Rv. 501513) ha affermato che non rilevano le omissioni e le reticenze del beneficiario nei casi in cui le situazioni ostative all’erogazione siano note all’ent previdenziale ovvero siano da esso conoscibili facendo uso della diligenza richiestagli dalla sua qualità di soggetto erogatore della prestazione; in questi casi invero, il comportamento omissivo del percipiente, ancorché “in malafede”, non è determinante della indebita erogazione e non può dunque costituire ragione di addebito della stessa e di mancata applicazione della speciale regola, propria dell’ordinamento previdenziale, che esclude la ripetizione nelle situazioni di non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta.
Diversa dal silenzio e dalla reticenza – che si traducano in omissioni e incompetenze di informazioni non obbligatorie – è l’ipotesi di dichiarazioni non conformi al vero, di fatti e comportamenti dell’interessato positivamente indirizzati ad indurre in errore l’ente erogatore, ingenerando una rappresentazione alterata della realtà tale da incidere sulla determinazione volitiva di esso e, quindi, sull’attribuzione della prestazione. Quello che rileva quindi non è la natura dell’errore, ma la sua fonte: se provocato dall’assicurato, o proprio dell’ente (Sez. L, n. 22081 del 02/08/2021, Rv. 662087).
Come ha precisato la Suprema Corte, la omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite costituisce un principio generale di settore che non è stato modificato dalla I. 23 dicembre 1996, n. 662 che ha soltanto modulato la ripetibilità di trattamenti pensionistici, a seconda del reddito del percipiente (con conseguente obbligo di comunicazione all’INPS delle variazioni di reddito che giustifichi la prestazione) (Cass. Sez. L., 01/12/2009, n. 25309, Rv. 611846).
Fatta questa premessa, deve ritenersi che, al pari del decesso del beneficiario, sussiste anche per la pensione di reversibilità un sistema informativo per l’evento (nuovo matrimonio) che dà luogo alla cessazione del trattamento pensionistico, che prescinde dalla comunicazione da parte dell’interessato.
Sul punto la sentenza impugnata, pur non individuando la base normativa dell’obbligo di comunicazione a carico dell’imputato, ha ritenuto sufficiente che sul modulo della domanda di pensione a suo tempo presentata fosse riportato l’avvertimento che l’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.
Peraltro, come si è visto, tale disposizione va coordinata con quanto dispone la legge n. 412 del 1991 in ordine alle informazioni che l’ente competente già conosce (o comunque deve conoscere).
Non essendo stato contestato all’imputato di aver omesso altra doverosa comunicazione all’INPS di fatti e circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano conosciuti (o conoscibili) dall’ente competente, deve escludersi che il fatto possa essere qualificato ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen.
Il fatto riveste soltanto rilevanza penale come appropriazione indebita ex art. 646 cod. pen., che è in ogni caso è improcedibile per difetto di querela.
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, previa riqualificazione del fatto, con la formula indicata nel dispositivo.
Riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 646 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è improcedibile per mancanza di querela. Così deciso il 14101/2025.