Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9041 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9041 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ENNA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la Corte d’appello di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la domanda, formulata nell’interesse di NOME COGNOME, di sostituzione della pena detentiva inflitta con sentenza del 21 ottobre 2021, irrevocabile il 9 febbraio 2023, con la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 56 bis legge 689 del 1981.
A fondamento del provvedimento reiettivo, la Corte rilevava come: il richiedente si fosse limitato a chiedere detta sostituzione, allegando dichiarazioni di disponibilità di due enti, senza fornire alcun altro elemento a sostegno; che, di contro, la sentenza di condanna inflitta avesse evidenziato la professionalità mostrata dal condannato nella perpetrazione dei delitti (plurimi episodi di falsificazione e detenzione di carte di pagamento fuel card Eni o Esso falsificate ex art. 55 comma 2 seconda parte d. Igs. 231 del 2007 ed indebito utilizzo delle stesse carte per prelievi di carburante ex art. 640 ter cod. pen); il mancato risarcimento integrale dei danni in favore delle persone offese.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo dei difensori AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 20 bis cod. pen., 56 e seguenti legge 689 del 1981, e 545 bis cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
Osserva il ricorrente come l’ordinanza impugnata disattenda lo spirito della riforma Cartabia: erroneamente la Corte ha respinto l’istanza difensiva sulla base esclusivamente della ritenuta gravità dei fatti ascritti all’imputato, senza neppure attivare gli strumenti istruttori che, secondo il testo della norma di cui all’art. 545 bis cod. proc. pen, spetta alla Corte implementare.
2.2. Con il secondo motivo denuncia inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 58 legge 689 del 1981 e vizio di motivazione.
La Corte di Torino non ha fornito motivazione alcuna in relazione ai presupposti stabiliti dall’art. 58 legge 689 del 1981, ovvero quei fondati motivi in base ai quali possa prevedersi che il condannato non adempia alle prescrizioni; la Corte ha altresì omesso di fornire adeguata motivazione in ordine al pericolo di recidivanza, omettendo peraltro di considerare il lungo tempo (nove anni) trascorso dalla commissione dei delitti per cui era intervenuta sentenza.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. L’art. 95, d.lgs. n. 150 del 2022 consente al condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni di richiedere l’applicazione di una pena sostitutiva a norma dell’art. 53 legge n. 689 del 1981 proponendo istanza ex art. 666 c.p.p. nel termine di 30 giorni dalla irrevocabilità della sentenza, a condizione che il procedimento fosse pendente davanti alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore del citato decreto. A tale fine, l’art. 58 legge n. 689 del 1981 consente l’applicazione delle pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. Non può pervenirsi a sostituzione quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (ex multis Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Pritoni, Rv. 263558 – 01). Tali principi sono trasponibili anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. (così Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, NOME, Rv. 285090 – 01).
Tra le condizioni che l’art. 58 legge n. 689 del 1981 richiede – in termini cumulativi rispetto alla garanzia contro il pericolo di ricaduta nel reato – vi è quello di una positiva prognosi circa la probabilità di futura osservanza delle prescrizioni inerenti l’applicanda pena sostitutiva.
Il giudice di merito può pertanto rigettare la richiesta, con idonea motivazione, sia quando svolga una prognosi negativa sullo svolgimento del lavoro, ex art. 58 della legge n. 689 del 1981, sia quanto ritenga, in base ai parametri ex art. 133 cod. pen., l’istante non meritevole della sanzione sostitutiva, ed ove verifichi, in base alla stessa norma, che la sanzione non possa produrre gli effetti rieducativi su cui si fonda.
Nel caso in esame la Corte torinese ha fornito una motivazione incompleta, ancorata alla disamina delle circostanze poste a fondamento della condanna in esecuzione, con una visione proiettata al passato, senza peraltro considerare la lontananza nel tempo dei fatti sottesi alla condanna in esecuzione, ed omettendo di formulare alcuna considerazione in ordine alla previsione di inadeguatezza della misura sostitutiva del lavoro di pubblica utilità proposto.
Difetta in altri termini il doveroso giudizio prognostico che il giudice dell’esecuzione deve effettuare attraverso una valutazione complessiva dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.: certamente quindi la gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna è elemento di cui il giudice deve tener conto, unitamente tuttavia all’analisi – doverosa e ben più rilevante, ai fini di un giudizio prognostico – della condotta post delictum, operando quindi una compiuta valutazione personologica del condannato, relativa alle sue condizioni di vita e personali, anche, nel caso, attivando i poteri istruttori di cui all’art. 545 bis cod. proc. pen.
L’accertata carenza della motivazione giustifica l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio alla Corte di appello di Torino, per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Torino.
Così deciso il 01/12/2023