Pene Sostitutive: il Giudice può Negarle se l’Imputato è Insofferente alle Regole
L’applicazione delle pene sostitutive alla detenzione, come i lavori di pubblica utilità o la detenzione domiciliare, non è un diritto automatico ma una scelta rimessa alla valutazione discrezionale del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di una donna condannata per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, a cui era stata negata la possibilità di scontare la pena fuori dal carcere. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Una donna veniva condannata dalla Corte d’Appello per aver violato la normativa sul reddito di cittadinanza (art. 7 d.l. 4/2019). Nello specifico, per ottenere il sussidio, aveva omesso di dichiarare ingenti vincite al gioco d’azzardo conseguite in tre anni consecutivi (per un totale di oltre 100.000 euro).
Nel suo ricorso in Cassazione, la difesa lamentava la mancata applicazione delle pene sostitutive alla detenzione, sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto provvedere anche d’ufficio, in base alle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 31 del 2024. Secondo la ricorrente, il diniego era basato su una motivazione generica e insufficiente.
L’insofferenza alle regole come ostacolo alle pene sostitutive
La Corte d’Appello aveva negato la sostituzione della pena detentiva motivando la decisione con la “dimostrata insofferenza della imputata al rispetto delle regole”. Questa valutazione, seppur sintetica, era stata considerata sufficiente e logicamente collegata alla ricostruzione della condotta illecita.
L’imputata, infatti, aveva deliberatamente nascosto le vincite per accedere a un beneficio solidaristico destinato a persone in reale stato di bisogno. Questo comportamento è stato interpretato dai giudici di merito come un chiaro indicatore della sua scarsa affidabilità e del suo disprezzo per le norme, elementi che rendevano sconsigliabile la concessione di misure alternative al carcere.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che le doglianze della ricorrente miravano, in realtà, a contestare una valutazione di merito, che è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportata da una motivazione logica e non manifestamente illogica.
La Suprema Corte ha sottolineato che la valutazione sulla concessione delle pene sostitutive è un potere discrezionale del giudice. Anche dopo le recenti riforme (d.lgs. n. 150/2022), tale potere deve essere esercitato tenendo conto dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
Nel caso specifico, la decisione di negare le misure alternative era stata giustificata in modo adeguato, collegando l’insofferenza alle regole alla gravità della condotta tenuta per ottenere il reddito di cittadinanza. Pertanto, il giudizio della Corte d’Appello è stato ritenuto immune da vizi e non sindacabile in Cassazione.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la concessione delle pene sostitutive non è mai un automatismo. Il giudice ha il dovere di valutare in concreto se l’imputato meriti fiducia e se una misura alternativa alla detenzione sia idonea a favorirne il reinserimento sociale. Una condotta che dimostri una sistematica tendenza a violare le regole, come l’aver frodato lo Stato per ottenere un beneficio economico, può essere legittimamente considerata un ostacolo insormontabile. La decisione comporta per la ricorrente, oltre alla conferma della condanna, anche il pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La concessione delle pene sostitutive è un diritto dell’imputato?
No, non è un diritto. La loro applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che deve considerare la gravità del reato e la personalità del condannato, come previsto dall’art. 133 del codice penale.
Perché alla ricorrente sono state negate le pene sostitutive?
Le sono state negate a causa della sua “dimostrata insofferenza al rispetto delle regole”. La Corte ha ritenuto che la condotta di omettere volontariamente di dichiarare ingenti vincite al gioco per ottenere il reddito di cittadinanza fosse un indicatore di inaffidabilità, tale da giustificare il diniego delle misure alternative.
È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice di merito di negare le pene sostitutive?
No, se la decisione è basata su una motivazione adeguata, logica e non manifestamente illogica. La Corte di Cassazione non può riesaminare le valutazioni di merito del giudice, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione sia esente da vizi logici.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46378 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46378 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOTO il 17/07/1983
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOMEdichiarata responsabile del delitto di cui all’art. 7 d.l. 4/2019), mediante il quale è stata denuncia la violazione di disposizioni di legge penale e un vizio della motivazione, con riferimento alla mancata sostituzione della pena detentiva della reclusione con quelle sostitutive dei lavori sostitutivi o della detenzione domiciliare, cui la Corte d’appello avrebbe potuto provvedere anche d’ufficio ai sensi dell’art. 598-bis, comma 4-ter, cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. n. 31 del 2024, la cui mancata applicazione sarebbe stata giustificata con motivazione generica e insufficiente, è inammissibile, essendo volto a sindacare valutazioni di merito che sono state giustificate in modo sufficiente e con argomenti non manifestamenti illogici, non sindacabili sul piano delle valutazioni di merito.
La Corte d’appello, pur non essendo stata avanzata alcuna richiesta da parte della imputata, correttamente ha esaminato la questione della sostituibilità della pena detentiva inflittale, escludendola in considerazione della dimostrata insofferenza della imputata al rispetto delle regole. Si tratta di motivazione che, per quanto sintetica, risul sufficiente, in quanto va letta alla luce della ricostruzione della condotta contenuta nella parte della motivazione relativa alla affermazione di responsabilità, nella quale è stata sottolineata la gravità della condotta della ricorrente, che allo scopo di conseguire i beneficio del sussidio solidaristico del reddito di cittadinanza aveva omesso di dichiarare rilevanti vincite al gioco d’azzardo (per le non esigue somme di euro 44.709 nell’anno 2018, euro 41.656 nell’anno 2019 ed euro 23.500,17 nell’anno 2020), cosicché l’affermazione della insofferenza della imputata al rispetto delle regole, ritenuta ostativa alla sostituzione della pena detentiva inflittale, risulta essere stata giustificata argomenti idonei e non manifestamenti illogici, non sindacabili sul piano delle valutazioni di merito nel giudizio di legittimità, in quanto in tema di pene sostitutive di pe detentive brevi, il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobr 2022 n. 150, è vincolato nell’esercizio del suo potere discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se, come nel caso in esame adeguatamente motivato sul punto, sfugge al sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente