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Pene sostitutive: valutazione del giudice ed evoluzione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione di pene sostitutive a un condannato. Il giudice dell’esecuzione si era basato unicamente sui precedenti penali, ignorando un successivo e positivo percorso di affidamento in prova che dimostrava un basso rischio di recidiva. La Corte ha sottolineato che, ai fini della concessione delle pene sostitutive, è necessaria una valutazione completa che tenga conto dell’evoluzione della personalità del condannato e della sua condotta successiva al reato.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: La Valutazione Non Può Ignorare il Percorso Rieducativo

Con la sentenza n. 33612/2024, la Corte di Cassazione interviene su un tema centrale della recente Riforma Cartabia: l’applicazione delle pene sostitutive. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale: nella valutazione sulla concessione di una pena alternativa al carcere, il giudice non può fermarsi ai precedenti penali, ma deve considerare l’intero percorso del condannato, specialmente gli elementi positivi emersi dopo la commissione del reato. Questa decisione sottolinea l’importanza di una prognosi rieducativa dinamica e attuale.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna alla Richiesta di Pena Sostitutiva

Il caso riguarda un individuo condannato in via definitiva a un anno e cinque mesi di reclusione per lesioni personali e violenza privata. Avvalendosi delle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), il condannato ha presentato istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità o, in subordine, la detenzione domiciliare.

Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta. La decisione si fondava sui precedenti penali dell’istante e sulla sua personalità, ritenuti ostativi. In particolare, il Tribunale ha evidenziato che i reati erano stati commessi poco dopo la concessione di una sospensione condizionale della pena per un altro reato e che, successivamente, era intervenuta un’altra condanna che aveva portato alla revoca del beneficio.

I Criteri per le Pene Sostitutive: Oltre i Precedenti Penali

Il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che il giudice dell’esecuzione avesse omesso di valutare un elemento cruciale e più recente: un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che gli aveva concesso l’affidamento in prova al servizio sociale. In quel provvedimento, la Magistratura di Sorveglianza aveva dato atto della corretta condotta tenuta successivamente al reato e dello svolgimento di un’attività lavorativa, elementi che portavano a escludere un concreto rischio di recidiva.

Il punto centrale del ricorso è proprio questo: la valutazione del giudice dell’esecuzione si è cristallizzata sul passato, ignorando l’evoluzione positiva della persona, già accertata da un’altra autorità giudiziaria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione del giudice dell’esecuzione carente e non conforme ai nuovi principi normativi. La Cassazione ha chiarito che il giudice ha attribuito un valore decisivo alla gravità dei reati e ai precedenti penali, senza però confrontarsi con il provvedimento favorevole del Tribunale di Sorveglianza.

Pur non essendo vincolato dalle valutazioni della Magistratura di Sorveglianza, il giudice dell’esecuzione, per discostarsene, avrebbe dovuto esporre le ragioni di una differente prognosi rieducativa. Avrebbe dovuto, cioè, analizzare la sequenza cronologica delle condotte, le valutazioni penitenziarie e gli altri elementi emersi, spiegando perché, nonostante il percorso positivo evidenziato, riteneva comunque inadeguata la concessione di una pena sostitutiva.

La Corte ha quindi affermato che la valutazione deve essere complessiva e non può prescindere da un’analisi aggiornata della situazione del condannato. Limitarsi a considerare i dati negativi del passato, senza ponderarli con i progressi recenti, si traduce in una motivazione insufficiente.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un’importante applicazione dei principi della Riforma Cartabia, che mira a valorizzare le pene alternative al carcere come strumento di rieducazione. La decisione stabilisce che la prognosi sulla futura condotta del reo deve essere basata su tutti gli elementi disponibili, dando il giusto peso ai percorsi di reinserimento sociale già intrapresi.

L’annullamento con rinvio impone al Tribunale di Milano di riesaminare il caso, colmando le lacune motivazionali. Il nuovo giudice dovrà effettuare una valutazione completa, tenendo in debita considerazione il percorso riabilitativo del condannato, come documentato dal provvedimento del Tribunale di Sorveglianza. Questa pronuncia rafforza l’idea che il giudizio sull’esecuzione della pena non è un mero atto burocratico, ma un momento cruciale per valutare concretamente le possibilità di recupero sociale del condannato.

Quando si chiede una pena sostitutiva, il giudice può basarsi solo sui precedenti penali del condannato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice deve effettuare una valutazione completa, che non può ignorare gli elementi positivi successivi ai reati, come una buona condotta durante l’affidamento in prova, lo svolgimento di un’attività lavorativa e un basso rischio di recidiva.

La decisione di un Tribunale di Sorveglianza che concede l’affidamento in prova è vincolante per il giudice dell’esecuzione che valuta una pena sostitutiva?
No, non è strettamente vincolante. Tuttavia, il giudice dell’esecuzione non può semplicemente ignorarla. Se intende discostarsi dalle conclusioni positive del Tribunale di Sorveglianza, deve fornire una motivazione specifica e dettagliata, spiegando le ragioni della sua diversa prognosi rieducativa.

Le nuove norme sulle pene sostitutive (Riforma Cartabia) si applicano anche a sentenze diventate definitive prima della loro entrata in vigore?
Sì. La legge prevede una disciplina transitoria (art. 95, d.lgs. 150/2022) che permette al condannato, il cui procedimento era pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore della riforma, di presentare istanza al giudice dell’esecuzione entro 30 giorni dall’irrevocabilità della sentenza per ottenere l’applicazione delle nuove, e più favorevoli, pene sostitutive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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