Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7646 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7646 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in ROMANIA il 16/09/1968
avverso la sentenza del 25/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria depositata, ha concluso chiedendo che sia annullata la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di conversione della pena detentiva con la sanzione sostitutiva corrispondente, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello; ha altresì chiesto che sia dichiarato inammissibile nel resto il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Frosinone che aveva condannato ALECU
NOME alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 300,00 di multa, per il reato di furto aggravato di acqua pubblica.
L’imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e correlati vizi motivazionali relativamente all’ordinanza di revoca del teste della pubblica accusa COGNOME Vittorio e per la mancata assunzione di prova decisiva.
Deduce che il Tribunale ha revocato il teste dell’accusa COGNOME Vittorio nonostante l’opposizione della difesa e la sollecitazione di un potere officioso di integrazione probatoria. L’ordinanza di revoca della prova è immotivata in merito alla superfluità della prova ed ha violato i diritti della difesa.
La prova revocata avrebbe potuto essere ammessa ai sensi dell’art. 603, comma 2, cod. proc.pen., occorrendo in base a tale previsione la sola prova, negativa, della manifesta superfluità e della irrilevanza del mezzo.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizi motivazionali sotto il profilo del travisamento “del fatto” e della prova.
Deduce che dalle dichiarazioni rese dal teste COGNOME, tecnico aziendale dell’RAGIONE_SOCIALE, fornitrice del servizio, suscettibile di essere considerato come incaricato di pubblico servizio, non potrebbe ricavarsi la prova del collegamento tra la condotta illecita e l’imputato, anche per la mancanza di un verbale di identificazione e di una individuazione effettuata nei modi di legge.
Inoltre: l’accesso è stato operato presso l’abitazione di proprietà di altro soggetto, la cui utenza era cessata per morosità, e presso un numero civico diverso da quello in cui risulta trovarsi l’abitazione dell’imputato; non vi è prova che il soggetto rinvenuto presso l’immobile fosse effettivamente il ricorrente in quanto non identificato a mezzo carta di identità e neppure nell’ambito della denuncia-querela presentata dalla società erogatrice. L’inserimento in motivazione di un’informazione non esistente nel processo ha integrato un vizio di travisamento della prova.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e correlati vizi motivazionali relativamente al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen.
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla richiesta di applicazione di pene sostitutive di cui all’art. 53 della legge n. 689 del 1981, fermi i benefici di legge della sospensione condizionale e della non menzione.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di conversione della pena detentiva con la sanzione sostitutiva corrispondente; ha chiesto altresì di dichiarare nel resto inammissibile il ricorso.
Il difensore ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto limitatamente alle censure formulate con il quarto motivo.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte quando una parte rinuncia all’esame di un proprio teste, nella specie il pubblico ministero, le altre parti hanno diritto di procedervi solo se questo era inserito nella loro lista testimoniale, valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi del giudice ex articolo 507 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 13338 del 30/03/2015; Sez. 4, n.1956 del 06/12/2023, dep.2024, Rv. 285666 – 01).
Al riguardo, la difesa non ha dedotto che il teste in questione risultasse indicato anche nella sua lista testi.
È manifestamente infondato, inoltre, il richiamo all’art. 603 cod.proc.pen. avendo la Corte territoriale fornito una spiegazione logica ed esauriente sulle ragioni dell’inutilità dell’audizione del teste, in quanto il dato sul quale avrebbe dovuto riferire era stato acquisito attraverso la deposizione dell’altro teste esaminato, collega del COGNOME.
Inoltre, l’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., invocato da parte ricorrente, fa riferimento a prova non solo nuova rispetto a quelle già assunte, ma allo stesso tempo sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado: dunque ad una situazione processuale diversa da quella in esame.
Il secondo motivo è aspecifico, perché le doglianze difensive non si confrontano con la motivazione spesa dalla Corte territoriale, che ha evidenziato come le circostanze accertate in sede di sopralluogo conducono all’imputato, al di là dell’assenza di una formale sua identificazione, dato che, a seguito di un distacco di utenza relativo ad immobile in uso al ricorrente, è stato accertato un allaccio abusivo per la medesima utenza e, in occasione del sopralluogo compiuto dai tecnici dell’azienda erogatrice, l’imputato pacificamente occupava ed aveva in
uso l’immobile servito, in quel momento, di acqua pubblica dal misuratore manomesso.
Non sussiste alcun vizio di travisamento di prova, dato che la difesa prescinde dal considerare che l’immobile relativamente al quale il sopralluogo è stato effettuato è risultato in uso all’imputato e, rispetto a tale evidenza, non risulta essere stato fornito né allegato alcun elemento contrario.
4. È manifestamente infondato il terzo motivo.
Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sull tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 cod.pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez.U. n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590).
Nel caso di specie la Corte di appello ha escluso l’applicazione della condizione di non punibilità per tenuità del fatto considerando il carattere non occasionale della condotta, oltre che l’ammontare non trascurabile del danno cagionato alla società erogatrice e l’assenza di una condotta riparatoria suscettibile di essere valutata come elemento a favore.
La decisione della Corte territoriale è esente dai denunciati vizi e la motivazione, sul punto, è del tutto esaustiva e non contraddittoria.
Il quarto motivo è fondato nella parte in cui il ricorrente ha lamentato la violazione di legge per essere stata la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ritenuta ostativa all’applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 53 della legge n. 689 del 1981, oltre che per carenza assoluta di motivazione in ordine al beneficio richiesto della non menzione.
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, infatti, la sostituzione della pena detentiva è compatibile con la sospensione condizionale della pena, essendovi l’interesse del condannato ad ottenere entrambi i benefici, posto che, in caso di revoca della sospensione condizionale della pena, può essere sottoposto all’esecuzione della sola pena pecuniaria, come determinata in sede di conversione (Sez. 2, n. 46757 del 26/09/2018, Rv. 274082).
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta altresì la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61 -bis legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si estende ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione con essa introdotta, il
disposto di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen., che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l’applicazione della norma più favorevole all’imputato (Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024 Rv. 286751 – 01).
Esulando, peraltro, dai poteri della Corte di Cassazione la valutazione dei presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive, che comporta un apprezzamento di fatto, si impone il conseguente necessario rinvio alla Corte di appello di Roma per nuovo esame sul punto.
Il giudice del rinvio, inoltre, dovrà porre rimedio all’omessa motivazione in ordine all’invocato beneficio della non menzione.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive della pena detentiva e sul beneficio della non menzione, con rinvio per nuovo esame a diversa sezione della Corte d’appello.
Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni sopra indicate in ordine ai primi tre motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’ applicazione delle sanzioni sostitutive e al beneficio della non menzione, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 04/12/2024.