Pene Sostitutive: L’Inammissibilità del Ricorso Generico secondo la Cassazione
L’applicazione delle pene sostitutive rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato per reati di minore allarme sociale. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e la decisione del giudice deve essere adeguatamente motivata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso presentato in modo generico contro il diniego di tali pene sia destinato all’inammissibilità.
Il Contesto del Ricorso: La Richiesta di Pene Sostitutive
Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da tre donne avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Le ricorrenti avevano impugnato la decisione dei giudici di merito lamentando un vizio di motivazione in riferimento alla mancata applicazione di una delle pene sostitutive previste dalla Legge n. 689/1981. In sostanza, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse spiegato adeguatamente le ragioni per cui aveva negato un beneficio che, a loro avviso, sarebbe stato applicabile.
La Valutazione delle Pene Sostitutive e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile, bollandolo come “del tutto generico”. Il punto cruciale della decisione risiede nel fatto che i giudici di legittimità hanno riscontrato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione completa e logica. Come emerge dalla sentenza impugnata, la Corte territoriale aveva espresso valutazioni negative sulla personalità delle ricorrenti e formulato una prognosi positiva di ricaduta nel reato. Questi elementi, basati su argomenti di fatto, costituiscono il nucleo della discrezionalità del giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità se la motivazione è, come in questo caso, esente da vizi logici.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e rigorose. Il ricorso è stato considerato inammissibile perché non si confrontava specificamente con le ragioni esposte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva adempiuto al suo obbligo motivazionale, ancorando la sua decisione a due pilastri:
1. Valutazioni negative sulla personalità: Il giudice di merito ha ritenuto che le caratteristiche personali delle imputate non fossero compatibili con la concessione di un beneficio.
2. Prognosi positiva di ricaduta: È stata formulata una previsione sfavorevole sulla probabilità che le ricorrenti commettessero nuovi reati in futuro.
La difesa, nel suo ricorso, si era limitata a contestare genericamente la conclusione, senza però individuare specifiche contraddizioni o illogicità nel ragionamento del giudice d’appello. La Cassazione ribadisce così un principio consolidato: il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Poiché la motivazione esisteva ed era coerente, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ha importanti implicazioni pratiche. Chi intende impugnare una sentenza per vizio di motivazione, specialmente in relazione al diniego di benefici come le pene sostitutive, non può limitarsi a una critica generica. È necessario, invece, articolare censure specifiche, precise e puntuali, che dimostrino l’illogicità manifesta o la contraddittorietà del percorso argomentativo seguito dal giudice. In caso contrario, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sentenza impugnata.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché considerato “del tutto generico”. Non contestava specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limitava a criticarne le conclusioni senza evidenziare vizi logici o motivazionali concreti.
Su quali basi la Corte d’Appello aveva negato le pene sostitutive?
La Corte d’Appello aveva negato il beneficio sulla base di due elementi: una valutazione negativa della personalità delle ricorrenti e una prognosi positiva di ricaduta nel reato, ovvero un’alta probabilità che potessero commettere nuovamente dei reati.
Quali sono state le conseguenze economiche per le ricorrenti dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, le ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4095 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a NOVI LIGURE il 06/07/1985
NOME COGNOME nato a COGNOME il 14/10/1987
COGNOME nato a CREMONA il 13/06/1993
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti, con unico atto, da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata per vizio motivazionale in riferimento alla mancata applicazione di una delle pene sostitutive di cui alla legge 24 novembre 1981 n. 689, è del tutto generico dal momento che – come emerge a pag. 7 della impugnata sentenza la Corte territoriale ha fornito sul punto una motivazione esente dai vizi contestati dalla difesa, esprimendo, con argomenti di fatto non rivedibili, valutazioni negative sulla personalità delle ricorrenti ed una prognosi positiva di ricaduta nel reato;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29/10/2024