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Pene sostitutive: richiesta tardiva e ricorso vano

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in cui l’imputato lamentava la mancata applicazione delle pene sostitutive, previste dalla Riforma Cartabia, senza averne mai fatto richiesta. La Corte ha ribadito che l’istanza è un requisito essenziale da presentare al più tardi durante l’udienza di appello e che la mera riproposizione di motivi già respinti non è ammissibile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: La Cassazione Sancisce l’Onere della Richiesta

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema cruciale delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia, chiarendo un aspetto procedurale di fondamentale importanza: senza una richiesta esplicita dell’imputato, il giudice d’appello non è tenuto a valutarne l’applicazione. Questa pronuncia sottolinea la necessità di un approccio attivo da parte della difesa e definisce i confini della specificità dei motivi di ricorso in sede di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’appellante aveva sollevato tre principali motivi di doglianza dinanzi alla Suprema Corte. In primo luogo, lamentava la mancata verifica della possibilità di applicare le pene sostitutive alle pene detentive brevi. In secondo luogo, contestava la qualificazione giuridica dei fatti, sostenendo che le lesioni dovessero essere considerate come semplici percosse e, pertanto, assorbite nel più grave reato di rapina. Infine, criticava il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei requisiti formali e sostanziali del ricorso, evidenziando le mancanze in ciascuno dei motivi presentati dalla difesa. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi dei Motivi di Ricorso

La Corte ha esaminato partitamente i tre motivi, fornendo spiegazioni chiare e precise per la loro reiezione.

Il Primo Motivo: La Richiesta di Pene Sostitutive

Il punto centrale della pronuncia riguarda le pene sostitutive. La Cassazione ha definito il primo motivo come manifestamente infondato, poiché il ricorrente non aveva mai presentato un’istanza formale in tal senso. La Corte ha richiamato il principio, consolidato da una precedente sentenza (n. 12991/2024), secondo cui, affinché il giudice di appello possa pronunciarsi sull’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è indispensabile una richiesta dell’imputato. Tale richiesta non deve necessariamente essere contenuta nell’atto di impugnazione, ma deve pervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione. In assenza di tale iniziativa, il giudice non ha alcun obbligo di procedere d’ufficio a tale valutazione.

Il Secondo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni

Il secondo motivo, relativo alla qualificazione del reato, è stato giudicato inammissibile perché si risolveva in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già proposti e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso in sede di legittimità deve assolvere alla funzione di una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non potendosi limitare a riproporre le medesime censure senza confrontarsi con le ragioni della decisione di secondo grado. Motivi di questo tipo sono considerati non specifici e, pertanto, solo apparenti.

Il Terzo Motivo: Le Attenuanti Generiche

Anche il terzo motivo, sul diniego delle attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha osservato che la motivazione della Corte d’Appello era esente da illogicità. In linea con il suo orientamento costante, ha ribadito che il giudice di merito, nel negare le attenuanti, non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi per la sua valutazione. Gli altri elementi si considerano implicitamente superati dalla motivazione fornita.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione per la prassi giudiziaria. In primo luogo, consolida l’idea che le nuove opportunità offerte dalla Riforma Cartabia, come le pene sostitutive, richiedono un ruolo proattivo e diligente da parte della difesa. Non è possibile attendersi un’applicazione d’ufficio, ma è necessario formulare una richiesta tempestiva e specifica. In secondo luogo, viene ribadita la natura del giudizio di cassazione, che non è un terzo grado di merito, ma un controllo di legittimità. Di conseguenza, i ricorsi devono contenere critiche mirate alla logica giuridica della sentenza impugnata, evitando la sterile riproposizione di argomenti già vagliati.

È necessario presentare un’istanza formale per ottenere le pene sostitutive in appello?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che, affinché il giudice di appello sia tenuto a valutare l’applicabilità delle pene sostitutive, è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato, da presentarsi al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del gravame.

È sufficiente riproporre in Cassazione gli stessi motivi già discussi e respinti in appello?
No, non è sufficiente. La Cassazione ritiene tali motivi non specifici e quindi inammissibili. Il ricorso deve contenere una critica argomentata e puntuale avverso la sentenza impugnata, non limitarsi a una ‘pedissequa reiterazione’ di censure già disattese.

Il giudice deve motivare il diniego delle attenuanti generiche analizzando ogni singolo elemento favorevole all’imputato?
No. Secondo la Corte, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti per la sua decisione. Tutti gli altri elementi dedotti dalle parti si considerano implicitamente disattesi o superati da tale valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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