Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3853 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3853 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CASTELFRANCO VENETO il 17/10/1991
avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 6 marzo 2024, confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di truffa.
1.1. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME eccependo che la Corte di appello aveva rilevato l’infondatezza dell’eccezione di nullità proposta dalla difesa, che lamentava la circostanza per cui il Procuratore generale non aveva proposto alcuna domanda, dal momento che si era limitato a trasmettere un modulo prestampato senza barrare alcuna voce, citando un orientamento giurisprudenziale non corrispondente a quello prevalente ed in violazione dell’art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020 n. 137.
1.2. Il difensore evidenzia che, nella sentenza impugnata, non vi era alcun riferimento circa la scelta di non sostituire la pena detentiva di mesi sei di reclusione con una sanzione sostitutiva delle pene detentive brevi; tale richiesta non era stata avanzata dalla difesa né nel corso del giudizio di primo grado, né in quello di appello, dal momento che entrambi erano precedenti all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022; tuttavia, la sentenza della Corte di appello era intervenuta in data successiva rispetto alle novità legislative, ed alcun riferimento era stato fatto alla mancata sostituzione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Relativamente al primo motivo di ricorso, si deve ribadire che “nel giudizio di appello celebrato con le forme previste dall’art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, la mancata trasmissione, in via telematica, al difensore dell’imputato delle conclusioni del Procuratore Generale non integra una nullità per violazione del diritto di difesa, in quanto, per il carattere tassativo delle nullità e per l’asse di una specifica sanzione processuale, è necessario indicare il concreto pregiudizio derivato alle ragioni difensive (Sez. 2, n. 49964 del 14/11/2023, Corridore, Rv. 285645, in fattispecie in cui le conclusioni del Procuratore Generale contenevano la mera richiesta di conferma della sentenza di primo grado, sicché, in difetto della deduzione di un pregiudizio alle prerogative difensive, la Corte ha escluso che l’omessa comunicazione avesse prodotto concreto nocumento per il ricorrente; vedi anche, Sez. 2, n. 44017 del 19/09/2023, NOME COGNOME Rv. 285346, in cui si è affermato che, in tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la
mancata formulazione, da parte del pubblico ministero, delle conclusioni nel giudizio di appello, previste dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio, ma tale vizio non può essere dedotto dalla difesa per carenza di interesse all’osservanza della disposizione violata).
Nel caso in esame, il ricorrente non indica in alcun modo quale pregiudizio gli sia derivato dalla mancanza di conclusioni del Procuratore generale sul punto, con conseguente manifesta infondatezza del motivo.
1.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, è orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale “in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame (Sez. 2, n. 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017; nello stesso senso, Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090).
Nella fattispecie, poiché l’udienza di discussione avanti la Corte di appello si è tenuta in data 6 marzo 2024, il difensore avrebbe potuto presentare la relativa richiesta fino a quella data, ma ciò non è avvenuto.
In particolare, come efficacemente spiegato nella sentenza “NOME” non , ‘… può ritenersi che la richiesta di sostituzione, ove non formulata in sede d appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen. Invero, il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui «il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’ar 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981» (sentenza n. 12872 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269125), deve essere coordinato con la suindicata disciplina transitoria. Questa, infatti, stabilisce espressamente l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi di appello in corso all’entrata in vigore del d.lg n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase – introduttiva decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia
contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame. Tale interpretazione, oltre che risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l’intentio legislatoris, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive, ove il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati”.
Pertanto, pure nella fase transitoria disciplinata dall’art. 95 del d.lgs. n. 15 del 2022, soltanto ove vi sia la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato il giudice ha l’obbligo di motivare sul punto.
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente