LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pene sostitutive: richiesta necessaria in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati che lamentavano la mancata applicazione di pene sostitutive alla detenzione. La Corte ha stabilito che, in assenza di una specifica richiesta da parte della difesa durante il giudizio di merito, il giudice d’appello non è tenuto a considerare d’ufficio la conversione della pena, rendendo il ricorso su questo punto manifestamente infondato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive: la Cassazione Conferma la Necessità di una Richiesta Esplicita

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia: senza una richiesta esplicita dell’imputato, il giudice d’appello non è tenuto a valutare la loro applicazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di un ruolo attivo della difesa nel processo penale e chiarisce i contorni applicativi di una delle più importanti novità legislative degli ultimi anni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna. Entrambi, attraverso i loro legali, hanno impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: la violazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale. In particolare, i ricorrenti lamentavano la mancata conversione della pena detentiva loro inflitta in una delle pene sostitutive previste dalla legge n. 689/1981, come modificata dalla Riforma Cartabia.

L’argomento centrale della difesa era che il giudice d’appello avrebbe dovuto procedere d’ufficio a tale valutazione, anche in assenza di una specifica richiesta formulata nell’atto d’appello. La questione, quindi, verteva sulla natura del potere-dovere del giudice di applicare queste nuove sanzioni.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle pene sostitutive

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Con una motivazione netta e in linea con un orientamento giurisprudenziale già consolidato, i giudici di legittimità hanno stabilito che l’applicazione delle pene sostitutive non è un automatismo processuale, ma è subordinata a un’esplicita iniziativa di parte.

La Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, a conferma della palese infondatezza delle loro pretese.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. n. 150/2022). La Corte ha chiarito che, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è indispensabile una richiesta in tal senso da parte dell’imputato.

I giudici hanno precisato che non risulta da nessuna parte che i ricorrenti avessero mai avanzato una simile istanza né con l’atto di appello né in un momento successivo dinanzi ai giudici di merito. La Corte ha richiamato il principio ormai consolidato secondo cui la richiesta, pur non dovendo essere necessariamente formalizzata nell’atto di impugnazione o tramite motivi nuovi (ex art. 585, comma 4, c.p.p.), deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello.

In assenza di tale impulso di parte, il giudice non ha l’obbligo di considerare la conversione della pena. Il silenzio dell’imputato sul punto viene interpretato come una mancanza di interesse a beneficiare di tali misure, esonerando di fatto il collegio giudicante da qualsiasi valutazione in merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per gli operatori del diritto. L’introduzione delle pene sostitutive ha ampliato gli strumenti a disposizione della difesa per mitigare le conseguenze di una condanna, ma il loro accesso non è incondizionato. La decisione della Cassazione cristallizza un onere procedurale chiaro: la difesa deve attivarsi e formulare una richiesta esplicita e tempestiva.

Non è sufficiente sperare in un’applicazione d’ufficio da parte del giudice. L’imputato che desidera beneficiare della conversione della pena detentiva deve manifestare chiaramente questa volontà, al più tardi durante l’udienza d’appello. In caso contrario, perde la possibilità di far valere tale facoltà e un eventuale ricorso in Cassazione fondato su questa omissione sarà destinato a un esito negativo.

È obbligatorio per il giudice d’appello applicare le pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia?
No, non è un obbligo automatico. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello è tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle pene sostitutive solo se l’imputato ne fa esplicita richiesta.

La richiesta di applicazione delle pene sostitutive deve essere presentata obbligatoriamente con l’atto di appello?
No. Secondo la sentenza, la richiesta non deve essere necessariamente formulata nell’atto di impugnazione o con motivi nuovi. Tuttavia, deve essere presentata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del processo d’appello.

Cosa succede se l’imputato non richiede mai l’applicazione delle pene sostitutive durante il processo di merito?
Se non viene avanzata una specifica richiesta, il giudice non è tenuto a considerare la conversione della pena detentiva in una pena sostitutiva. Un eventuale ricorso basato su questa omissione sarà considerato manifestamente infondato e dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati