Pene Sostitutive: la Cassazione Conferma la Necessità di una Richiesta Esplicita
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia: senza una richiesta esplicita dell’imputato, il giudice d’appello non è tenuto a valutare la loro applicazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di un ruolo attivo della difesa nel processo penale e chiarisce i contorni applicativi di una delle più importanti novità legislative degli ultimi anni.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna. Entrambi, attraverso i loro legali, hanno impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: la violazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale. In particolare, i ricorrenti lamentavano la mancata conversione della pena detentiva loro inflitta in una delle pene sostitutive previste dalla legge n. 689/1981, come modificata dalla Riforma Cartabia.
L’argomento centrale della difesa era che il giudice d’appello avrebbe dovuto procedere d’ufficio a tale valutazione, anche in assenza di una specifica richiesta formulata nell’atto d’appello. La questione, quindi, verteva sulla natura del potere-dovere del giudice di applicare queste nuove sanzioni.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle pene sostitutive
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Con una motivazione netta e in linea con un orientamento giurisprudenziale già consolidato, i giudici di legittimità hanno stabilito che l’applicazione delle pene sostitutive non è un automatismo processuale, ma è subordinata a un’esplicita iniziativa di parte.
La Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, a conferma della palese infondatezza delle loro pretese.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. n. 150/2022). La Corte ha chiarito che, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è indispensabile una richiesta in tal senso da parte dell’imputato.
I giudici hanno precisato che non risulta da nessuna parte che i ricorrenti avessero mai avanzato una simile istanza né con l’atto di appello né in un momento successivo dinanzi ai giudici di merito. La Corte ha richiamato il principio ormai consolidato secondo cui la richiesta, pur non dovendo essere necessariamente formalizzata nell’atto di impugnazione o tramite motivi nuovi (ex art. 585, comma 4, c.p.p.), deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello.
In assenza di tale impulso di parte, il giudice non ha l’obbligo di considerare la conversione della pena. Il silenzio dell’imputato sul punto viene interpretato come una mancanza di interesse a beneficiare di tali misure, esonerando di fatto il collegio giudicante da qualsiasi valutazione in merito.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per gli operatori del diritto. L’introduzione delle pene sostitutive ha ampliato gli strumenti a disposizione della difesa per mitigare le conseguenze di una condanna, ma il loro accesso non è incondizionato. La decisione della Cassazione cristallizza un onere procedurale chiaro: la difesa deve attivarsi e formulare una richiesta esplicita e tempestiva.
Non è sufficiente sperare in un’applicazione d’ufficio da parte del giudice. L’imputato che desidera beneficiare della conversione della pena detentiva deve manifestare chiaramente questa volontà, al più tardi durante l’udienza d’appello. In caso contrario, perde la possibilità di far valere tale facoltà e un eventuale ricorso in Cassazione fondato su questa omissione sarà destinato a un esito negativo.
È obbligatorio per il giudice d’appello applicare le pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia?
No, non è un obbligo automatico. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello è tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle pene sostitutive solo se l’imputato ne fa esplicita richiesta.
La richiesta di applicazione delle pene sostitutive deve essere presentata obbligatoriamente con l’atto di appello?
No. Secondo la sentenza, la richiesta non deve essere necessariamente formulata nell’atto di impugnazione o con motivi nuovi. Tuttavia, deve essere presentata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del processo d’appello.
Cosa succede se l’imputato non richiede mai l’applicazione delle pene sostitutive durante il processo di merito?
Se non viene avanzata una specifica richiesta, il giudice non è tenuto a considerare la conversione della pena detentiva in una pena sostitutiva. Un eventuale ricorso basato su questa omissione sarà considerato manifestamente infondato e dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4114 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4114 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 29/06/2001 NOME nato a MOLFETTA il 13/11/1987
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti da COGNOME NOME e COGNOME NOME con due distinti atti dal contenuto sovrapponibile;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata per violazione di legge processuale in ordine all’art. 545-bis cod. proc. pen., per mancata conversione della pena detentiva irrogata nei confronti dei ricorrenti in una delle pene sostitutive ex art.53 legge 24 novembre 1981 n. 689, è manifestamente infondato, poiché non risulta che una specifica richiesta in tal senso sia stata avanzata con l’atto d’appello né rappresentato dinanzi ai giudici di merito, dovendosi a tal proposito sottolinearsi come sia ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., affinché il giudi di appello sia tenuto a pronunciarsi sulla loro applicabilità come previsto dalla disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, che non dev’essere formulata necessariamente con l’atto di impugnazione o con la presentazione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma deve intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione del gravame” (ex plurimis: sez. 2, n. 12991 del 01/03/2024, Generali, Rv. 286017 – 01; Sez. 4, n. 4934 del 23/01/2024 , COGNOME, Rv. 285751 – 01);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29/10/2024.