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Pene sostitutive: requisiti della richiesta in appello

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33688/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa che aveva richiesto l’applicazione di pene sostitutive in modo generico. La Corte ha stabilito che la richiesta deve essere specifica e motivata nell’atto di appello o nei motivi nuovi, non potendo essere introdotta per la prima volta, e senza argomentazioni, in una memoria successiva. Questa decisione ribadisce il rigore formale necessario per accedere a misure alternative alla detenzione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive in Appello: la Cassazione Chiarisce i Requisiti della Richiesta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33688/2025, ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti formali per richiedere l’applicazione di pene sostitutive nel giudizio di appello. La decisione sottolinea che una richiesta generica, presentata in una memoria successiva all’atto di impugnazione e priva di adeguate argomentazioni, non può essere accolta. Questo principio riafferma la necessità di una difesa tecnica precisa e puntuale fin dalle prime fasi del processo di impugnazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di truffa, confermata sia in primo grado dal Tribunale di Cremona che in secondo grado dalla Corte di appello di Brescia, con una pena di nove mesi di reclusione e trecento euro di multa. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione lamentando la mancata motivazione da parte della Corte di appello in merito al diniego della sua richiesta di conversione della pena detentiva in una delle pene sostitutive previste dalla legge (semilibertà, detenzione domiciliare o pena pecuniaria). Tale richiesta era stata formulata in una memoria depositata prima dell’udienza d’appello, sostenendo che fosse possibile anche se non avanzata con i motivi originari.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la Corte d’appello non era tenuta a valutare una richiesta di applicazione di pene sostitutive diverse da quella (lavori di pubblica utilità) già specificamente avanzata con l’atto di appello. La nuova e più ampia richiesta, presentata genericamente in una memoria successiva, è stata considerata priva dei requisiti di specificità e motivazione richiesti dalla legge processuale.

Le motivazioni: il rigore formale per le pene sostitutive

La Cassazione ha basato la sua decisione sul consolidato principio devolutivo che governa il giudizio di appello. Secondo tale principio, il giudice di secondo grado può decidere solo sui punti della sentenza impugnata che sono stati oggetto di specifici motivi di gravame. La Corte ha ribadito un orientamento già espresso dalle Sezioni Unite, secondo cui il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive se non vi è una richiesta specifica e motivata nell’atto di impugnazione.

I giudici hanno specificato che la richiesta generica contenuta nella memoria difensiva – dove si chiedeva “la misura sostitutiva della pena dei lavori di pubblica utilità o altra misura alternativa che si riterrà di disporre” – mancava dell'”indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che devono sostenere ogni istanza, come previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581 del codice di procedura penale. Nemmeno le recenti modifiche legislative (il cosiddetto “correttivo Cartabia”) hanno alterato questo principio, poiché la facoltà di prestare il consenso alla sostituzione della pena non si sovrappone all’onere di formulare una richiesta motivata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche per la difesa tecnica. Emerge con chiarezza che la richiesta di applicazione di pene sostitutive non può essere un’istanza generica o un’opzione da esplorare tardivamente nel processo. Deve essere, al contrario, un punto specifico e argomentato dell’atto di appello o dei motivi nuovi. La difesa ha l’onere di indicare non solo quale pena sostitutiva si richiede, ma anche le ragioni di fatto e di diritto che ne giustificano l’applicazione, con riferimento ai criteri dell’art. 133 del codice penale (gravità del fatto e personalità dell’imputato). Una richiesta formulata in modo vago e generico in una semplice memoria rischia, come in questo caso, di essere dichiarata inammissibile, precludendo all’imputato l’accesso a benefici penali significativi.

È possibile chiedere l’applicazione di pene sostitutive per la prima volta in una memoria successiva all’atto di appello?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice d’appello non è tenuto a valutare una richiesta di pene sostitutive proposta per la prima volta in modo generico in una memoria depositata dopo l’atto di appello, se questa non era stata specificamente formulata nei motivi di impugnazione.

Quali requisiti deve avere la richiesta di applicazione di pene sostitutive per essere esaminata dal giudice d’appello?
La richiesta deve essere specifica e motivata. Ai sensi dell’art. 581 del codice di procedura penale, deve contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che la giustificano, non essendo sufficiente una formula generica.

Cosa succede se la richiesta di pene sostitutive è formulata in modo generico?
Una richiesta generica, priva di argomentazioni a sostegno, viene considerata inammissibile. Di conseguenza, il giudice non la esaminerà nel merito, precludendo di fatto all’imputato la possibilità di ottenere la conversione della pena detentiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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