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Pene sostitutive reato continuato: la pena totale conta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33971/2024, ha stabilito un principio cruciale per le pene sostitutive reato continuato. Ha chiarito che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni alternative al carcere previste dalla Riforma Cartabia, si deve considerare la pena complessiva finale, risultante dall’aumento per la continuazione, e non la singola frazione di pena aggiunta. Nel caso specifico, due ricorrenti si sono visti negare la sostituzione della pena perché la loro condanna totale superava i limiti di legge, nonostante l’ultimo aumento, preso singolarmente, fosse di soli quattro mesi.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Reato Continuato: la Cassazione fa Chiarezza sul Calcolo della Pena

Con la recente sentenza n. 33971 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione decisiva su un tema caldo introdotto dalla Riforma Cartabia: il calcolo per l’applicazione delle pene sostitutive reato continuato. La pronuncia chiarisce che per determinare se un condannato possa beneficiare di una sanzione alternativa al carcere, si deve guardare alla pena finale complessiva, e non alle singole frazioni di pena aggiunte per i reati successivi al primo. Questa decisione rafforza un approccio unitario alla pena, con importanti conseguenze pratiche per la difesa.

I Fatti del Caso

Due soggetti, già condannati a una pena di due anni e due mesi di reclusione con una sentenza divenuta irrevocabile nel 2017, venivano successivamente giudicati per un altro reato. La nuova sentenza comportava un aumento della pena originaria di ulteriori quattro mesi, in applicazione della disciplina del reato continuato (art. 81 c.p.).

I legali dei condannati presentavano un’istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione di questi quattro mesi di reclusione con la pena pecuniaria, una delle pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia. La tesi difensiva si basava su un’interpretazione della nuova formulazione dell’art. 53 della Legge n. 689/1981, sostenendo che si dovesse considerare solo l’aumento di pena (i quattro mesi) per valutare l’ammissibilità della sostituzione. Il Giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza, ritenendo che si dovesse considerare la pena complessiva, che, superando il limite di un anno, impediva l’accesso alla pena pecuniaria sostitutiva. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Pene Sostitutive nel Reato Continuato

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno affermato che l’interpretazione corretta della norma, così come novellata dalla Riforma Cartabia, non lascia spazio a dubbi. Per stabilire se una pena detentiva possa essere sostituita, è necessario fare riferimento alla pena totale inflitta, comprensiva degli aumenti per la continuazione.

L’argomentazione dei ricorrenti, che mirava a ‘frazionare’ la pena per far rientrare l’aumento nei limiti previsti per la sostituzione, è stata giudicata infondata. La Corte ha stabilito che la voluntas legis (la volontà del legislatore) è stata quella di dettare una regola netta e precisa: la pena da considerare è quella finale, applicata dal giudice, anche nei casi di reato continuato.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione sul chiaro tenore letterale del nuovo comma 3 dell’art. 53 della Legge n. 689/1981. La norma recita: «Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’articolo 81 cod. pen.».

Secondo la Corte, questa formulazione supera esplicitamente la disciplina precedente, che permetteva in alcuni casi di considerare separatamente le pene per i singoli reati. Oggi, il legislatore ha scelto di unificare il criterio di calcolo, stabilendo che la soglia di ammissibilità va verificata sulla pena complessiva risultante dall’aumento per la continuazione.

I giudici sottolineano come questa scelta rientri nella discrezionalità del legislatore, il quale ha inteso favorire l’applicazione delle pene sostitutive da parte del giudice della cognizione, ma al contempo ha fissato un paletto invalicabile: la pena finale, nella sua interezza, deve rientrare nei limiti edittali (che per le pene sostitutive in generale non possono superare i quattro anni). Non è possibile, quindi, isolare una parte della pena per ottenerne la sostituzione se il totale eccede tale soglia.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La sentenza consolida un orientamento interpretativo rigoroso sull’applicazione delle pene sostitutive reato continuato. Le conclusioni che se ne possono trarre sono le seguenti:

1. Calcolo Unitario: Ai fini dell’accesso alle pene sostitutive, la pena va considerata in modo unitario e complessivo. L’istituto del reato continuato, che unifica le pene sotto il vincolo della continuazione, produce una sanzione unica che come tale deve essere valutata.
2. Nessun Frazionamento: Non è ammissibile ‘isolare’ gli aumenti di pena per la continuazione al fine di farli rientrare, singolarmente, nei limiti di legge per la sostituzione.
3. Chiarezza Normativa: La Riforma Cartabia ha voluto creare una regola chiara e inequivocabile per evitare incertezze applicative, privilegiando la pena finale come unico parametro di riferimento.

Per gli operatori del diritto, questa pronuncia significa che le strategie difensive devono tenere conto fin da subito della pena complessiva che potrebbe derivare da un cumulo per continuazione, poiché da essa dipenderà la possibilità di accedere a benefici e sanzioni alternative al carcere.

Come si calcola la pena per accedere alle pene sostitutive in caso di reato continuato dopo la Riforma Cartabia?
Si deve considerare la pena complessiva finale, cioè quella risultante dopo aver applicato l’aumento per la continuazione ai sensi dell’art. 81 del codice penale. Non è possibile considerare solo la singola frazione di pena inflitta per i reati satellite.

La nuova formulazione dell’art. 53 della L. 689/1981 consente di considerare solo la parte di pena in aumento per la continuazione?
No, la norma è chiara nell’imporre di tenere conto della “pena aumentata”, ovvero del risultato finale del calcolo. L’intenzione del legislatore è stata quella di superare la vecchia disciplina, stabilendo un criterio unico basato sulla pena totale inflitta.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso?
Il ricorso è stato rigettato perché la pena complessiva dei ricorrenti, risultante dalla somma della condanna originaria e dell’aumento per la continuazione, era superiore al limite massimo previsto dalla legge per l’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva. Pertanto, la richiesta era infondata per il superamento dei limiti edittali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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