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Pene sostitutive reati ostativi: il no della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 13318/2024, ha annullato un’ordinanza che sostituiva una pena detentiva per rapina aggravata con la detenzione domiciliare. Il caso verteva sull’applicabilità delle pene sostitutive ai reati ostativi. La Suprema Corte ha chiarito che la rapina aggravata rientra tra i reati ostativi che precludono la sostituzione della pena, censurando il giudice di merito per non aver verificato adeguatamente la sussistenza delle aggravanti che impedivano la concessione del beneficio.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive e reati ostativi: la Cassazione fissa i paletti per la rapina aggravata

La recente sentenza n. 13318/2024 della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione delle pene sostitutive ai reati ostativi. La pronuncia chiarisce che la conversione della pena detentiva non è un’opzione percorribile per la rapina aggravata, a meno di un’attenta e rigorosa verifica da parte del giudice dell’esecuzione. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza della Corte di appello di Catania che, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza di un condannato. Nello specifico, la Corte territoriale aveva sostituito una pena di tre anni di reclusione per rapina con la misura della detenzione domiciliare, applicando le nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs 150/2022 (la cosiddetta “Riforma Cartabia”).

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la stessa Corte di appello ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione della legge penale. Il fulcro dell’impugnazione risiedeva nella natura del reato per cui era intervenuta la condanna: una rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, terzo comma, n. 1 del codice penale. Secondo il Procuratore, tale fattispecie rientra nel novero dei cosiddetti “reati ostativi”, per i quali la legge esclude esplicitamente la possibilità di accedere alle pene sostitutive.

Il quadro normativo sulle pene sostitutive per reati ostativi

Per comprendere la decisione della Cassazione, è fondamentale richiamare la normativa di riferimento. La legge n. 689/1981, all’articolo 59, elenca una serie di “condizioni soggettive ostative” che impediscono la sostituzione della pena detentiva. Tra queste, la lettera d) stabilisce un divieto esplicito quando la condanna riguarda uno dei reati inclusi nell’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario.

L’articolo 4-bis, a sua volta, individua un catalogo di delitti considerati di particolare gravità e allarme sociale. Il comma 1-ter di tale articolo menziona espressamente la rapina aggravata (art. 628, terzo comma c.p.), specificando che i benefici penitenziari possono essere concessi solo in assenza di collegamenti con la criminalità organizzata. Questo inserimento qualifica, di fatto, la rapina aggravata come reato ostativo anche ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive, come ribadito da una consolidata giurisprudenza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore Generale, annullando l’ordinanza impugnata. La motivazione della Cassazione si è concentrata su una grave carenza argomentativa da parte del giudice dell’esecuzione.

Il punto critico, evidenziato dai Giudici di legittimità, è che la Corte d’appello, pur menzionando il titolo del reato, ha omesso un passaggio logico-giuridico fondamentale: accertare in concreto se l’ipotesi aggravata fosse stata contestata nel capo di imputazione e ritenuta sussistente nella sentenza di condanna definitiva. A fronte di una norma che pone un chiaro sbarramento all’applicazione delle pene sostitutive per reati ostativi, il giudice non può limitarsi a un generico riferimento, ma ha il dovere di verificare scrupolosamente la presenza di quelle circostanze che attivano il divieto di legge.

In altre parole, il giudice dell’esecuzione non ha adeguatamente verificato se la condanna riguardasse effettivamente una rapina aggravata rientrante nell’elenco dell’art. 4-bis. Questa omissione ha viziato l’ordinanza, rendendola illegittima e meritevole di annullamento.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: l’accesso a benefici e misure alternative, incluse le pene sostitutive, è subordinato a un controllo rigoroso quando si tratta di reati di particolare gravità. La decisione della Cassazione non è solo una correzione formale, ma un richiamo alla necessità di un’analisi puntuale e motivata da parte dei giudici dell’esecuzione.

Per i condannati e i loro difensori, la pronuncia sottolinea che la semplice entità della pena non è l’unico parametro per richiedere la sostituzione. È essenziale considerare la natura del reato e l’eventuale presenza di condizioni ostative. Il giudice, dal canto suo, è chiamato a un’indagine approfondita che vada oltre la mera apparenza, verificando ogni elemento della condanna per stabilire se il divieto di legge sia applicabile o meno. La questione è stata quindi rinviata alla Corte di appello di Catania per un nuovo giudizio che dovrà tenere conto di questi imprescindibili principi.

È possibile sostituire una pena detentiva per il reato di rapina aggravata?
No, di regola non è possibile. La sentenza chiarisce che la rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, terzo comma, cod. pen. è un “reato ostativo” ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario. L’art. 59 della L. 689/1981 vieta la sostituzione della pena per tali reati.

Cosa sono i “reati ostativi” e perché sono importanti per le pene sostitutive?
I “reati ostativi” sono delitti considerati di particolare gravità per i quali la legge limita o esclude l’accesso a benefici penitenziari e pene alternative. La loro importanza risiede nel fatto che la condanna per uno di questi reati rappresenta una condizione soggettiva che impedisce al giudice di concedere la sostituzione della pena detentiva.

Quale errore ha commesso la Corte d’appello secondo la Cassazione?
La Corte d’appello ha commesso un errore di motivazione. Ha concesso la sostituzione della pena senza prima accertare in modo specifico se nel capo di imputazione fosse stata contestata e nella sentenza di condanna fosse stata effettivamente ritenuta la circostanza aggravante che qualifica la rapina come reato ostativo, omettendo così una verifica essenziale imposta dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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