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Pene sostitutive: quando si applicano nei processi in corso

Un imputato, condannato in appello prima della Riforma Cartabia, ha chiesto l’applicazione delle nuove pene sostitutive al giudice dell’esecuzione. La Cassazione ha annullato il diniego, affermando che la pendenza del termine per ricorrere in Cassazione rende applicabile la nuova disciplina transitoria, consentendo la richiesta di sostituzione della pena.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: la Cassazione fa chiarezza sull’applicazione ai processi in corso

L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha sollevato importanti questioni interpretative, specialmente riguardo la sua applicazione ai processi già avviati prima della sua entrata in vigore. Con la sentenza n. 3068 del 2024, la Corte di Cassazione interviene per delineare un principio fondamentale: la possibilità per il condannato di richiedere la sostituzione della pena detentiva anche se la sentenza d’appello è stata pronunciata prima della riforma, purché il procedimento non fosse ancora definitivo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado a otto mesi di reclusione, pena confermata dalla Corte di Appello con sentenza depositata il 24 ottobre 2022. Successivamente all’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il 30 dicembre 2022, il condannato presentava un’istanza al Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità o la detenzione domiciliare, ai sensi della nuova normativa.

Il Tribunale dichiarava l’istanza inammissibile per due motivi principali: primo, la mancanza di un’attestazione formale del passaggio in giudicato della sentenza; secondo, e più importante, il fatto che al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, la sentenza di appello era già stata pubblicata e non pendeva alcun ricorso per cassazione. Di conseguenza, secondo il giudice, la disciplina transitoria non sarebbe stata applicabile.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il processo doveva considerarsi ancora formalmente pendente al 30 dicembre 2022, poiché non era ancora scaduto il termine per impugnare la sentenza d’appello.

La Disciplina Transitoria sulle Pene Sostitutive

L’articolo 95 del d.lgs. n. 150/2022 introduce una disciplina transitoria per gestire l’applicazione delle nuove pene sostitutive ai processi in corso. La norma mira a bilanciare l’esigenza di certezza del diritto con il principio del favor rei, ovvero l’applicazione della legge più favorevole all’imputato.

La questione centrale del caso era stabilire cosa si intenda per “processo in corso” ai fini di questa norma. Secondo il Tribunale, la pendenza era cessata con la pubblicazione della sentenza di appello. Per la difesa, invece, la pendenza sussisteva fino alla scadenza del termine per l’impugnazione in Cassazione.

L’intervento della Corte di Cassazione e il principio di diritto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando gli atti per un nuovo esame. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata e coerente con precedenti pronunce.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha stabilito un principio cruciale: ai fini dell’applicazione della disciplina transitoria sulle pene sostitutive, la pronuncia della sentenza di appello determina la pendenza del procedimento davanti alla Corte di Cassazione. Questo significa che, anche se il ricorso non è stato ancora materialmente presentato, il processo si considera “in corso” fino a quando non scade il termine per proporlo.

Di conseguenza, per tutti i processi che si trovavano in questa fase (cioè tra la pubblicazione della sentenza d’appello e la scadenza del termine per ricorrere in Cassazione) alla data del 30 dicembre 2022, la nuova disciplina è applicabile. Una volta che la sentenza diventa definitiva (passa in giudicato), il condannato può legittimamente avanzare istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la sostituzione della pena detentiva.

La Corte ha inoltre rilevato un errore di fatto nell’ordinanza impugnata riguardo alla data di presentazione dell’istanza e ha sottolineato che spettava al giudice dell’esecuzione verificare, anche d’ufficio, il rispetto del termine di trenta giorni per la presentazione della richiesta, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia, estendendo la portata applicativa della Riforma Cartabia in materia di pene sostitutive. La decisione chiarisce che il concetto di “pendenza del processo” deve essere interpretato in senso ampio, includendo anche il periodo in cui è ancora possibile esercitare il diritto di impugnazione. Per i condannati, ciò si traduce in una concreta possibilità di beneficiare delle nuove misure sanzionatorie, più orientate al reinserimento sociale, anche per reati giudicati prima dell’entrata in vigore della riforma. Il caso torna ora al Tribunale di Marsala, che dovrà riesaminare la richiesta alla luce dei principi espressi dalla Cassazione.

Quando un processo può considerarsi pendente ai fini dell’applicazione delle nuove pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia?
Un processo si considera pendente se, alla data di entrata in vigore della nuova legge (30 dicembre 2022), la sentenza di appello era stata pronunciata ma non era ancora scaduto il termine per proporre ricorso per cassazione.

A chi deve essere presentata la richiesta di sostituzione della pena detentiva in questi casi?
La richiesta di sostituzione della pena deve essere avanzata al giudice dell’esecuzione, ma solo dopo che la sentenza di condanna è divenuta definitiva (cioè passata in giudicato).

Qual è il termine per presentare l’istanza di sostituzione della pena al giudice dell’esecuzione?
La sentenza menziona che il Procuratore Generale ha fatto riferimento a un termine di trenta giorni stabilito dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022. La Corte ha stabilito che spetta al giudice dell’esecuzione verificare il rispetto di tale termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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