Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15152 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SANFRONT il 08/08/1956
avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE d’APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della parte ricorrente, avv. NOME COGNOME la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Torino ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado della ricorrente per i delitti di bancarotta documentale semplice e per aggravamento del dissesto.
Avverso la richiamata sentenza propone ricorso per cassazione l’imputata, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME denunciando mediante un unico, articolato motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 545-bis e 597, comma 1, dello stesso codice e all’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022.
La violazione sarebbe correlata, secondo la prospettazione difensiva, al rigetto dell’istanza di sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria.
A riguardo, la ricorrente premette che in appello aveva formulato istanza di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, con rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi degli artt. 20-bis cod. pen. e 545-bis cod. proc. pen., producendo la relativa documentazione.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile poiché, anche se il giudizio di primo grado era stato definito il 9 marzo 2023 quando era già entrato in vigore il suddetto art. 545-bis cod. proc. pen., la pena sostitutiva non era stata richiesta e, anzi, esso difensore aveva, instando per la sospensione condizionale della pena, espresso una volontà difforme.
La ricorrente denuncia l’illegittimità della decisione assunta in parte qua dalla decisione impugnata, poiché il suo interesse a richiedere la pena sostitutiva, in quanto rientrante nei limiti edittali contemplati dall’art. 20-bis co pen., era sorto solo dopo la pronuncia di primo grado, che aveva riqualificato i reati contestati nei primi due alinea del capo di imputazione nel delitto di bancarotta semplice e l’aveva assolta dal terzo alinea del medesimo capo di imputazione concernente il delitto di bancarotta fraudolenta.
Sottolinea, inoltre, che, anche a prescindere da ciò, manca nell’ordinamento una disposizione la quale preveda che, a pena di decadenza, l’istanza di sostituzione debba essere formulata nel giudizio di primo grado. Deduce, in particolare, che sarebbe inconferente, al riguardo, la previsione espressa dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, richiamato dalla pronuncia della Corte territoriale, poiché con essa il legislatore si è limitato a chiarire che, in applicazione della regola della lex mitior, la norma trova applicazione nei procedimenti pendenti.
Soggiunge, altresì, che la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto che l’istanza di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria può essere proposta per la prima volta anche in appello.
Sotto un secondo aspetto, per l’ipotesi in cui si ritenga che le norme non possano che essere intese nel senso affermato dalla Corte d’appello, assume un contrasto delle stesse con gli artt. 3, 24 e 27 Cost.
In particolare, evidenzia che, qualora questa Corte non condividesse tale interpretazione, assunta quale costituzionalmente orientata, degli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, si profilerebbe un dubbio di compatibilità di tali norme con gli artt. 3, 24 e 27 Cost. per: a) l’irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a creare tra situazioni identiche connotate dalla medesima esigenza deflattiva, frustrato dall’introduzione di termini di decadenza non previsti dalla legge; b) il contrasto con la ratio della riforma, diretta espressione del principio del finalismo rieducativo della pena, in forza del quale dovrebbe essere consentito il più ampio accesso possibile alle pene sostitutive onde favorire il reinserimento sociale del condannato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso non è fondato, per le ragioni di seguito indicate.
Occorre premettere che la ricorrente, chiamata a rispondere dinanzi al giudice di primo grado di vari delitti fallimentari, compreso quello di bancarotta fraudolenta distrattiva, commessi prima dell’entrata in vigore della novella introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in tema di pene sostitutive alla detenzione, ha richiesto in sede di discussione dinanzi al GUP, celebratasi nella vigenza del riformato assetto normativo, la sospensione condizionale della pena.
Sospensione che il giudice ha potuto concedere solo perché, a seguito dell’operata riqualificazione dei reati ascritti in quelli meno gravi di bancarotta documentale semplice e di dissesto cagionato per effetto di operazioni dolose, la pena rientrava nei relativi limiti edittali.
In appello, tuttavia, la ricorrente ha chiesto, in luogo del già concesso beneficio della sospensione condizionale della pena, una pena sostitutiva tra quelle indicate dall’art. 20-bis cod. proc. pen.
E’ vero, come assume l’imputata, che, nel dettare la disciplina transitoria riguardante l’applicazione della normativa sopravvenuta, l’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 prevede che le disposizioni contenute nel Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, il cui contenuto è stato oggetto di modifica per effetto
dell’entrata in vigore, appunto, del predetto decreto, si applicano, ove più favorevoli, anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, senza che sia indicata in tale disposizione una determinata fase del giudizio nella quale la richiesta in questione debba essere necessariamente veicolata (cfr. Sez. 3, n. 25862 del 07/02/2024, COGNOME, non mass.).
Sennonché, come si è già evidenziato, nella fattispecie in esame, alla data del 30 dicembre 2022, il giudizio era pendente in primo grado e, nell’ambito dello stesso, la Giusiano aveva richiesto, pur potendo già instare per l’applicazione di una pena sostitutiva tra quelle contemplate dall’art. 20-bis cod. proc. pen., la sospensione condizionale della pena, configurata come alternativa alle pene sostitutive di quelle detentive brevi nel disegno generale della riforma operata nella materia dal d.lgs. n. 150 del 2022, come espressamente previsto dall’art. 61-bis della legge n. 689 del 1981.
Sospensione condizionale che, vale ancora una volta sottolineare, alla medesima stregua della pena sostituiva, la ricorrente non avrebbe potuto ottenere qualora il giudice di primo grado non avesse operato la riqualificazione dei delitti originariamente ascritti in quelli meno gravi poi ritenuti.
Vi è, pertanto, che il suggestivo argomento della difesa della ricorrente per il quale la possibilità di instare per la pena sostitutiva in appello sarebbe rimasta ferma poiché ad essa avrebbe potuto accedere solo in forza della riqualificazione dei delitti operata dal Giudice di primo grado non coglie nel segno.
Si deve allora ribadire che la richiamata disposizione transitoria espressa dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 deve essere intesa, peraltro in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che le disposizioni sopravvenute si applicano alternativamente o ai giudizi di primo grado o a quelli di appello pendenti al momento della entrata in vigore della nuova normativa (laddove la pendenza dell’appello deve essere individuata con riguardo al momento nel quale è stato pronunciato il dispositivo della decisione di primo grado: Corte Cost. sent. n. 25 del 2024). Con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui, come nel caso in esame, il giudizio fosse stato pendente in primo grado al momento della entrata in vigore delle disposizioni più favorevoli, sarebbe stato indefettibile onere dell’imputata, in ogni fase del relativo grado, formulare istanza volta all’applicazione di una delle pene sostitutive. Senza che, in caso contrario, tale facoltà possa essere “recuperata” nel successivo grado di appello, nel corso del quale, invero, un’eventuale richiesta da parte dell’interessato può essere formulata, in forza dei principi ritraibili da Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125, esclusivamente nella forma di motivo di impugnazione volto a contestare la decisione emanata nel primo grado di giudizio e con la quale la
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richiesta di ammissione alle sanzioni sostitutive, a suo tempo formulata, era stata rigettata (Sez. 3, n. 25862 del 07/02/2024, COGNOME, non mass.).
Ciò che non è avvenuto nel caso in esame nel quale, come si è evidenziato più volte, l’imputata aveva chiesto ed ottenuto nel giudizio di primo grado, definito dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, la sospensione condizionale della pena, che è incompatibile, secondo quanto espressamente stabilito dall’art. 61-bis della legge n. 689 del 1981, con le sanzioni sostitutiv indicate nell’art. 20-bis cod. pen.
E, invero, come si è affermato nella recente giurisprudenza di legittimità in una fattispecie speculare, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, l’istanza di applicazione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, in quant indicativa della volontà dell’imputato di eseguire la pena, comporta l’implicita rinuncia alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, con conseguente preclusione della formulazione, in sede di gravame, di doglianze riguardanti il difetto di motivazione circa il diniego del beneficio, attesa l’incompatibilità tra i due istituti (Sez. 3, n. 2223 del 24/09/2024, dep. 2025, C., Rv. 287394).
4.Né questa interpretazione del combinato disposto delle norme di riferimento, rispetto alle quali, oltre all’art. 545-bis cod. proc. pen. e all’art del d.lgs. n. 150 del 2022, occorre aver riguardo al sistema alternativo configurato dall’art. 61-bis della legge n. 689 del 1981, si pone in contrasto con i parametri costituzionali evocati dalla difesa della ricorrente con il secondo motivo proposto in via subordinata.
4.1.E’ innanzi tutto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale formulata con riguardo agli artt. 3 e 24 Cost. per un’assunta irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a creare tra situazioni identiche connotate dalla medesima esigenza deflattiva, che sarebbe frustrata dall’introduzione di termini di decadenza non previsti dalla legge, poiché non sono equiparabili le situazioni di chi, nel vigore della nuova disciplina delle pene sostitutive brevi, abbia richiesto nel giudizio di primo grado la sospensione condizionale della pena con quella di quanti abbiano formulato in tale giudizio richiesta di una pena sostitutiva ottenendo un provvedimento di diniego ovvero proposto l’istanza di sostituzione della pena nel corso del processo di appello poiché alla data di entrata in vigore della riforma operata dal d.lgs. n. 150 del 2022 il loro giudizio pendeva in tale grado.
Né peraltro è in discussione, vale sottolineare, la possibilità di richiedere, anche dopo l’entrata in vigore della novella normativa, la sostituzione delle pene detentive brevi, anche una volta ottenuta la sospensione condizionale della pena
ma secondo le disposizioni del precedente regime normativo, in forza del principio della lex mitior (cfr. Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354, in motivazione).
Situazione, questa, che, tuttavia, non è equiparabile a quella della Giusiano, che ha richiesto di poter beneficiare delle pene sostitutive secondo il regime, dalla stessa ritenuto più favorevole, introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022.
Non è infatti possibile, nell’ambito della successione delle norme penali nel tempo, effettuare una contemporanea applicazione di norme o di frammenti di norme riconducibili al regime previgente ovvero a quello sopravvenuto, dovendosi fare riferimento all’uno o all’altro nella sua interezza (arg. Sez. 4, n. 26557 del 20/06/2024, COGNOME, Rv. 286677, in motivazione, in fattispecie analoga).
4.2. Parimenti, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, ove interpretato, come si è fatto, nel senso di precludere la possibilità di richiedere in appello la pena sostitutiva per la quale non era stata già formulata istanza nel giudizio di primo grado, pur pendente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, giudizio nel quale era stata richiesta e ottenuta invece la sospensione condizionale della pena, con riferimento all’art. 27 Cost., poiché sarebbe vanificata la ratio della riforma volta a consentire, in omaggio alla finalità rieducativa della pena, un più ampio accesso alle pene sostitutive di quelle detentive brevi per consentire il reinserimento sociale del condannato.
Non può certamente dubitarsi che la finalità primaria della revisione organica del sistema delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi delineato dalla legge delega n. 134 del 27 settembre 2021 e, in base ai relativi principi e criteri direttivi, dal d.lgs. n. 150 del 2022, sia quella del superament della pena carceraria quale principale risposta sanzionatoria rispetto al compimento e all’accertamento in sede giurisdizionale di un fatto di reato. In tale prospettiva si muove, infatti, l’art. 20-bis cod. pen. che, nel disciplinare le pen sostitutive delle pene detentive brevi applicabili già in fase cognitiva dal giudice ordinario, limita l’ingresso in carcere unicamente ai casi più gravi, evitando il rischio che brevi periodi di detenzione possano pregiudicare il fine rieducativo della pena e il reinserimento sociale del condannato, innescando effetti ancora più criminogeni, poiché una breve detenzione può essere un tempo sufficiente ad innescare processi di desocializzazione e di contagio criminale.
Sennonché è proprio il più volte richiamato art. 61-bis della legge n. 689 del 1981 ad aver assunto un’espressa posizione rispetto all’ampio dibattito precedente avente ad oggetto il tema della sospensione condizionale delle pene
sostitutive, stabilendo che le disposizioni relative alla sospensione condizionale della pena non trovano applicazione in caso di conversione della pena detentiva
in pena sostitutiva. Come è stato peraltro chiarito dalla Corte Costituzionale, le scelte del d.lgs. n. 150 del 2022 in tema di riforma della disciplina delle pene
sostitutive brevi si collocano, dal punto di vista sistematico, nel quadro di un complessivo intervento legislativo volto anche ad assicurare risposte
sanzionatorie al reato certe, rapide ed effettive, ancorché alternative rispetto al carcere, risultato che è conseguito (tra l’altro) proprio mediante la regola
dell’inapplicabilità della sospensione condizionale alle pene sostitutive (Corte
Cost. sent. n. 84 del 2024).
Pertanto, sebbene in generale la riforma in esame sia orientata a rendere effettivo il principio costituzionale del finalismo rieducativo della pena sancito
dall’art. 27 Cost., tuttavia la difesa della COGNOME trascura di considerarne il disegno complessivo, volto ad incanalare sin da subito il condannato verso un
percorso ben definito, che si fonda sull’alternatività tra la sospensione condizionale della pena e la pena sostitutiva, con conseguente manifesta
infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale, questione che, del resto, avrebbe dovuto investire anche l’art. 61-bis della legge n. 689 del 1981, al contrario non attinto da alcuna censura.
Il ricorso deve dunque essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2025
Il Consigliere COGNOME
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Il President