Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36619 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36619 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/04/2025 del TRIBUNALE di COSENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 14 aprile 2025 con cui il Tribunale di Cosenza, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena di tre anni di reclusione irrogata dal Tribunale di Cosenza con la sentenza emessa in data 02 dicembre 2021, divenuta irrevocabile in data 14 gennaio 2025, ritenendo non rispettato il requisito temporale previsto dalle disposizioni transitorie del d.lgs. n. 150/2022, non essendo stato il meccanismo introdotto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. azionato durante il giudizio di appello, pendente alla data di entrata in vigore della riforma, e non essendo causa di nullità l’eventuale omissione dell’avviso all’imputata di poter chiedere la sanzione sostitutiva;
rilevato che la ricorrente deduce la carenza e la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, per avere il Tribunale omesso di valutare che la mancanza dell’avviso di poter chiedere l’applicazione delle sanzioni sostitutive le ha impedito di presentare la relativa richiesta durante la fase di appello, peraltro iniziata prima dell’entrata in vigore della normativa che ha introdotto l’istituto previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen., e che tale mancanza legittima la proposizione della richiesta in fase esecutiva, pena altrimenti la violazione del suo diritto di difesa;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché non si confronta con l’ordinanza impugnata, che ha già valutato la questione qui nuovamente proposta e l’ha risolta con motivazione approfondita, non manifestamente illogica e conforme al contenuto della norma e della relativa disposizione transitoria, secondo la quale la richiesta di applicazione della pena sostitutiva poteva e doveva essere avanzata nel giudizio di appello, pendente al momento di entrata in vigore dell’art. 545-bis cod. proc. pen., avendo questa Corte affermato che «L’applicabilità delle pene sostitutive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen. a processi pendenti in grado di appello alla data di entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (riforma Cartabia), secondo la disciplina transitoria prevista dall’art. 95 del d.lgs. citato, è subordinata alla richiesta dell’imputato, da formularsi, al più tardi, nel corso della udienza di discussione. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice di appello non ha alcun dovere di rendere edotto l’imputato circa la facoltà di richiedere l’applicazione delle sanzioni sostitutive, né, in assenza di esplicita richiesta in tal senso, di motivarne la mancata applicazione)» (Sez. 4, n. 636 del 29/11/2023, dep. 2024, Rv. 285630; vedi
anche, sull’onere gravante sull’imputato e non sul giudice di appello, Sez. 6, n. 30711 del 30/05/2024, Rv. 286830);
ritenuto che il ricorso non si confronti, in particolare, con la valutazione della non proponibilità dell’istanza al giudice dell’esecuzione in casi diversi da quello previsto dall’art. 95 d.lgs. n. 150/2022, che lo limita all’ipotesi del procedimento pendente davanti alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della norma stessa, ed affermi erroneamente l’impossibilità di presentare l’istanza durante il giudizio di appello, finanche all’udienza di discussione, dal momento che il tempo già trascorso dall’entrata in vigore della norma, rispetto alla data di questa, e la conoscenza della possibilità di una conferma della condanna già pronunciata dal giudice di primo grado, rendevano possibile la partecipazione dell’imputata all’udienza o il conferimento al difensore di una procura speciale per prestare il consenso alla sostituzione, con conseguente insussistenza della dedotta violazione dei diritti difensivi;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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