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Pene sostitutive: quando la richiesta è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che aveva richiesto l’applicazione di pene sostitutive, come il lavoro di pubblica utilità, solo dopo la condanna definitiva. Secondo la Corte, in base alle norme transitorie della Riforma Cartabia, tale richiesta andava presentata durante il giudizio di appello, essendo un onere della parte e non un obbligo del giudice informarla di tale facoltà.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: Occhio ai Termini!

La Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema sanzionatorio penale, tra cui un ampliamento delle pene sostitutive per le condanne detentive brevi. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che per beneficiare di queste misure è fondamentale rispettare le corrette tempistiche procedurali. Il caso in esame riguarda proprio la richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità presentata in fase esecutiva, cioè dopo che la condanna era già diventata definitiva. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione.

I Fatti del Caso

Una donna veniva condannata in primo grado a tre anni di reclusione con una sentenza del 2021. La sentenza diveniva irrevocabile a gennaio 2025. Successivamente, l’imputata presentava istanza al Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.

Il Tribunale dichiarava la richiesta inammissibile. La motivazione? Secondo la disciplina transitoria della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), la richiesta avrebbe dovuto essere avanzata durante il giudizio di appello, che era pendente al momento dell’entrata in vigore della riforma. L’imputata, ritenendo violato il proprio diritto di difesa per non essere stata avvisata di questa facoltà, proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e le Pene Sostitutive

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando la decisione del Tribunale. Gli Ermellini hanno stabilito che la richiesta di applicazione delle pene sostitutive doveva inderogabilmente essere presentata nel corso del giudizio di merito pendente (in questo caso, l’appello) e non poteva essere ‘recuperata’ in fase esecutiva.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni precise e rigorose, che chiariscono la corretta interpretazione delle norme transitorie della Riforma Cartabia.

L’Onere della Richiesta e la Disciplina Transitoria

Il punto centrale della motivazione risiede nell’articolo 95 del d.lgs. 150/2022. Questa norma transitoria stabilisce che per i processi pendenti in appello all’entrata in vigore della riforma, la richiesta di pene sostitutive è subordinata a un’esplicita istanza dell’imputato, da formularsi al più tardi durante l’udienza di discussione. La Corte ha sottolineato che si tratta di un onere a carico della parte interessata. La legge non prevede una ‘sanatoria’ per chi non si attiva nei tempi previsti.

L’Assenza di un Obbligo di Avviso per il Giudice

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Cassazione ha ribadito, citando propri precedenti, che il giudice d’appello non ha alcun dovere di informare l’imputato della facoltà di richiedere le pene sostitutive. La conoscenza della legge si presume e spetta all’imputato e al suo difensore attivarsi per esercitare i propri diritti. La mancata notifica di questa possibilità non costituisce, quindi, una causa di nullità né una violazione del diritto di difesa.

L’Insussistenza della Violazione del Diritto di Difesa

La Corte ha ritenuto infondata anche la doglianza relativa alla violazione del diritto di difesa. Il tempo trascorso tra l’entrata in vigore della riforma e la celebrazione dell’udienza d’appello era più che sufficiente per permettere all’imputata di presentare la richiesta, anche tramite il proprio difensore munito di procura speciale. L’inerzia della parte non può essere imputata a una lacuna del sistema o a una violazione dei suoi diritti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un insegnamento fondamentale: le opportunità processuali, specialmente quelle introdotte da nuove riforme come la Cartabia, devono essere colte entro i termini perentori stabiliti dalla legge. La richiesta di pene sostitutive è una facoltà che va esercitata nel giudizio di merito (primo grado o appello). Una volta che la sentenza diventa definitiva, questa porta si chiude, e non è più possibile presentare l’istanza in fase esecutiva. La decisione riafferma il principio di auto-responsabilità delle parti processuali e la necessità di una difesa tecnica attenta e proattiva.

Dopo la Riforma Cartabia, è possibile chiedere le pene sostitutive dopo che la sentenza è diventata definitiva?
No, di norma non è possibile. La Corte ha chiarito che, per i processi in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma, la richiesta andava presentata durante il giudizio di merito pendente (in questo caso, l’appello) e non può essere avanzata per la prima volta in fase esecutiva.

Il giudice d’appello ha l’obbligo di informare l’imputato della possibilità di chiedere le pene sostitutive?
No. La Cassazione ha stabilito che non esiste alcun dovere per il giudice di avvisare l’imputato di questa facoltà. È un onere che grava sull’imputato e sul suo difensore attivarsi per presentare la richiesta nei tempi corretti.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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