Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32754 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32754 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva irrogata con la detenzione domiciliare o con altra sanzione sostitutiva di cui agli artt. 20 bis cod. pen. e 58 I. 689/81. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e sono afferenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
La motivazione nel provvedimento impugnato riguardante la mancata sostituzione della pena detentiva la semidetenzione o con altra pena sostitutiva ex art. 20 bis cod. pen. è logica, coerente e corretta in punto di diritto.
Per la Corte territoriale nel caso di specie, le modalità dell’azione appaiono pericolose poiché l’autore in pieno giorno commetteva uno dietro l’altro una serie di “scippi” a bordo di ciclomotore, avvistato dalle forze dell’ordine non si fermava all'”ALT” ma in maniera spregiudicata oltrepassava il blocco e proseguiva una fuga a bordo del veicolo per strade appartenenti al centro cittadino, trafficate a quell’ora, mettendo a rischio la pubblica incolumità. E queste considerazioni, in uno ai precedenti penali, numerosi e per reati della stessa indole di quelli per i quali si procede, secondo la logica motivazione della Corte partenopea non consentono l’applicazione della pena sostitutiva richiesta.
Il provvedimento impugnato opera, pertanto, un corretto governo dei consolidati principi in materia affermati da questa Corte di legittimità.
Come è noto, l’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (rubricato “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lgs. n. 150 de! 2022, intervenuto a ristrutturare in modo significativo la disciplina delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri
indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati.
Ebbene, sul punto la sentenza impugnata opera un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata, quindi, agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, ed il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., sicché la r chiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, Rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853).
Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449 – 01, con riguardo all’assetto normativo precedente alla novella del 2022, ha già precisato che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – 01).
Ebbene, tale principio, come ricordato dalle recenti Sez. 7, ord. n. 23006 del 10/06/2025, COGNOME, non mass e Sez. 7, ord. n. 11652 dell’11/03/2025, COGNOME, non mass. può essere applicato anche alle pene sostitutive come configurate dal legislatore della riforma, in quanto la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133 (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023 COGNOME, Rv. 285090, in motivazione).
È stato anche condivisibilmente osservato che, quanto all’inserimento, nel testo dell’art. 58, comma 1, seconda parte, I. 689 del 1981, nell’ambito della preesistente ipotesi di non concedibilità della sostituzione, del riferimento alla necessità che vi siano “fondati motivi” per ritenere che le prescrizioni connesse alle sanzioni sostitutive richieste non saranno adempiute dal condannato, deve evidenziarsene la ragione. Si tratta di un richiamo normativo volto a sottolineare l’esigenza di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurar
effettività alla pena, in un’ottica di salvaguardia dei beni giuridici penalmente protetti. In altre parole, ci si trova dinanzi ad un esplicito monito normativo diretto a giudice, affinché bilanci adeguatamente in concreto le predette esigenze; un monito che si risolve in un corrispondente obbligo di congrua motivazione.
Ebbene, nel provvedimento sottoposto all’esame del Collegio, il giudice di secondo grado ha valutato in modo attento la negativa prognosi, parametrandola agli indicatori previsti dall’art. 133 cod. pen. e, nella specie, in particolare, al com portamento dell’imputato successivamente alla commissione del reato, quali fattori di convincimento razionale dell’ostacolo a prevedere un favorevole esito dell’applicazione di una delle pene sostitutive richieste.
Va anche ricordato che, in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve, previste dall’art. 53, legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico, così come accaduto nel caso sottoposto al Collegio (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, NOME, Rv. 276716).
In conclusione, deve affermarsi che, anche successivamente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, la gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna, le su modalità di commissiope e la personalità del condannato, per come risulti anche dai precedenti penali. I “fondati motivi” che impongono la non sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 58, comma primo, seconda parte, I. n. 689 del 1981, esprimono la necessità di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare effettività alla pena, risolvendosi in un obbligo di adeguata e congrua motivazione per il giudice.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17/09/2025