Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23006 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 17/09/1981
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva irrogata con quella pecuniaria ex art. 56-quater I. 689/81.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e sono afferenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
La motivazione nel provvedimento impugnato riguardante la mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria richiesta dalla difesa è logica, coerente e corretta in punto di diritto.
Come ricorda la sentenza impugnata, nelropporsi al motivo d’appello, la Procura Generale aveva evidenziato, al pari della sentenza di primo grado, i precedenti dell’imputato, anche recenti fino al 2022, e la reiterazione della condotta, accertata a breve distanza di tempo. E la sentenza di primo grado valorizza in tal senso anche l’esecuzione in corso della detenzione domiciliare per precedenti titoli esecutivi.
In sentenza, correttamente, si rileva che, per la disciplina delle pene sostitutive l’articolo 20-bis cod. pen. rinvia alla legge 689/1981, riformulata dal d.lgs. 150/2022, che infatti costituisce disciplina più favorevole al reo, applicabile su base intertemporale ex articolo 2, comma 4, cod. pen., in assenza di applicazione della sospensione condizionale della pena (cfr. sul tema Sez. 4, n. 26557 del 20/06/2024, Rv. 286677 – 01; Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, Rv. 286751 01). Ai sensi dell’articolo 58, comma 1 legge 689/1981, le pene sostitutive della pena detentiva possono essere applicate “quando risultano più idonee alla rieducazione del condannate e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”.
Ebbene, per la Corte territoriale, nella specie, è innanzitutto certo che la pena pecuniaria sostitutiva non risulterebbe idonea alla rieducazione del condannato, che non ha offerto alcun elemento sulla propria garanzia generica a presidio delle obbligazioni pecuniarie, non risulta dotato di consistenze patrimoniali sulla base degli atti di questo procedimento, non è mai stato presente in udienza quindi per il fatto per cui si procede non ha mai interagito con organi giudicanti e neppure, per quanto consta, con quelli requirenti, non ha in sostanza offerto garanzia sul piano personologico che egli sarebbe in grado di comprendere la gravità del disvalore dell’atto commesso in assenza di una restrizione della libertà personale.
Ciò per i giudici di appello rileva appunto ai fini della garanzia del “rispetto delle finalità rieducative e di prevenzione proprie della pena” (Sez. 6, n. 29192 del 28/05/2024, Rv. 286771 – 01), non ai fini della prognosi di adempimento dell’obbligazione pecuniaria, a proposito della cui possibilità vi è contrasto in giurisprudenza di legittimità, costante essendo la sola affermazione che la pena sostitutiva può essere disposta anche nei confronti di imputati in condizioni economiche disagiate: una tesi afferma che la prognosi di inadempimento ostativa si riferisce soltanto alle pene sostitutive accompagnate da prescrizioni (Sez. 6, n. 29192 del 28/05/2024, Rv. 286771 – 01 e precedenti conformi), mentre quella opposta riferisce la prognosi di adempimento anche all’obbligazione pecuniaria (Sez. 2, n. 15927 del 20/02/2024, Rv. 286318 -01 e precedenti conformi).
In sentenza si evidenzia anche, in via concorrente con quanto precede, che l’imputato ha mostrato a più riprese la propria insensibilità all’ordinamento penale, proprio laddove esso riproduce le regole più basilari di convivenza, a partire dall’ancestrale neminem laedere. Nel certificato del suo casellario giudiziale campeggia una condanna per concorso in omicidio volontario, affiancata da numerosi reati contro la persona, come le lesioni dolose e la rissa, o comunque caratterizzati dall’esercizio effettivo di violenza, come la resistenza ex articolo 337 c.p. e il danneggiamento ex articolo 635 c.p. La risalenza di alcune di tali condanne non ne fa venire meno, nel loro complesso,
Il provvedimento impugnato opera, pertanto, un corretto governo dei consolidati principi in materia affermati da questa Corte di legittimità.
Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449 – 01, con riguardo all’assetto normativo precedente alla novella del 2022, ha già precisato che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, ie modalità del fatto per il quale
è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – 01).
Ebbene, tale principio, come ricorda Sez. 7, ord. n. 11652 dell’11/03/2025, Kamal, non mass. può essere applicato anche alle pene sostitutive come configurate dal legislatore della riforma, in quanto la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133 (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023 Agostino, Rv. 285090, in motivazione).
La valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata, quindi, agli stessi criteri previsti dalla legge per la determin zione della pena, ed il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., sicché la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, Rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853).
5. È stato anche condivisibilmente osservato che, quanto all’inserimento, nel testo dell’art. 58, comma 1, seconda parte, I. 689 del 1981, nell’ambito della preesistente ipotesi di non concedibilità della sostituzione, del riferimento alla necessità che vi siano “fondati motivi” per ritenere che le prescrizioni connesse alle sanzioni sostitutive richieste non saranno adempiute dal condannato, deve evidenziarsene la ragione. Si tratta di un richiamo normativo volto a sottolineare l’esigenza di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurar effettività alla pena, in un’ottica di salvaguardia dei beni giuridici penalmente protetti.
In altre parole, ci si trova dinanzi ad un esplicito monito normativo diretto al giudice, affinché bilanci adeguatamente in concreto le predette esigenze; un monito che si risolve in un corrispondente obbligo di congrua motivazione.
Ebbene, nel provvedimento sottoposto all’esame del Collegio, il giudice di secondo grado ha valutato in modo attento la negativa prognosi, parametrandola agli indicatori previsti dall’art. 133 cod. pen. e, nella specie, in particolare, portamento dell’imputato successivamente alla commissione del reato e nel corso del processo, quali fattori di convincimento razionale dell’ostacolo a prevedere un favorevole esito dell’applicazione di una delle pene sostitutive richieste.
Va ricordato che, in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive
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della pena detentiva breve, previste dall’art. 53, legge 24 novembre 1981, n.
costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, s tivato in modo non manifestamente illogico, così come accaduto nel caso sottopo
sto al Collegio (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, COGNOME, Rv. 276716).
In conclusione, deve affermarsi che, anche successivamente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione delle pene detentive b
rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condot con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in con
zione, tra l’altro, la gravità del fatto per il quale è intervenuta condann modalità di commissione e la personalità del condannato, per come risulti anc
dai precedenti penali. I “fondati motivi” che impongono la non sostituzione de pena, ai sensi dell’art. 58, comma primo, seconda parte, I. n. 689 del 1981, e
mono la necessità di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme san
torie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitu l’obiettivo di assicurare effettività alla pena, risolvendosi in un obbligo di a
e congrua motivazione per il giudice.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammiss bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorre pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.
Così deciso in Roma il 10/06/2025