Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 636 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 636 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PAGANI il 08/12/1966
avverso la sentenza del 10/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia h confermato la sentenza emessa il 18/07/2022 dal Tribunale di Brescia, all’esito giudizio abbreviato, con la quale NOME COGNOME era stato ritenut responsabile del reato previsto dall’art.624-bis cod.pen. e, concessa la circosta attenuante prevista dall’art.62, n.4, cod.pen. ritenuta equivalente alla conte recidiva, condannato alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed € 800,0 di multa; reato commesso per essersi impossessato di monili in oro, di bigiotter e di un telefono cellulare dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazio NOME COGNOME.
La Corte territoriale ha rigettato l’unico motivo di impugnazione proposto dall’imputato e riguardante la concreta dosimetria della pena; rilevando che scostamento della sanzione rispetto alla pena base doveva intendersi giustificat alla luce della personalità dell’imputato – gravato da plurimi e gravi preceden nonché dal fatto che, essendo il furto stato commesso in orario diurno n -n f quest’ultimo GLYPH essersi rappresentato il rischio che la persona offesa si trovasse all’interno dell’abitazione, agendo ugualmente.
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. relazione agli artt.20-bis e 545-bis cod.pen. nonché in relazione alil’art.95 del d 10 ottobre 2022, n.150, nella parte in cui non aveva provveduto a dare all’imputato l’avviso della possibilità di richiedere la sostituzione della detentiva con una delle sanzioni sostituti4 previste dall’art.53 della I. n.698/
Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe fatto errata applicazione del suddetta normativa transitoria, non consentendo quindi all’imputato di beneficiar della semilibertà sostitutiva ovvero della detenzione domiciliare sostitutiva, at la pena concretamente inflitta; facoltà da ritenere specificamente rilevante caso di specie, considerato che – nel caso di condanna per il reato previ dall’art.624-bis cod.pen. – l’art.656 cod.proc.pen. prevede l’impossibili disporre la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena; ha quindi chies l’annullamento della sentenza con rinvio alla Corte territoriale al fine di permet l’eventuale scelta di acconsentire all’applicazione di una delle predette sanzi sostitutive.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di impugnazione, il ricorrente ha dedotto che il giudice di appello – atteso che il dispositivo è stato pronunciato in data (10/01/2023) successiva rispetto all’entrata in vigore del d.lgs. n.150/2022 e, specificamente, dell’art. 545-bis cod.proc.pen. – avrebbe dovuto dare avvertimento all’imputato della facoltà di richiedere la sostituzione della pena detentiva con una delle sanzioni sostitutive previste dall’art.20-bis cod.pen., pure introdotto a seguito della predetta novella.
3. Il motivo è infondato.
3.1 L’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum normativo introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso all’entrata in vigore della disciplina normativa (30 dicembre 2022) che si trovino in primo grado e ui appello.
Per cui ad essi risulta applicabile anche l’art. 545-bis cod. proc. pen. il cui comma 1 stabilisce che «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata lai sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura “bifasica”).
A propria volta, l’art. 58 della I.n. 689 del 1981(rubricato “Potere discrezionale de/giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”), come modificato dal d.lgs. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
A sua volta, l’art. 20-bis cod. pen., indica che le pene sostitutive (la cui disciplina è declinata nella I.n. 689 del 1981) sono: 1) la semilibertà sostitutiva;
la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutiv
4) la pena pecuniaria sostitutiva.
3.2 La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 (in Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 245 del 19/10/2022, p. 351 ss.), in riferimento alle pene sostitutive introdotte, chiarisce che «Tale tipologia di sanzioni si inquadra come è noto tra gli istituti – il più antico dei qua è rappresentato dalla sospensione condizionale della pena – che sono espressivi della c.d. lotta alla pena detentiva breve; cioè del generale sfavore dell’ordinamento verso l’esecuzione di pene detentive di breve durata. È infatti da tempo diffusa e radicata’ nel contesto internazionale l’idea secondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali e sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi, in termini di risocializzazione dei condannati e di riduzio dei tassi di recidiva. Quando la pena detentiva ha una breve durata, rieducare e risocializzare il condannato – come impone l’articolo 27 della Costituzione – è obiettivo che può raggiungersi con maggiori probabilità attraverso pene diverse da quella carceraria, che eseguendosi nella comunità delle persone libere escludono o riducono l’effetto desocializzante della detenzione negli istituti di pena, relegando questa al ruolo di extrema ratio. La Costituzione, nel citato articolo 27, parla al terzo comma, al plurale, di “pene” che devono tendere alla rieducazione del condannato. Non menziona il carcere e, comunque, non introduce alcuna equazione tra pena e carcere. La pluralità delle pene, pertanto, è costituzionalmente imposta perché funzionale, oltre che ad altri principi (es., quello di proporzione), al finalismo rieducativo della pendi; precisandosi, altresì, che «La valorizzazione delle pene sostitutive all’interno del sistema sanzionatorio penale, operata della legge delega, rende opportuna l’introduzione nel codice penale di una disposizione di raccordo con l’articolata disciplina delle pene stesse, che continua a essere prevista nella legge 689 del 1981. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per ragioni di economia e di tecnica legislativa, oltre che di rispetto della legge delega, la disciplina delle pene sostitutive non viene inserita nel codice penale, dove nondimeno è opportuno, per ragioni sistematiche, che alla disciplina stessa venga operato un rinvio nella parte generale, trattandosi di pene applicabili alla generalità dei reati. Per tale ragione si introduce un nuovo art. 20 bis c.p. (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”) – inserito nel Titolo II (Delle pene), Capo I (Delle specie di pene, in generale), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie. Scopo della nuova disposizione è di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene, delineato dalla parte generale del codice, richiamando la disciplina della legge 689 del 1981».
3.3 Ciò premesso, rileva il Collegio che, sulla base della disciplina normativa sopra illustrata, la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non
costituisce diritto dell’imputato ma – così come si è pacificamente ritenuto in riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 I.n. 689 de 1981 – rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati.
Invero, in riferimento alle predette sanzioni, questa Corte ha precisato che «La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – 01).
Tale principio è trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133.
Pertanto, in assenza di una richiesta formulala in tal senso dall’appellante non vi è obbligo per il Giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell’art. 20-bis cod.pen..
3.4 Soluzione diversa, invece, deve accogliersi nell’ipotesi in cui l’imputato abbia formulato richiesta in tal senso nei motivi di appello, nei motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ovvero nell’udienza di trattazione del gravame.
In questo caso, alla luce della disposizione transitoria che ha reso applicabile la nuova disciplina sanzionatoria ai processi che all’entrata in vigore della stessa si trovino in grado di appello, il giudice di secondo grado dovrebbe dar conto delle ragioni per le quali non sussistono i presupposti per l’applicazione della pena sostitutiva richiesta.
Questa Corte – sempre in riferimento alle sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 I.n. 689 del 1981 – ha infatti precisato che poiché, come si è detto, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 c.p., la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, rv. 247853).
Né può ritenersi che la richiesta di sostituzione, ove non formulata in sede di appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen.; invero, il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui «il giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive
brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981» (Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269125), deve essere coordinato con la suindicata disciplina transitoria’.
Questa, infatti, stabilisce espressamente l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi di appello in corso all’entrata i vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase introduttiva o decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame.
Tale interpretazione, oltre che risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l’intenzione del legislatore, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive, ove il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati.
Pertanto, pure nella fase transitoria disciplinata dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato impone al giudice di motivare sul punto; con la conseguenza che la relativa statuizione – positiva o negativa – laddove connotata da motivazione manifestamente illogica potrebbe essere oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276716 – 01).
3.5 Conseguentemente, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive di cui all’art. 20bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello (in senso conforme, Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, NOME, Rv. 285090).
Nel caso di specie, la relativa richiesta non è stata avanzata sino al predetto momento, essendosi la trattazione dell’appello svolta secondo le forme del rito cartolare previsto dall’art.23-bis del d.l. n.137/2020 dell’art.16 del d.l. n.228/2021 ed essendosi la difesa riportata, in sede di conclusioni scritte – depositate il 04/01/2023 – al solo motivo di impugnazione attinente alla commisurazione della pena; con la conseguenza che la Corte non aveva alcun dovere di rendere edotto
l’imputato della facoltà di chiedere l’applicazione di una delle sanzioni sostitutive o comunque di pronunciarsi sul punto.
Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliee estensore
Il Presidente