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Pene sostitutive: quando e come richiederle in appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La difesa lamentava la mancata informazione sulla possibilità di richiedere le pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia. La Corte ha stabilito che la richiesta deve essere un’iniziativa della parte e non un obbligo informativo del giudice, e deve essere presentata al massimo durante l’udienza d’appello.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive: la Cassazione chiarisce oneri e tempi della richiesta in appello

La recente Riforma Cartabia ha ampliato significativamente la possibilità di accedere alle pene sostitutive in alternativa alla detenzione. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6290/2024) fornisce un chiarimento fondamentale: la richiesta di tali benefici è un onere della difesa e non un obbligo informativo del giudice. Analizziamo insieme la decisione per capire le implicazioni pratiche per gli imputati e i loro difensori.

I fatti del caso: dal furto di energia al ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per furto pluri-aggravato di energia elettrica. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione non contestando la colpevolezza, ma sollevando una questione puramente procedurale. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe violato la legge omettendo di informarlo della possibilità di richiedere le nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia, precludendogli così l’accesso a un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Il motivo del ricorso: la mancata informazione sulle pene sostitutive

Il punto centrale del ricorso era la presunta violazione dell’art. 545-bis del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che il giudice distrettuale, operando in un regime di trattazione scritta, avrebbe dovuto interloquire con l’imputato per metterlo in condizione di avanzare la richiesta. L’omissione di questa informazione, secondo il ricorrente, avrebbe leso il suo diritto di difesa e gli avrebbe impedito di beneficiare di una normativa più vantaggiosa, dato che la sua pena era inferiore ai quattro anni di reclusione, soglia massima per l’applicazione delle sanzioni sostitutive.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: perché il ricorso è inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile, basando la sua decisione su tre pilastri argomentativi.

1. Il principio devolutivo e la necessità di una richiesta esplicita

In primo luogo, i giudici hanno ribadito la piena vigenza del principio devolutivo anche in materia di pene sostitutive. Questo significa che il giudice d’appello può pronunciarsi solo sui punti della sentenza impugnata che sono stati specificamente contestati. Poiché la difesa non aveva sollevato il tema delle sanzioni sostitutive nei motivi di appello, la Corte d’Appello non era tenuta a trattarlo d’ufficio.

2. La discrezionalità del giudice e l’onere della difesa

In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito che non esiste alcun obbligo per il giudice di proporre all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva. Si tratta di un potere discrezionale. È onere della difesa attivarsi e presentare una richiesta specifica. La sentenza sottolinea che tale richiesta avrebbe potuto e dovuto essere formulata, al più tardi, nelle conclusioni scritte depositate per l’udienza d’appello. La passività della difesa non può trasformarsi in un motivo di nullità della sentenza.

3. La valutazione implicita della condotta dell’imputato

Infine, la Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva, seppur implicitamente, già valutato negativamente la posizione dell’imputato. Nel motivare la conferma della condanna, i giudici di merito avevano infatti evidenziato la sua condotta negativa, in quanto, dopo essere stato ammesso alla messa alla prova, si era volontariamente sottratto agli obblighi imposti. Questo elemento era già di per sé ostativo a una valutazione favorevole per la concessione di benefici.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per la difesa

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: l’accesso alle pene sostitutive non è un automatismo. La Riforma Cartabia ha aperto nuove opportunità, ma spetta alla difesa il compito di coglierle tempestivamente e correttamente. Gli avvocati devono essere proattivi, valutare attentamente la sussistenza dei presupposti e formulare una richiesta esplicita e motivata nei giusti tempi processuali, ovvero nell’atto di appello o, al più tardi, prima della discussione. Attendere un’iniziativa del giudice o sollevare la questione per la prima volta in Cassazione è una strategia destinata al fallimento.

Il giudice d’appello è obbligato a informare l’imputato della possibilità di richiedere le pene sostitutive?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non esiste un obbligo per il giudice di avvisare o proporre l’applicazione delle pene sostitutive. Si tratta di un potere discrezionale del giudice e di un onere della difesa farne richiesta.

Quando deve essere presentata la richiesta di applicazione delle pene sostitutive in appello?
La richiesta deve essere avanzata dalla difesa. Idealmente, dovrebbe essere inserita nei motivi di appello. In ogni caso, deve essere formulata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione in appello, prima che la Corte si ritiri per decidere.

L’omessa richiesta di pene sostitutive in appello può essere contestata per la prima volta in Cassazione?
No, se la difesa non ha sollecitato l’applicazione delle pene sostitutive durante il giudizio di appello, non può lamentare tale omissione per la prima volta con un ricorso in Cassazione. La questione sarebbe considerata nuova e quindi inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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