Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34560 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34560 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME a NISCEMI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME NISCEMI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2025 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Con unico atto di ricorso, sottoscritto dal comune difensore munito di apposito mandato, NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanisetta indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna per un furto in appartamento, aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 2 cod. pen., commesso i danno di NOME COGNOME, proprietaria di una casa rurale dalla quale furono asportate alcune porte e finestre e tre telecamere di videosorveglianza.
I ricorrenti deducono: col primo motivo, violazione di legge e vizi di motivazione quanto all’affermazione della penale responsabilità; col secondo motivo, violazione di legge per non essere stata applicata l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. Lamentano col terzo motivo la mancata applicazione di pene sostitutive.
Con memoria in data 10 settembre 2025, la difesa ha insistito nei motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
Rilevato, quanto al primo motivo, che i ricorrenti non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata, che ha fornito puntuale risposta ai rilievi formulati nell’atto di appello osservando: che entrambi gli imputati sono stati immortalati dalle telecamere installate a protezione dell’immobile, rimosse durante il furto e occultate sotto un albero nel terreno circostante l’edificio; che NOME è stato trovato in possesso di una porta in ferro provento del reato; che le telecamere rimosse, ancorché occultate nel terreno di proprietà della COGNOME, furono in concreto sottratte alla disponibilità della persona offesa; che l’accesso all’edificio avvenne previa effrazione della porta di ingresso, munita di sbarra e lucchetto (ciò che integra l’aggravante di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen.); che l’edificio era disabitato, ma non abbandoNOME, tanto da essere protetto da un sistema di videosorveglianza.
Rilevato che, per giurisprudenza costante, anche un immobile non abitato e in cattivo stato di manutenzione, purché non abbandoNOME, rientra nella nozione di privata dimora (Sez. 4, n. 1782 del 18/12/2018, dep. 2019, Rv. 275073).
Rilevato, quanto al secondo motivo, che, secondo la Corte territoriale, l’immobile fu spogliato di parti essenziali (quali porte e finestre) e questo determinò un danno patrimoniale non certo irrisorio, che va ben al di là del valore economico dei beni sottratti, e i motivi di ricorso non si confrontano con questa motivazione.
Considerato, quanto al terzo motivo, che nell’atto di ricorso si fa riferimento a una richiesta di applicazione di pene sostitutive formulata al termine del giudizio di appello dal difensore degli imputati non presenti in giudizio. Rilevato: che, in ragione dell’entità della pena detentiva inflitta, (anni due, mesi otto di reclusione ed C 620 di multa) le pene sostitutive astrattamente applicabili erano quelle previste dall’art. 20 bis n. 1), 2) e 3) cod. pen.; che, secondo quanto riferito in sentenza, gli imputati non avevano conferito al difensore specifica procura per prestare il consenso all’applicazione di pene sostitutive; che non può considerarsi idonea a tal fine la generica procura a compiere tutti gli atti previsti dal codice di rito; che, in tale situazione, non sarebbe stato possibile per gli imputati acconsentire all’eventuale applicazione di pene sostitutive al momento della lettura del dispositivo come richiesto dall’art. 545 -bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 10641 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili e a ciò consegua la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che, in ragione della causa di inammissibilità, ciascun ricorrente debba essere condanNOME anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 ottobre 2025
Il ConsigJee estensore g
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Il Present